Il 25 gennaio del 2016 Giulio Regeni, un ricercatore italiano di 28 anni dell’università di Cambridge da allora sono passati 5 anni. Scomparve mentre stava lavorando al Cairo, in Egitto, a una tesi di dottorato sui sindacati del paese. Il suo corpo, con i segni di innumerevoli torture, venne trovato nove giorni dopo, il 3 febbraio, abbandonato al lato di una strada.
5 anni dalla morte di Giulio Regeni, nessuna verità dall’Egitto
Sin dalle prime indagini delle autorità egiziane, la morte di Giulio Regeni viene considerata poco importante e conclusa con una fretta davvero sospetta. Così sospetta che la stessa giustizia italiana non ha mai creduto alle motivazioni che l’Egitto diede. Dalla prima non curanza, il governo egiziano iniziò a far trapelare una serie di verità che verità non erano visto che si dimostrarono tutte falsità e depistaggi. Dall’altra parte, il governo mise una pressione forse nulla verso l’Egitto e più volte i genitori di Regeni e le varie organizzazioni umanitarie hanno chiesto la chiusura delle relazioni diplomatiche con l’Egitto senza successo. L’unica reazione dell’Italia fu l’inizio del processo a Roma.
Il processo di Roma
«Abbiamo fatto di tutto, lo dovevamo a Giulio». A parlare è il procuratore di Roma Michele Prestipino, nell’annunciare la chiusura delle indagini sulla morte di Giulio Regeni. Prestipino e il pm Sergio Colaiocco contestano a quattro 007 egiziani reati a vario titolo: sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali e omicidio (mentre per un quinto agente i pm hanno chiesto l’archiviazione).
A rischiare il processo sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Chiesta l’archiviazione invece per Mahmoud Najem, per cui «non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l’accusa in giudizio», spiegano dalla procura.
È questo il principale passo avanti fatto nella lunga lotta per ottenere giustizia e verità per Giulio, portata avanti incessantemente dalla famiglia, la mamma Paola Deffenti e il papà Claudio, insieme alla loro avvocata, Alessandra Ballerini.
L’Egitto
Non ci sono elementi che giustifichino un processo sull’omicidio di Giulio Regeni. È questa la risposta che arriva dalla procura egiziana a pochi giorni dalla chiusura delle indagini a Roma. Le autorità egiziane parlano di non ben definite parti ostili a Egitto e Italia, che vogliono sfruttare il caso per nuocere le relazioni tra i due Paesi.
Secondo il procuratore generale del Cairo, Hamada Al Sawi, «per il momento non c’è alcuna ragione per intraprendere procedure penali circa l’omicidio, il sequestro e la tortura» di Giulio Regeni, in quanto il responsabile, sostiene la procura, «resta sconosciuto».
Parola definite inaccettabili dal ministero degli Esteri italiano, che «auspica che la procura generale egiziana condivida l’esigenza di verità e fornisca la necessaria collaborazione alla procura della Repubblica di Roma».