È vigorosa la polemica, nata sui social, intorno al testo scritto, reso pubblico in questi giorni, della canzone “I p’ me, tu p’ te” che il rapper napoletano, Geolier, porterà al Festival di Sanremo di quest’anno.
Già dal titolo se ne comprende il motivo: la scrittura non ortodossa usata dagli autori e illeggibile in svariati punti, che ha dato vita a due schieramenti opposti tra coloro che l’aborrono e coloro che la salutano come un tentativo d’innovazione del napoletano scritto.
Ma cos’è il napoletano, prima di tutto, una lingua o un dialetto? E quanto sta avvenendo è da considerarsi una sua evoluzione inevitabile o uno slang ad esso parallelo? O, ancora, una mera scelta artistica?
Lo abbiamo chiesto, prima di tutto, al Prof. Renato Casolaro, poeta, docente di italiano e profondo conoscitore della lingua napoletana, e raccolto alcuni degli infuocati interventi letti sui social.
Il napoletano, prof. Casolaro, è una lingua o un dialetto?
Bisogna innanzitutto chiarire che lingua e dialetto non sono termini in competizione fra loro. Una lingua è l’idioma che un paese utilizza nei suoi atti ufficiali e che insegna nelle sue scuole, e in questo senso il napoletano non è mai stata una lingua – tranne un breve periodo di sperimentazione, fallita, in epoca aragonese – negli atti ufficiali del Regno di Napoli si è sempre usato l’italiano, anche sotto i Borbone. Ma si può senz’altro parlare di lingua letteraria, perché in napoletano è fiorita una letteratura di tutto rispetto.
I dialetti dell’Italia invece sono tutti lingue nel senso che derivano tutti dal latino parlato, e dunque costituiscono il patrimonio linguistico dei “volgari” neolatini (così anche il fiorentino, assurto più tardi a lingua di tutti i paesi d’Italia grazie all’eccellenza di alcuni suoi poeti, come i tre famosi trecentisti).
Il napoletano è una lingua codificata da norme?
Il napoletano, come tutti i dialetti, ha una sua grammatica e una sua sintassi formatesi nel tempo dall’evoluzione del latino parlato nei vari luoghi – e che era già diverso da luogo a luogo, come d’altronde nei vari paesi neolatini europei. Questa grammatica è stata descritta in molti manuali fin dal 700. Oggi abbiamo molte “grammatiche” napoletane, ma, contrariamente a quanto avviene per la lingua ufficiale di un paese, esse non hanno e non possono avere un carattere autorevole di norma ufficiale, appunto per lo statuto naturale del dialetto. Dal punto di vista dell’uso scritto del dialetto, poi, quelli che lo scrivono per uso letterario non sempre sono d’accordo sul modo di trascrivere alcuni suoni, nessi, parole (es. “deve” = ha dda oppure ha da oppure adda?). Ma sulla necessità di segnare le vocali anche quando sono semimute gli scrittori “tradizionalisti” sono tutti d’accordo.
Oggi per esempio si è diffusa una modalità di scrittura – i cui prodromi si vedono già in parte in autori come Pino Daniele – che ignora la tradizione di scrittura precedente e improvvisa il tentativo di scrivere riproducendo i suoni del parlato. Questa tendenza si è accentuata enormemente negli ultimi autori, tanto che a volte non si riesce a capire subito ciò che si legge, perché non c’è nessuna consapevolezza etimologica e i suoni sembrano riprodotti da persone che non parlano il napoletano.
Quanto sta avvenendo è da considerarsi evoluzione o slang?
Credo che tu ti riferisca a questo punto non solo al modo di scrivere, ma al napoletano com’è oggi, in particolare sulle bocche dei giovani, che sembrano averlo a modo loro riscoperto. Certo, le lingue tutte si evolvono, e quello che oggi sentiamo come un errore può diventare una nuova “regola”. Avvenne lo stesso nel passaggio dal latino alle lingue romanze: abbiamo testimonianze di maestri che severamente correggevano certi errori che poi sono stati integrati in un nuovo sistema grammaticale-sintattico, la nuova lingua romanza (ad es. l’italiano), sistema formatosi gradualmente per molteplici motivi, soprattutto ad opera dei parlanti stessi, sia pure inconsapevoli.
E riguardo alla nuova scrittura, se la funzione di una lingua è la comunicazione, ha senso una scrittura non comprensibile a tutti?
Assolutamente nessun senso. A mio modesto parere bisognerebbe battere su questo punto quando si discute di un testo scritto in modo illeggibile, come ad esempio quello che circola su rete del rapper Geolier, che ha suscitato un vespaio di reazioni forse più per i contenuti (a volte inesistenti, ma questo è solo il mio parere personale) che per la forma, la quale invece secondo me dovrebbe essere al centro dell’attenzione: se un testo è scritto in modo chiaro (dicevo ai miei alunni quando insegnavo italiano) si possono valutare i contenuti, altrimenti puoi avere le idee più vaste e profonde del mondo ma non comunichi.
Diversi pareri sulla questione Geolier
Di diverso parere è Il Prof. Nicola De Blasi, ordinario di Storia della lingua italiana e di Dialettologia italiana presso l’Università di Napoli “Federico II”, che intervistato in merito alla questione Geolier, dalla giornalista Ida Palisi per il Corriere del Mezzogiorno, si è così espresso:
“Come canta Geolier è una scelta artistica che non ha una forza modellizzante o normativa e non penso che questo giovane rapper abbia in mente di suggerire a tutti di scrivere come sono scritti i suoi testi. Canta in un dialetto che fa parte dell’esperienza quotidiana di molti parlanti, non solo dei giovani. Forse per lui la grafia usata è per così dire parte integrante della sua creazione artistica, quindi una diversa scrittura gli apparirebbe poco adeguata alle sue intenzioni. Comunque una cosa singolare è che un dibattito sul tema “il dialetto napoletano si deve scrivere come si parla” si è svolto a Napoli a fine Ottocento”.
Quindi potremmo deporre le armi e tranquillamente decidere se seguire o meno il rapper e Sanremo, se non fosse per la questione dei contenuti delle sue canzoni e del contesto sociale nel quale sono nate:
Luigi Ascione – agronomo ed enologo – attento osservatore dei cambiamenti della cultura napoletana:
“Bisognerà ragionarci, questi sono soprattutto i nuovi creativi dialettali, questo è il dialetto che si parla, questa è la trascrizione. D’altra parte consistenti strati di popolazione lasciati a sé stessi, senza lavoro, senza istruzione, senza diritto di cittadinanza prendono spazi di sopravvivenza e creano la propria cultura. Se non hanno filtri culturali a monte non possono fare altro che assumere gli elementi che la società mercantile indica loro come simboli del successo.”
Riflessioni più che condivisibili e, in parte, riprese anche dall’attore e autore di poesie che hanno a tema la periferia industriale di Napoli, Giovanni Merano:
“È la mercificazione del napoletano, a mio avviso. Non so se sia una evoluzione o una deriva della lingua. Due punti di vista del medesimo fenomeno. Ognuno può e deve esprimersi come meglio crede o sa fare, e se arriva anche ad una sola persona, la missione è compiuta. Lungi dallo screditare l’uomo e anche l’artista, non mortificherei mai il lavoro altrui, la lingua usata dal rapper non è di mio gusto, per me è una deriva.”
Contrario si è detto anche Michele La Veglia, ingegnere e cultore della storia e della lingua napoletana, autore di due saggi e una quarantina di pubblicazioni sulla storia dei “Vigili del fuoco”:
“Napolitano Evolution 2024” è una sintesi mia di quanto vado leggendo. L’evoluzione di un linguaggio passa comunque attraverso uno standard di correttezza grammaticale ed è noto che il napoletano di Pino Daniele costituiva un’ evoluzione rispetto alla letteratura del 1600, per esempio, di Giambattista Basile.
Qui si tratta di slang e lo slang è parlato e tt kk = tutte le cose, scritto soprattutto nei messaggini ci sta.
Poi, mi permetto di dire che una canzone in napoletano, presentata al Festival della canzone italiana, dovrebbe essere scritta in lingua napoletana corretta. Ecco anche evoluta, senza sofismi di inizio secolo, ma comunque con parole comprensibili ad un vasto pubblico.”
… anche Carlo Rinaldo, autore di poesie in napoletano e insegnante di lingua napoletana:
“Non credo che conoscano il napoletano parlato visto che mutuano termini italiani napoletanizzandoli con l’esclusione della finale.”
Per il momento è tutto ma prima, ecco il testo “incriminato”. A voi soprattutto le conclusioni possibili:
“I p’ me, tu p’ te” – Geolier – Testo
di D. Simonetta – P. Antonacci – E. Palumbo – M. Zocca – D. Simonetta – G. Petito – D. Totaro – F. D’Alessio
Ed. Eclectic Music Publishing/Thaurus Publishing/Golden Boys/ Nuova Nassau/Music Union/Management33 Music/ Wonder Manage/Studio Uno Sound – Milano
Nuij simm doije stell ca stann precipitann
T stai vestenn consapevole ca tia spuglia
Pur o’mal c fa ben insiem io e te
Ciamm sprat e sta p semp insiem io e te
No no no comm s fa
No no no a t scurda
P mo no, no pozz fa
Si ng stiv t’era nvta
A felicità quant cost si e sord na ponn accatta
Agg sprecat tiemp a parla
Nun less pnzat maij
Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij
O ciel c sta uardann
E quant chiov e pcchè
Se dispiaciut p me e p te
Piccio mo sta iniziann a chiovr
Simm duij estranei ca s’incontrano
E stev pnzann a tutte le cose che ho fatto
E tutto quello che ho perso, non posso fare nient’altro
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu pe’te
Tu m’intrappl abbraccianm
Pur o riavl er n’angl
Comm m può ama si nun t’am
Comm può vula senz’al, no
È passat tantu tiemp ra l’ultima vot
Ramm natu poc e tiemp p l’ultima vot
No, no no no comm s fa
No no no a t scurda
P mo no, no pozz fa
Nun less pnzat maij
Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij
O ciel c sta uardann
E quant chiov e pcchè
Se dispiaciut p me e p te
Piccio mo sta iniziann a chiovr
Simm duij estranei ca s’incontrano
E stev pnzann a tutte le cose che ho fatto
E tutto quello che ho perso, non posso fare nient’altro
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
Sta nott e sul ra nostr,
Si vuo truann a lun a vac a piglia e ta port,
E pur si o facess tu nun fuss cuntent,
Vuliss te stell, vuless chiu tiemp cu te.
Piccio mo sta iniziann a chiovr
Simm duij estranei ca s’incontrano
E stev pnzann a tutte le cose che ho fatto
E tutto quello che ho perso, non posso fare nient’altro
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
Immagine di copertina: DepositPhotos