Si chiama “Facebook files” l’inchiesta sui danni che i social network arrecano ai giovani condotta dal Wall Street Journal. Un’inchiesta nata dopo le rivelazioni di un’ex dipendente dell’azienda di Menlo Park e che mette Mark Zuckerberg di fronte a grosse responsabilità.
Com’è nata l’inchiesta “Facebook files”
Frances Haugen, ingegnera informatica 37enne, un passato in Google e Pinterest, è l’ex product manager di Facebook. Trascorsi due anni nel team che si occupa di contrastare la disinformazione, lo scorso maggio decide di dimettersi. Il divario tra l’immagine pubblica del primo social network al mondo e ciò che in realtà avviene al suo interno è troppo grande e lei non ci sta più. Non finisce qui. Dietro il nome “Sean” passa al Wall Street Journal una serie di documenti riservati sull’attività dell’azienda e la sua testimonianza personale diventa il nucleo di un’importante inchiesta. L’inchiesta alza un grosso polverone sull’azienda, che proprio la settimana scorsa ha vissuto un momento difficile a causa del black out durato sei ore. La Haugen, nel frattempo uscita allo scoperto, finisce al cospetto della subcommissione per la tutela dei consumatori del Senato americano. Prossima tappa della sua missione: il Congresso degli Stati Uniti.
“I vertici della compagnia sanno come rendere Facebook e Instagram più sicuri, ma non apporteranno i cambiamenti necessari perché hanno messo i profitti astronomici davanti alle persone”
Un passaggio della testimonianza di Frances Haugen
I danni dei social network sui giovani
Sì perché per la Haugen svelare la grande truffa di Facebook è una missione. Nei suoi anni in Facebook l’ingegnere ha potuto constatare di persona la contraddizione interna dell’azienda. Un’azienda nella quale il reparto sviluppo lavora in aperto contrasto con il reparto sicurezza. Se da un lato si migliora l’algoritmo per intercettare i bisogni degli utenti e soddisfarli con contenuti dedicati, dall’altro non ci si fa scrupoli a proporre contenuti su come dimagrire a persone che si è rivelato soffrono di disturbi alimentari. Se da un lato lo stesso Zuckerberg si è detto impegnato in prima persona nel contrastare l’hate speech e le fake news, dall’altro ha deliberatamente sciolto il gruppo che monitorava le fake news politiche i primi giorni di dicembre 2020. Un momento delicatissimo per la vita politica americana a cavallo tra le elezioni presidenziali, che avevano visto Trump non accettare il risultato e ingaggiare una vera campagna d’odio contro Biden e l’assalto a Capitol Hill.
Il cavallo di Troia
Il dettaglio, ancora più agghiacciante, che emerge dalla testimonianza di Frances Haugen è che a tutto questo c’è un rimedio ma Zuckerberg non vi ha alcun interesse perché significherebbe ridurre i guadagni. Per il patron di Facebook la priorità è quella di mantenere sempre connesse il maggior numero di persone. Priorità per la quale sarebbe disposto ad accettare anche certi “danni collaterali”. Lo scorso marzo al Congresso, lo stesso Zuckerberg aveva affermato che essere sempre connessi ha effetti positivi sulla salute mentale delle persone. Dobbiamo ancora credergli? Mark riuscirà a proteggere la sua amata creatura Facebook anche dopo l’attacco della “talpa” Haugen?
In copertina foto di Thomas Ulrich da Pixabay