La guerra in Palestina ha aperto un dibattito a livello internazionale di cui molte università, in Italia e nel mondo, sono protagoniste. Lo dimostrano le proteste degli studenti, i documenti ufficiali delle facoltà e le decisioni in merito ai bandi di collaborazione con Israele. In questo dibattito ha voluto inserirsi anche l’ateneo napoletano Federico II con un documento ufficiale che pubblichiamo integralmente.
Guerra in Palestina: il testo dell’Università Federico II
Il documento della Federico II si apre con la totale condanna dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Di contro, non può non considerare la risposta di Israele come eccessiva.
Il brutale attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 ha causato la morte di 1200 civili, in gran parte giovani, donne e bambini, e il rapimento di oltre 250 israeliani, la gran parte dei quali, ormai, debbono annoverarsi tra le vittime. Un orrore! Il governo israeliano ha però risposto con una ancor più brutale serie di interventi armati e di bombardamenti a Gaza e in ampie zone della Cisgiordania che hanno prodotto, ad oggi, oltre 35.000 morti e quasi 74.000 feriti. Secondo l’ONU l’80% di queste vittime sono donne e minori. Il blocco degli aiuti umanitari e la totale distruzione delle infrastrutture civili che ne sono seguite – tra queste tutte quelle educative – ha causato una crisi umanitaria senza precedenti, in una delle zone più densamente abitate del Medio Oriente. L’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno più volte parlato di una situazione “fuori controllo”.
La Corte internazionale di Giustizia sulla guerra in Palestina
Il documento prosegue ricordando le misure adottate nei confronti di Israele dalla Corte internazionale di Giustizia.
Con l’ordinanza n.192 del 26 gennaio 2024 la Corte internazionale di Giustizia ha adottato misure cautelari nei confronti dello stato di Israele sulla base del ricorso del Sud Africa, cui si è di recente unito anche l’Egitto, di violazioni della Convenzione contro il crimine di genocidio.
Questi eventi debbono essere compresi, sebbene non giustificati, nel quadro di un conflitto di lungo periodo che ha visto fallire tutti i diversi piani di pace elaborati dalle istituzioni internazionali, e che vede disattese le oltre 69 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite concernenti la Palestina e/o Israele. Tra queste, la risoluzione n. 465 che condanna la politica di colonizzazione dei territori occupati da parte di Israele, chiedendo la cessazione della pianificazione di nuovi insediamenti e lo smantellamento di quelli esistenti. Finanche la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 25 marzo 2024 (n. 2728) che chiede il cessate il fuoco è stata ignorata. Assistiamo invece al rischio di una ulteriore escalation delle violenze, con l’operazione militare israeliana a Rafah, con l’inasprimento del conflitto in Libano meridionale, e in Iran e la sua estensione in altre aree del Medioriente.
La guerra come mezzo di soluzione dei conflitti
Non dimentichiamo, prosegue il testo, la guerra in atto in Palestina va ad aggiungersi a tanti altri conflitti che si stanno consumando in altre parti del mondo.
Questo conflitto si affianca alla guerra in corso dal febbraio 2022 seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e ai tanti altri che segnano il nostro presente. Di qui la crescente corsa al riarmo e all’aumento delle spese militari, che coinvolge anche i paesi europei, e tra questi il nostro. Nel solco dell’articolo 11 della nostra Costituzione, lo Statuto del nostro Ateneo all’art. 9. dichiara che “L’Università avversa l’utilizzo dei risultati delle proprie attività per applicazioni che perseguano scopi contrari ai principi della dignità e libertà dell’uomo e della pacifica convivenza fra i popoli”.
Proprio in momenti nei quali la guerra sembra tornata a essere strumento ordinario di risoluzione dei conflitti internazionali, e in cui la ricerca scientifica e tecnologica rischia di essere sempre più utilizzata a fini bellici, è necessario ribadire l’impegno del sistema Universitario, e del nostro Ateneo (il cui fondatore si rese protagonista nella prima metà del XIII secolo della cosiddetta “crociata della pace”), a favorire e sostenere una visione alternativa della politica, della società e della convivenza. A partire dalla regolamentazione delle ricerche o loro applicazioni dual use, tenuto conto della stessa Raccomandazione (UE) 2021/1700 della Commissione del 15 settembre 2021 sui programmi interni di conformità relativi ai controlli della ricerca riguardante prodotti a duplice uso.
Il ritorno dei nazionalismi
La libertà di espressione del pensiero, come afferma l’Università, rischia di essere completamente soffocata dall’emergere di nazionalismi e di pulsioni razziste.
Viviamo ormai in un contesto di nazionalismi sempre più violenti, di crescenti e intollerabili pulsioni antisemite, antiarabe, xenofobe, e di preoccupante repressione del dissenso e di censura al dibattito pubblico – di sua militarizzazione – anche nelle democrazie ritenute più solide. Non è un caso che a più riprese il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, abbia richiamato tutte le istituzioni pubbliche, in particolare il Governo, a garantire il diritto di espressione “anche contro il potere” e il diritto al dissenso. Il nostro statuto, del resto, all’articolo 3 afferma che “L’Università garantisce la libertà di manifestazione del pensiero, di associazione e di riunione, allo scopo di realizzare il pieno concorso di tutte le sue componenti alla vita democratica dell’Ateneo”.
L’impegno dell’Università Federico II
E’ in questa cornice che vanno inquadrate le richieste degli Organi dell’Università federiciana al Rettore e agli organi di Governo dell’Ateneo.
A partire da queste riflessioni; sollecitati anche dal recente intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che in occasione della “Giornata del Laureato” presso la Sapienza di Roma, ha ribadito che “tutte le violazioni dei diritti umani vanno denunciate e contrastate. Tutte, ovunque, sempre”; e sulla base di principi già espressi dal nostro Statuto oltre che dalla Costituzione Italiana, chiediamo al Magnifico Rettore e agli organi di Governo dell’Ateneo di prendere una posizione pubblica sugli eventi in corso, facendo risaltare l’impegno dell’Ateneo:
- a favore dell’immediato cessate il fuoco nella striscia di Gaza e nei territori occupati; a sostegno di iniziative politiche e culturali di pace e di dialogo tra i popoli;
- a favore dell’allargamento del confronto e del dibattito pubblico, nonché degli spazi di approfondimento e di analisi degli eventi in atto e delle loro radici storiche, economiche, culturali;
- a favore di una riflessione sui principi etici e deontologici che devono orientare le attività di ricerca, didattica e di terza missione/impatto sociale e la stipula di accordi internazionali del nostro Ateneo;
- a favore dell’attivazione di accordi bilaterali con le università palestinesi in modo da poter sostenere percorsi di studio di studentesse e studenti palestinesi anche tramite l’erogazione di borse di studio e corsi di didattica in remoto.
In copertina foto da Depositphotos