La ‘home ventilation‘ – l’assistenza domiciliare di pazienti ventilati meccanicamente perché affetti da patologie neurodegenerative o con importanti problematiche respiratorie – ha nei paesi Ue, un’incidenza di 6,6 pazienti per 100.000 abitanti: essa prevede l’uso di dispositivi medici di supporto vitale a casa dell’assistito da parte di soggetti spesso non professionalmente formati, come i pazienti stessi o i loro care givers, che ne ignorano i potenziali rischi.
I rischi della home ventilation
La rivista Heliyon, di recente inserita tra i Research Journals di CellPress, ha pubblicato uno studio coordinato dal Cnr che per la prima volta valuta in maniera approfondita i rischi di natura tecnica connessi all’uso di tali dispositivi, e la conseguente definizione di piani di miglioramento e messa in sicurezza in ambienti non progettati per un’assistenza medica ad alta intensità – come le abitazioni – in presenza di pazienti ventilati meccanicamente al proprio domicilio (home ventilation).
Tale approccio terapeutico, infatti, implica nuovi pericoli per il paziente, gli operatori nonché per l’ambiente di vita; pericoli che non sono completamente affrontati dalle normative e dalle linee guida attuali, anche per l’innovatività del servizio stesso.
Il team di ricerca multidisciplinare ha applicato tecniche di analisi dei rischi derivate da esperienze industriali (quali la FMECA e il modello di Reason o dello ‘swiss cheese’), progettando azioni correttive orientate verso un nuovo approccio sistemico nell’erogazione dei servizi sanitari ed, in particolare, dell’assistenza domiciliare. Il progetto si inquadra in una più ampia linea di attività di ricerca diretta ad offrire ad aziende sanitarie e a operatori della salute metodologie e strumenti per l’assistenza e l’erogazione di cure in ambienti sicuri e a misura d’uomo.
“A seguito di questa esperienza sono stati infatti proposti e sviluppati nuovi studi per la realizzazione di servizi sanitari territoriali utilizzando tecniche e tecnologie ICT per l’assistenza domiciliare e la cooperazione sanitaria. Le risultanze di alcuni di questi studi sono state recepite da aziende sanitarie di diverse regioni, che hanno attivato servizi innovativi per la salute“, spiega Fabrizio Clemente, dell’Istituto di cristallografia (Ic) del Cnr di Monterotondo (Roma), che ha coordinato lo studio.