Alle donne in dolce attesa è generalmente raccomandato di ascoltare musica classica, prevalentemente armonie leggere.
Sua madre, al contrario, ascoltava i notiziari in lingua italiana, in serbo, ed anche in inglese.
Le notizie le provocavano, quasi sempre, scariche di adrenalina e reflusso biliare; stress che si ripercuotevano sulla bambina che portava in grembo, che poi, fin da piccola, ha rivelato un temperamento piuttosto irascibile e permaloso, per non dire ipersensibile e collerico, soprattutto in presenza di ingiustizie.
La donna, sempre indaffarata a raccogliere ogni sorta di aiuto per il suo Paese, appena uscito dalla guerra e bisognoso di tutto, talvolta si recava in Serbia anche di persona.
Fu così che un giorno, in procinto di partire per una delle numerose missioni umanitarie che organizzava, decise di portare con sé anche la bambina, che ormai aveva cinque anni. Le affidò un compito semplice: distribuire le caramelle ai bambini, mentre dei soldi e dei regali si sarebbero occupati gli adulti. Le spiegò anche che i bambini serbi invocavano che gli aerei lanciassero solo caramelle e non bombe, e che era stata proprio quell’invocazione ad ispirare il nome dell’Associazione.
I suoi occhi innocenti videro case senza finestre, ponti distrutti, palazzi sventrati, bambini denutriti. Anche lei mangiò i frutti di quella terra avvelenata e bevve quell’acqua inquinata. Il sapore del veleno che aveva contaminato e penetrato la catena alimentare non si avvertiva… Si sarebbe manifestato dopo qualche anno, allorché le sue coetanee, a sette anni, già combattevano contro il cancro alle ovaie e i maschietti contro quello ai testicoli, mentre i vitellini nascevano con due teste. Fu denominata “Sindrome dei Balcani”.
Il suo primo disegno raffigurava una scena di devastazione: una chiesa in fiamme, un uccello morto a terra, un albero bruciato, una donna con un bambino che abbandona una casa sotto il sole e la luna piangenti.
Nel tempo quel primo disegno si è “moltiplicato”, dando vita ad una serie di opere d’arte nelle quali si legge con evidenza lo stesso pathos balcanico e lo stesso tormento delle anime nate già cariche di un destino greve.
“Dono o maledizione”, l’assillante dilemma.
Ed ecco quella bambina, ormai giovane artista, partecipare ad una serata di beneficenza.
Dà il via all’evento un personaggio popolare, vittima di tragedie personali, e conseguentemente poco incline ad interessarsi a quelle altrui: fa un breve intervento di circostanza con parole ben scelte ma prive di significato, e poi si allontana perché “ha freddo”.
La ragazza osserva di sottecchi il viso di sua madre che, alle immagini dei bambini scheletrici, con l’addome gonfio, che a stento si reggono sulle gambette esili, annuisce tristemente, mentre le labbra le si stringono in una smorfia di dolore.
Ascolta, poi, attentamente gli altri interventori che, nonostante il freddo pungente, non si risparmiano, anzi: con la forza di un fiume in piena le parole infervoriscono i loro animi, trasmutandosi in un grido di dolore nudo e sanguinante. Loro sanno. Loro hanno visto!
Il pubblico, per la maggior parte disinteressato, non aspetta altro che “aggredire” il banchetto offerto dall’organizzazione: le immagini a cui ha assistito non hanno bloccato la fame. Molte persone sono addirittura giunte in loco verso la fine della serata, in modo da ascoltare poco e accaparrarsi quanto più cibo possibile, non solo per saziarsi, ma anche da portare a casa nelle buste appositamente custodite.
Chissà se nell’occasione qualcuno non stesse eseguendo delle analisi statistiche sul numero degli Occidentali vittime delle complicanze causate dall’obesità, per poi confrontarlo con quello delle persone decedute nei diversi Paesi del mondo a causa della mancanza di cibo o della malnutrizione!!!
La mostra di beneficenza resta in sottofondo… La ragazza, fiera e tremante davanti all’opera creata per l’occasione, accoglie i visitatori auspicando che qualcuno apprezzi la sua creazione e l’acquisti, restituendo così il giusto valore alla serata.
Pressoché incredula, il suo desiderio si avvera. Contenta, incrocia lo sguardo di una nota attrice che della beneficenza e delle missioni umanitarie ha fatto la sua ragione di vita. Rimangono in silenzio. Si riconoscono. Impossibile profferire parola… A parlare sono gli occhi. Gli occhi che sanno. Occhi che hanno visto. Gli occhi che hanno visto troppo!