Dopo 44 giorni dall’inizio della crisi di governo, aperta in piena pandemia (non smetteremo mai di ricordarlo), l’iter istituzionale per la formazione del nuovo governo è concluso. La nomina dei viceministri e dei sottosegretari del governo Draghi lascia non poche perplessità. Se da un lato si invocava una maggiore presenza femminile, dall’altro la cifra di questa nuova squadra doveva esser l’alto profilo tecnico. A leggere l’elenco dei neo nominati, invece, pur riscontrando una maggiore presenza femminile, sembra essere tornati ai tempi della Democrazia Cristiana e al manuale Cencelli.
Cos’è il manuale Cencelli
La sentiamo pronunciare spesso questa espressione, soprattutto in ambito giornalistico, ma cosa significa? Il manuale Cencelli è un metodo scientifico per la ripartizione degli incarichi di governo tra le forze politiche che lo compongono. La ratio è la stessa che vige all’interno di un’azienda nella quale il peso maggiore lo hanno i soggetti con una partecipazione finanziaria maggiore. Traslato in politica, le poltrone vanno in numero proporzionale ai voti. A svelarlo fu lo stesso autore del metodo, Massimiliano Cencelli, esponente della Democrazia Cristiana, nel corso di un’intervista nel 2003 nella quale svelò alcuni
retroscena sul Congresso di Milano del 1967. Per i partiti più voti equivalevano a più poltrone. Anche le poltrone, però, avevano un loro peso per cui i ministeri erano divisi in grossissimi, grossi, piccoli e senza portafogli. Se un partito aveva ottenuto un ministero di rilevanza come l’Economia, l’Interno, avrebbe avuto solo due sottosegretari, mentre il partito che aveva ottenuto un ministero reputato minore, poteva avere più sottosegretari nei ministeri “alti”. Una mera spartizione di incarichi che nulla aveva a che vedere con le competenze di chi ricopre quegli stessi incarichi.
Governo tecnico o politico?
Quando, dopo le consultazioni fallite con il presidente Fico, il presidente Mattarella ha affidato l’incarico di governo a Mario Draghi, la linea da seguire era semplice e chiara. Un governo di alto profilo tecnico che riuscisse a volare un po’ più in alto della bagarre politica messa in atto per arrivare al meglio possibile fuori dal tunnel della pandemia e alla fine della legislatura. Un’indicazione che sembrava essere stata recepita seppur mediata sull’esempio del governo Ciampi. Tra i nuovi ministri abbiamo trovato, infatti, vecchie conferme (Speranza alla Salute, Franceschini alla Cultura, per esempio) e new entry alcune delle quali prettamente tecniche (Marta Cartabia alla Giustizia, Vittorio Colao alla transizione tecnologica, Daniele Franco all’Economia).
Governo Draghi: la nomina dei sottosegretari
Con la nomina dei sottosegretari, che completa la squadra del governo Draghi, la scena è completamente cambiata. Troviamo pochi nomi di tecnici e molti incarichi politici minuziosamente distribuiti tra tutte le forze politiche impegnatesi a formare la maggioranza. Nomine che, inoltre, non hanno nulla a che vedere con le competenze degli incaricati. Come quella di Lucia Borgonzoni a sottosegretario alle attività culturali. La deputata leghista che ha apertamente dichiarato di non essere un’appassionata di lettura. O come quella di Teresa Bellanova, tanto osannata come ministro
dell’Agricoltura per la sua esperienza pregressa, a viceministro delle Infrastrutture. Per la Bellanova, come anche per Ivan Scalfarotto, nominato sottosegretario agli Interni, vale anche un altro discorso. Quello della loro presenza in questo governo dopo aver aperto la crisi nel precedente. Un’azione svolta, a loro dire, in nome di un riformismo visionario senza alcun interesse per le poltrone. Cosa è stato fatto allora? Una nuova spartizione degli incarichi tra le forze di governo dove la base non possono essere i voti bensì il bisogno che questo governo ha dei diversi partiti per tenersi in piedi.