Sono circa 100 mila in Italia i bambini fra i 0 e i 14 anni affetti da ipoacusia, condizione che impedisce il corretto sviluppo delle abilità linguistiche influendo sulla comunicazione, sul comportamento, sullo sviluppo socio-emotivo e sull’andamento scolastico del bambino. Ogni anno nel nostro Paese nascono circa 2mila bambini con gravi problemi all’udito che rischiano di essere molto penalizzati se questi non vengono individuati subito e trattati in modo corretto.
Ma come riconoscere i campanelli d’allarme dell’ipoacusia nel bambino? In occasione della settimana dedicata all’udito, il provider ECM 2506 Sanità in-Formazione e il professor Giuseppe Attanasio, medico specialista in Otorinolaringoiatria presso il Policlinico Umberto I di Roma, in collaborazione con Consulcesi Club, forniscono un’utile guida ai genitori attraverso il corso ECM FAD (Formazione a Distanza) “Ipoacusia infantile e protesizzazione acustica”.
Abbinato al corso, il Film Formazione “Matilde”, un emozionante cortometraggio la cui protagonista è una bambina sorda che con una forza d’animo fuori dal comune riesce ad abbattere le barriere della comunicazione che troppo spesso imprigionano chi non può sentire.
“È il linguaggio quel segno che aiuta i genitori a comprendere che c’è un problema uditivo di grado medio – spiega il professor Giuseppe Attanasio, responsabile scientifico del corso -. Se il bambino a 2-3 mesi non pronuncia alcune consonanti, come la M, la P o la B, oppure se a 6-9 mesi ha un balbettamento ancora molto povero si può cominciare a pensare a qualche problema. Può essere considerato un altro campanello d’allarme se a 12 mesi non risponde a dei comandi semplici o quando viene chiamato per nome. È ovvio che se i genitori non riescono a cogliere questi segni, verso i 18-24 mesi il bambino ipoacusico non svilupperà la capacità di pronunciare parole o frasi“.
Ma quali sono i fattori scatenanti dell’ipoacusia infantile acquisita? “Le cause infettive e tossiche sono le più frequenti – illustra Attanasio – innanzitutto le malattie trasmesse dalla madre durante la gravidanza, il cosiddetto complesso TORCH (Toxoplasma, Rosolia, Citomegalovirus ed