La giornata del 17 febbraio 2020 segna l’anniversario numero 420 dalla morte di Giordano Bruno. Era, infatti, il 17 del secondo mese del 1600 quando uno dei filosofi più importanti della storia italiana venne dato alle fiamme a Piazza De’ Fiori in quel di Roma dopo anni di processo tra l’inquisizione veneziana e quella romana.
Una vita in fuga per l’Europa
Giordano Bruno nasce da famiglia nobile campana in quel di Nola nel 1548. Sin da piccolo è presente in lui la vocazione al sacerdozio e terminati gli studi a 17, entra come novizio nel convento di San Domenico sostituendo il proprio nome, Filippo, con quello di Giordano, e sette anni dopo è ordinato sacerdote.
La vita di Chiesa non durerà molto visto che il filosofo e studioso matura la sua convinzione panteistica che vuole Dio è l’universo pur nella sua molteplicità. Questa convinzione (unita al periodo storico della più dura Controriforma e al suo animo critico verso I dogmi del cristianesimo) lo costringono alla fuga a Roma essendo stato accusato di eresia dalla Chiesa.
Il processo a Venezia e la condanna a Roma
Da Roma sarà poi un continuo viaggio tra Nola, Savona, Venezia, Ginevra (dove abbraccerà il calvinismo) per poi approdare in Francia ed Inghilterra. Venezia, purtroppo, segna la città dove verrà incarcerato e processato dall’inquisizione veneziana. Ritratta le proprie idee e le proprie posizioni poi l’inquisizione romana pretende a sé il processo e chiede, ottenendola nel 1593, l’estradizione dalla Repubblica lagunare.
Dichiarato eretico, è condannato al rogo dal Papa Clemente VIII. In Piazza Campo de’ Fiori, il 17 febbraio 1600, all’età di 52 anni viene eseguita la sentenza e le sue ceneri buttate nel tevere. In quello stesso luogo, nel giugno 1889, su iniziativa di un folto gruppo di uomini di cultura, Francesco Crispi erigerà un monumento in sua memoria.