Nei primi anni del XIII secolo in Cina, un temerario conquistatore straniero si avventava alla conquista delle città cinesi con un immenso esercito di straordinari guerrieri; il suo nome era Temujin, noto come Gengis Khan. L’idea che un invasore barbaro, con usi e costumi differenti dal popolo cinese, stesse rapidamente conquistando sempre più città cinesi, incuteva nei cittadini un vero e proprio terrore, il suo esercito sembrava inarrestabile, e diventava sempre più evidente che presto l’esercito mongolo sarebbe riuscito a conquistare la Cina intera. In questo terrificante scenario si assisteva alla fiorente crescita di un giovane movimento religioso taoista chiamato Quanzhen (realtà completa), che sotto la guida di Qiu Chuji, che divenne un monaco molto popolare in tutta la Cina, diffondeva tra il popolo i valori etici taoisti di compassione, frugalità e umiltà e permetteva a gli allievi taoisti di cercare la realizzazione spirituale attraverso un percorso ascetico.
Inaspettatamente nella primavera del 1219 arrivò una lettera a Qiu, scritta da Gengis Khan in persona, con la quale lo invitava a presentarsi dinanzi a lui, nel centro della Cina, per discutere dei metodi per ottenere l’immortalità ed esporgli la sua dottrina. La lettera, tuttora conservata, datata 15 maggio 1219, in cui Gengis Khan scrisse, rivolgendosi al maestro taoista “ …ho sentito che tu, maestro, hai penetrato la verità e che cammini sulla via della giustizia. Profondamente imparato e molto esperto, Hai esplorato molto le leggi. La tua santità si è manifestata. Tu hai conservato le regole rigorose degli antichi saggi. Tu sei dotato degli eminenti talenti di uomini celebri. Per molto tempo hai vissuto nelle caverne delle rocce, e ti sei ritirato dal mondo…”, la lettera arrivò però a destinazione quasi dopo un anno la sua stesura.
Nonostante Qiu Chuji fosse già arrivato all’età di settantadue anni decise di mettersi subito in cammino per incontrare il condottiero mongolo, questo perché Qiu che aveva in passato rifiutato l’invito di presentarsi a corte degli imperatori Xuanzong dei Jin e Ninzong dei Song, capì l’importanza di avere questo colloquio, ritenendo prossima la completa invasione mongola con conseguente spargimento di sangue di cittadini senza colpe, che il monaco taoista aveva intenzione di evitare, cercando di convincere Gengis Khan ad avere un modus operandi meno sanguinario.
Una volta che Qiu Chuji arrivò nell’attuale Pechino con 18 dei suoi allievi, una scorta di 20 soldati mongoli e con una tavoletta d’oro che simboleggiava l’ordine di Gengis Khan che obbligava a tutti di trattare il monaco come se fosse egli stesso il gran Khan, scoprì che Gengis Khan fu costretto a lasciare repentinamente la città a causa di un imminente guerra in terre lontane verso occidente; titubante sul da farsi, soggiornò a Pechino durante l’inverno, durante il quale ricevette una seconda lettera da parte del Khan, che lo invitava con modi ancor più gentili ad intraprendere un lungo viaggio per incontrarlo. Superate le prime indecisioni, Qiu decise di intraprendere questo lungo viaggio insieme ai suoi allievi e alla scorta mongola, verso terre del tutto sconosciute e una meta non ben precisa, per incontrare l’uomo più potente del mondo.
Lungo il suo cammino Qiu attraverserà diversi paesi mai visti prima: Mongolia, Kirghistan, Kazakistan, Afghanistan e Pakistan, vedrà per la prima volta un eclissi solare e territori ricoperti di ossa di ex soldati, galopperà attraverso il deserto e la neve, incontrerà banditi e terreni difficilmente percorribili, diversi personaggi accorreranno da lui per rendergli omaggio tra cui vari monaci buddhisti, taoisti e anche religiosi mussulmani; incontrò anche il fratello minore di Gengis Khan, Othigin, che gli chiese di esporgli la dottrina per la ricerca dell’immortalità, ma Qiu con il suo forte carattere che lo contraddistingueva gli disse che sarebbe stato inopportuno farlo, visto che ancora non ne aveva parlato con l’imperatore mongolo.
Dopo quasi un anno di viaggio, Qiu Chuji arrivò al campo militare di Gengis Khan, qui fu accolto con i massimi onori; le prime parole del Khan quando vide il monaco che da tanto tempo aspettava furono: “Sei stato invitato da altre corti, ma hai rifiutato. Ora sei venuto a incontrarmi, e hai attraversato una strada di diecimila li. Sono molto gratificato di ciò “, parole a cui Qiu rispose: “ Sono venuto a incontrare l’imperatore per ordine della tua maestà, era la volontà del Cielo”. Una volta fatti i convenevoli il Khan espose subito i suoi interessi personali, chiedendo al monaco se possedesse la pillola dell’immortalità, ma Qiu Chuji gli rispose, che è vero che esistono metodi efficaci per preservare la vita, ma non esiste nessuna pillola dell’immortalità. Il Khan fu molto sorpreso dalla sincerità del monaco cinese e la apprezzò molto, nei mesi successivi i due condivisero gli stessi spostamenti, addirittura il Khan chiese a Qiu se volesse cenare con lui ogni sera, ma Qiu Chuji per rifiutare l’invito rispose “ Sono un uomo selvaggio delle montagne, coltivo la vera dottrina (Tao), e quindi mi piace l’isolamento”. Qiu Chuji e Gengis Khan ebbero in tutto quattro colloqui in cui il maestro taoista insegnò diversi metodi di preservazione della salute al conquistatore mongolo e inoltre gli espose la dottrina taoista, istruendo Genghis Khan sull’importanza del taoismo per il popolo cinese e per la storia del suo paese.
Il Khan restò così gratificato per gli insegnamenti ricevuti e per i’intraprendete viaggio intrapreso dal monaco, che pose Qiu Chuji a capo di tutti i monaci del nord della Cina, sia buddhisti che taoisti, rendendo così Qiu Chuji la figura spirituale più autorevole in Cina, inoltre esento dalle tasse tutti i monasteri taoisti Quanzhen e invitò Qiu ad abitare ed esercitare il suo ruolo in un tempio di Pechino, conosciuto oggi come il “Tempio della nuvola bianca”.
Abbiamo diverse informazioni sul incontro di queste due figure grazie ad un diario scritto da un allievo di Qiu Chuji, in cui vengono riportati più fatti possibili del viaggio intrapreso dai monaci taoisti. Indubbiamente sia Gengis Khan che Qiu Chuji adottarono dei comportamenti molto formali, non sappiamo con precisione e sicurezza cosa spinse un uomo potente come Gengis Khan ad invitare un monaco taoista e non sappiamo cosa spinse Qiu Chuji ad intraprendere un viaggio così pericoloso e lungo all’allora veneranda età di settant’anni. Probabilmente il Khan vedeva in Qiu un uomo potente, in quanto a capo di un fiorente ordine monacale presente nei territori di suo interesse, inoltre voleva sicuramente anche aggraziarsi il popolo cinese che continuava a vederlo come un nemico sanguinario e senza scrupoli, mentre Qiu Chuji vedeva in Gengis Khan un forte pericolo per la sua religione e per il popolo cinese. Sta di fatto che da questi incontri avvenuti tra i due, entrambi ottennero benefici, il Khan entrò maggiormente nelle grazie del popolo e Qiu oltre ai favori ricevuti, riuscì a convincere il conquistatore mongolo ad avere un atteggiamento più clemente, riuscendo così a salvare migliaia di vite, per tali ragioni, Qiu Chuji è tutt’oggi considerato un eroe dal popolo cinese.