C’è un gioco di sguardi e prospettive nel mondo delle colf e delle badanti che, durante il loro quotidiano lavoro di cura, osservano e assistono la vita delle persone, attraversandone le paure, le insicurezze, i disagi e le malattie. Ed è proprio questo gioco di sguardi a costituire l’incipit dello spettacolo H24_Acasa ideato e diretto da Valeria Simone, in scena al Teatro La giostra/Speranzella81 di Napoli.
Prima produzione della compagnia barese Acas?, l’allestimento arriva a Napoli dopo diverse repliche in Puglia e dopo la partecipazione alla scorsa edizione del Festival delle 100 Scale a Potenza e al Festival I Teatri della Cupa a Novoli.
H24_Acas?, premio finalista Cassino Off 2016, rappresenta l’ultima fase di un progetto più ampio sulla condizione delle donne in situazioni di marginalità sociale, che si trovano a vivere nel nostro territorio.
Acas? in rumeno significa casa, quella da cui le donne partono e quella in cui si trovano a vivere e a lavorare, sentendosi sempre straniere e dove il tempo si sospende nell’attesa di un futuro remoto, del desiderato ritorno. Un tempo sospeso che dilata la loro presenza, perché devono essere sempre a disposizione, appunto, 24 ore al giorno.
Partendo dallo studio e dalla conoscenza diretta delle donne che migrano nel nostro paese e che svolgono lavori di cura, sono state “costruite” performance/monologhi che raccontano quello che vivono, le loro difficoltà, le loro emozioni e le loro speranze.
Lo spettacolo è nato grazie all’incontro e alle interviste di molte donne migranti, raccogliendo le loro storie e il loro bisogno di sentirle raccontare.
Da queste storie uniche e irripetibili sono nati Tempo sospeso di Belen Duarte con Maristella Tanzi, La vita è un diamante nero di e con Arianna Gambaccini, Strika di e con Marialuisa Longo, Petra di Valeria Simone con Rossella Giugliano, Altrove di e con Annabella Tedone.
Spesso, conseguenza di una disuguaglianza globale, le badanti e le colf sono vittime di una disparità di genere, per cui, permettendo alle donne occidentali una maggiore libertà e possibilità lavorative, di fatto, non solo rinunciano all’accudimento dei propri figli o genitori, ma anche allo status di cittadine.
Le donne che partono da luoghi di estrema povertà, riescono ad ottenere un lavoro e una ‘autonomia’ soltanto assumendo quei ruoli che le donne occidentali rifiutano o sacrificano, quali appunto l’accudimento dei figli, dei genitori o dei disabili.
Accudimento da una parte rifiutato dalle donne, dall’altra negato da uno stato sociale assente, che trascura irrimediabilmente le necessità dell’assistenza.