Un mattino di Inverno, di un non gelido 23 febbraio, il piccolo pettirosso Giovanni si è posato su un ramo per poi librarsi nel cielo per afferrare un raggio di sole che giocava a nascondersi tra nubi color argento.
Un pettirosso, dagli occhi color marrone che all’improvviso da un cespuglio sbuca, così piccolo eppur scattante, così sensibile non come il cristallo ma delicato come un diamante, col suo canto fatto di note alte, poi sottili, poi alte e poi ondeggianti, riempie di allegria tutto l’intorno.
Lui non era un uccello come tanti. Al pettirosso Giovanni non bastava conoscere solo quei fondamenti del volo necessari a spostarsi per raggiungere il cibo.
A lui importava imparare, comprendere, conoscere il significato di ogni cosa. E, ben presto, capì che era difficile trovare altri uccelli amici così.
Ci sono due modi di venire su al mondo, puoi essere un’ape o un fiore. L’ape siede un giorno su una margherita, l’altro su un lillà, l’altro ancora su una rosa e prende un poco di miele. Il fiore, invece, ha in sé stesso il proprio miele, il più adorato, il più prezioso. Ma qualche volta, i fiori, questi esseri divini, membri di una flora che brilla di una luce, emblema di una storia antica di altruismo, pace, redenzione e continua evoluzione verso l’equilibrio universale, sospirano di solitudine. E, allora, il fiore cerca altrove questa delizia: l’Amore. L’ Amore vero, che non ha scopi né ragione, è così: è una scoperta meravigliosa in un bosco reale, una bellezza che si rivela.
Non è un gesto superfluo, fatto di espedienti, di artefici, ricatti, giochi di potere e carte truccate; di carezze nemmeno accennate, di contatti alla velocità della luce, di scambi di emoticon che riproducono con presunzione l’espressività del volto umano, di parole monosillabiche.
Ora la maggior parte degli uccelli si preoccupa del benessere personale, di accontentare e perseguire l’immagine di sé che la società ha scelto per loro: un uccello nasce, impara a volare, segue lo stormo, cerca il cibo e torna allo stormo.
L’artista è, invece, da sempre l’avanguardia del divenire sé stessi. Si dimena, si sradica, fugge da un percorso già imposto, predeterminato dall’ambiente d’origine.
Sarebbe affascinante raccontare come nasce la vocazione dei grandi creatori. Ci sono quelli che si ribellano ad un destino già tracciato e, con le loro parole, idee, azioni cambiano il mondo. Quelli che curano e nutrono il mondo. Quelli che trasformano la scuola per insegnare ai bambini e studenti a trovare la propria strada. Quelli che ispirano e responsabilizzano gli altri.
Altri scelgono, più intensamente e pienamente la loro vita divenendo artisti. Sanno, da subito, ancor prima di divenire sé stessi, che la libertà va strappata. Nel mezzo di un’oscura e terrificante società che impone agli individui dettami di possesso, egoismo, individualismo, che ci concede piccole pause nelle quali rendere più tolleranti le nostre esistenze, che insegna ad essere niente altro che la ripetizione dell’identico, dell’esistente, gli artisti infrangono le regole, si staccano dai conformismi, dalle ideologie, dalla morale e dai determinismi di ogni tipo.
Gli artisti confidano in sé stessi, si sottraggono alla rassegnazione, si rifiutano di elemosinare, si sottraggono a ciò che gli altri si aspettano che essi siano, mentre gli altri restano socchiusi in parallelepipedi adornati con luci, pronte ad essere accese appena cala il sole, circondate dal verde eppure delimitate da steccati alti per circoscrivere il proprio spazio di non condivisione.
Gli artisti si emancipano, si evolvono continuamente per un disegno più grande, il disegno dell’Immenso. Creare la bellezza e regalare questa bellezza all’umanità intera, imitando il progetto della Natura: condividere questa bellezza infinitamente.
A poco più di quattro anni, una matita già tra le piccole dita e un foglio bianco. Iniziato al disegno dalla mamma e dal babbo, questo amore cominciò con la creazione di draghi alati, animali mitologici, cavalieri di ogni epoca e regione. La curiosità e la fantasia, proprie di questa età, ardevano in lui dei colori arancio, rosso e rosa dei tramonti d’estate. Appena la matita poggiava sul foglio, accarezzava i contorni dei volti, la meraviglia della creazione era in atto. Poi il tratto affondava con decisione e, infine, il personaggio aveva preso forma in pochi minuti. Negli anni quei fogli ruvidi Fabriano, si sono accumulati, con paesaggi incantati, ambientazioni futuristiche, storie di fantascienza che prendevano vita, quante storie ha raccontato, quante cose ha detto.
A quei fogli avrebbero poi fatto compagnia, tele e profumi di tempere e argilla. Giovanni sprigionava dal cuore e dalla mente, l’immaginazione che poi passava attraverso le sue mani sino alla matita per creare la meraviglia in un attimo, così come è proprio delle grandi cose. Nascono all’improvviso e si dileguano in pochi istanti, perché quel regalo è immenso e significativo per essere immortale e esistere anche dopo esser stato creato. La matita nelle mani di Giovanni delineava figure di cavalieri, eroi e giovani supereroi, essa trasponeva in immagini la sua fantasia frutto di una sensibilità immensa, altruista, innata, senza confini.
Dal tratto dinamico, acrobatico, dalla linea semplice e precisa, venivan fuori cavalieri e guerrieri coraggiosi che sanno che nulla sarò loro concesso senza che si siano battuti per ottenerlo. Al tempo stesso, mentre disegnava, costruiva silenziosamente la propria identità di giovane guerriero del mondo. Non a caso, il mondo è quello salvato dai ragazzini. Quell’ individuo coraggioso che sceglie di essere sé stesso, conoscendo realmente ciò che egli è.
E’ allora che l’essenza può giungere ad un altro livello, dal divenire all’essere.
Nell’afferrare quel raggio di sole, quasi polvere di diamante che brilla e si poggia su un lembo di un rombo verde, il passerotto Giovanni ha attraversato la forte corrente di un vento del Nord, fitti banchi di nebbia, solcato il buio più scuro, quello che precede l’alba, tempeste di sabbia del deserto, cicloni tropicali, coperto centinaia di miglia nel tempo e nello spazio, per essere lì dove il cielo è limpido, il sole abbaglia sulla brina del mattino, nata di notte come un incantesimo della Natura, e su un prato sono appoggiati un taccuino e una matita, seduti accanto i suoi cani e i suoi amici uccelli.
I funerali si terranno Mercoledì 2 Marzo alle ore 15.00 presso la Chiesa di San Giovanni Battista di Bucciano.