Pochi spari uditi intorno alla casa presidenziale di Conakry, le immagini corse sui social che ritraggono il presidente Alpha Condé circondato dai militari e poco dopo l’annuncio alla tv di stato dell’avvenuto golpe da parte del generale Mamady Doumbouya. Si è svolto così il colpo di Stato in Guinea lo scorso 5 settembre: il secondo da quando lo Stato africano ha conquistato l’indipendenza.
Il colpo di Stato in Guinea
Stato tra i più simbolici per la tratta atlantica degli schiavi dopo che i portoghesi vi approdarono nel XVI secolo (sono 600.000 gli schiavi deportati in Europa in quattrocento anni), nel 1890 la Guinea divenne colonia francese. I francesi avevano già ottenuto il protettorato sulla regione del Futa Jalon e, dopo aver fondato la capitale Conakry, la inclusero in quella parte del loro impero coloniale denominato Africa Occidentale Francese. Nel 1958, poi, Charles De Gaulle promosse un referendum e la Guinea votò per l’indipendenza. Da allora è stato un susseguirsi di capi di Stato che, decisi (forse solo apparentemente) a creare governi democratici, si sono sempre trasformati in dittatori. Il primo fu Ahmed Sékou Touré che, partito da istanze socialiste, creò in realtà uno Stato autocratico,
monopartitico, nel quale esercitava un forte controllo sui media e il dissenso era sistematicamente combattuto a dispetto di ogni diritto umano. Alla sua morte presero il suo posto, con un colpo di mano militare nel 1984, Lansana Conté e Diarra Traoré, che si nominarono rispettivamente presidente e primo ministro. L’accordo, che doveva garantire un minimo esercizio di democrazia, non durò a lungo e nel 1985 Traoré fu giustiziato dopo aver fallito il golpe. Durante la presidenza Conté, la Guinea sprofondò in una grave crisi economica: le rivolte di piazza contro il regime dittatoriale erano all’ordine del giorno e la guerra civile dietro l’angolo. Tra i dissidenti arrestati nel 2001 ci fu anche Alpha Condé, capo dell’opposizione che nel 2010 sarà eletto presidente da elezioni più o meno regolari.
L’era Condé
L’avvento di Condé sembrava aver messo la parola fine al capitolo dell’instabilità politica in Guinea ma, le speranze sono state deluse. Come i suoi predecessori, Condé non è stato in grado di instaurare un regime democratico e oggi la Guinea è un Paese abbandonato a se stesso, ostaggio di una gravissima crisi economica. La tensione sociale, già a livelli altissimi, è scoppiata quando il presidente ha annunciato la sua intenzione di continuare a governare il Paese con un terzo mandato. Le elezioni di marzo 2020, che lo hanno “legittimato” i questo senso, si sono svolte tra violenti scontri domati con l’uso della forza.
Cosa attende il Paese?
Il generale Mamady Doumbouy, che ha guidato la rivolta a capo delle forze speciali della Guinea, ha dichiarato di aver agito per mettere fine alla “cattiva gestione” politica del presidente. Una decisione salutata con entusiasmo, o almeno così sembra, dalla popolazione. Ma questo popolo che nella sua storia ha conosciuto ogni sorta di ingiustizia, riuscirà stavolta ad avere un governo più giusto o stiamo assistendo a un semplice cambio di dittatore? La Guinea è il secondo produttore al mondo di bauxite, l’elemento base dell’alluminio e il cui prezzo è già schizzato. Riuscirà questo nuovo governo a gestire nel modo più giusto per il suo popolo le enormi ricchezze che ha da offrire?
In copertina foto di giorni birmani. Opera propria basata sulla mappa della Guinea della sezione cartografica delle Nazioni Unite