Il glifosato è un erbicida sistemico non selettivo, il più utilizzato al mondo in agricoltura, giardinaggio e orticoltura. La sua efficacia e il basso costo lo rendono un prodotto di largo consumo, ma la sua sicurezza è oggetto di acceso dibattito.
Storia e usi
Introdotto negli anni ’70 dalla Monsanto (ora Bayer), il glifosato è commercializzato con il marchio Roundup. Il suo successo si deve all’ampio spettro d’azione contro le erbe infestanti e alla sua compatibilità con diverse colture. Il glifosato agisce inibendo un enzima chiave nella sintesi degli amminoacidi, presente solo nelle piante. Questo lo rende un potente erbicida, ma solleva preoccupazioni per l’impatto ambientale e sulla salute.
Cancerogenicità
La classificazione del glifosato come cancerogeno è controversa. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) lo ha classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 2A) nel 2015. Tuttavia, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non hanno classificato il glifosato come cancerogeno alle dosi attualmente utilizzate.
Impatto ambientale ed alternative al glifosato
Il glifosato può danneggiare la biodiversità, uccidendo non solo le erbe infestanti ma anche le piante benefiche. Inoltre, il suo uso è associato al declino di insetti impollinatori come api e farfalle.
Esistono diverse alternative al glifosato, tra cui:
- Erbicidi con altri principi attivi: diverse alternative chimiche con differenti modalità d’azione.
- Metodi di diserbo meccanici: come la sarchiatura e la rotazione delle colture.
- Controllo biologico: utilizzo di insetti o altri organismi per il controllo delle erbe infestanti.
La sicurezza di questa sostanza rimane un tema di acceso dibattito. La sua diffusione e l’impatto ambientale e sulla salute richiedono un’analisi approfondita e la ricerca di alternative sostenibili.
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