L’alluvione che ha colpito Genova il 10 ottobre ha devastato una città che aveva cominciato da pochi mesi a riprendersi dall’alluvione di tre anni prima. Le discussioni su come un evento così catastrofico si sia potuto scatenare a così poca distanza ha dato il via, come spesso accade in Italia, alla girandola delle responsabilità. Nel bel paese però si ha l’abitudine di correre ai ripari quando ormai la catastrofe di turno si è già abbattuta sulla sfortunata regione o città. Nel caso del capoluogo ligure si credeva che gli interventi della regione e dello stato avessero risolto i problemi emersi all’indomani dell’alluvione di tre anni fa, questo è quanto si credeva, ma gli aiuti non si sono dimostrati all’altezza e i disagi si sono ripresentati puntualmente. Genova quindi come metafora di un intero paese? L’asfissiante burocrazia italiana, e l’intera classe politica sia su base regionale che nazionale hanno confermato la tendenza a voler riparare ai danni più che prevenirli. E ora come al solito si è passati dallo scarica barile, per quanto riguarda le responsabilità allo scarica promesse. Gli stessi infatti che avrebbero dovuto intervenire prima, dal presidente della regione Burlando, al sindaco della città Doria, sono partiti con le promesse. Pochi sanno che più di 2600 cantieri, compreso quello del torrente Bisagno, sono bloccati. Bisogna ricordare che il torrente Bisagno esonda ormai da più di 50 anni, e ha provocato non solo ingenti danni alle strutture, ma ha fatto varie vittime nel corso degli anni. 95 sono i milioni stanziati nel 2012 per mettere in sicurezza questo torrente ma sono ancora inutilizzati. Probabilmente con questo intervento si sarebbe potuta salvare qualche vita, ed invece all’indomani della tragedia è subito iniziato lo scarico delle responsabilità. Il Ministero dell’ambiente accusa la Regione, commissario dei lavori, che a sua volta chiama in causa il Tar e il Consiglio di Stato. E’evidente quindi come le responsabilità siano prettamente politiche, e come l’asfissiante burocrazia abbia giocato un ruolo fondamentale nel rallentare se non addirittura bloccare alcuni interventi. Il già citato presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, che è stato nell’ordine; assessore, vicesindaco, sindaco di Genova, Ministro dei Trasporti e ora governatore, ha dato il via ad un piano casa che ha cementificato l’intera città. Il colossale centro commerciale costruito, secondo l’assessore del comune, in una zona a rischio alluvione, è stato un azzardo, che però sono stai i genovesi a pagare. La questione poi non rimane confinata solo nella Regione Liguria, il dissesto idrogeologico interessa circa l’81 % del territorio italiano. Nel biennio 2009-2010 sono stati spesi più di 3 miliardi di euro ma solo il 3,2 % dei lavori sono stati portati a compimento, il 78% dei cantieri risulta ancora bloccato e 2,7 miliardi sono ancora fermi come del resto la metà dei fondi europei messi a disposizioni per i lavori di adeguamento territoriale. Per combattere il dissesto idrogeologico c’è bisogno di un intervento preventivo perché arrivare quando il danno è già fatto, procedura questa tutta italiana, non fa altro che costare vite umane, oltre che aumentare la spesa degli interventi. L’alluvione in Campania a Sarno e Quindici, nelle Cinque Terre e in Sardegna dimostrano quanto il problema sia reale e quanto spesso l’inadeguatezza dello Stato, con la sua pesante burocrazia e non attenta classe politica abbia influito negativamente su di un sistema, come quello italiano, già irto di contraddizioni.
31 Ottobre 2014
GENOVA, TRA ALLUVIONI E BUROCRAZIA
Scritto da Nicola Sarno
La città di Genova è stata colpita nuovamente, a distanza di tre anni da una violenta alluvione che ha devastato nuovamente il capoluogo ligure per circa 2 miliardi di euro. All?indomani del disastro le colpe di una catastrofe ormai annunciata sono rimbalzate dalla Regione al Ministero dell?Ambiente, ma la realtà è che sono tutte le istituzioni ad essere coinvolte