(Adnkronos) – Altri due bambini sono morti per malnutrizione nella Striscia di Gaza nel primo giorno di Ramadan. Mentre i musulmani di tutto il mondo all’alba hanno iniziato il digiuno, come da precetto islamico, nell’enclave, stretta da mesi nella morsa della fame, molti palestinesi si sono svegliati sotto i bombardamenti. E le prospettive non sembrano rosee, mentre prosegue lo stallo nei negoziati tra Hamas e Israele e dal premier, Benjamin Netanyahu, continuano ad arrivare indicazioni sulla volontà di non fermare le operazioni militari.
Una flebile speranza per gli abitanti della Striscia è arrivata nei giorni scorsi con l’annuncio della creazione di un corridoio umanitario marino tra Cipro e Gaza attraverso cui far arrivare rifornimenti quotidiani nell’enclave. Ma la nave di Open Arms con 200 tonnellate di aiuti a bordo – fornite dall’organizzazione benefica statunitense World Central Kitchen – che sarebbe dovuta salpare ieri sera ha rinviato la partenza. Il portavoce del governo di Nicosia, Konstantinos Letymbiotis, ha parlato di “difficoltà tecniche”, sottolineando che in ogni caso la nave non salperà prima di stasera. In ogni caso serviranno due-tre giorni di navigazione per raggiungere Gaza, dove la situazione è oltre il dramma.
Secondo i piani, la nave dovrebbe attraccare in una località sconosciuta. Una volta scaricati a terra, gli aiuti saranno messi su camion e portati a nord, dove la situazione è ritenuta particolarmente drammatica. Secondo le Nazioni Unite e varie ong umanitarie, a Gaza finora è entrata solo una piccola parte dei rifornimenti necessari per i 2,4 milioni di abitanti, che dalla strage di Hamas del 7 ottobre vivono sotto assedio totale da parte di Israele.
Per aggirare il blocco, diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti, hanno iniziato a lanciare aiuti dal cielo, ma secondo le Nazioni Unite si tratta di una pratica poco efficace. Una parte dei pacchi, infatti, va in frantumi nell’impatto con il terreno, lasciando ai palestinesi l’unica opzione di tentare di recuperare il cibo finito a terra. Sul lato negoziale non arrivano notizie migliori.
Da settimane va avanti un tira e molla estenuante tra i mediatori americani, egiziani e qatarioti per arrivare a un accordo che produca una tregua e uno scambio di prigionieri. Ma l’obiettivo di raggiungere l’intesa prima dell’inizio del Ramadan è fallito: le parti continuano ad addossarsi reciprocamente la responsabilità, con Israele che continua a chiedere una lista di ostaggi ancora vivi e Hamas che vuole il ritiro totale dei soldati da Gaza.
Fonti diplomatiche ritengono possibile una nuova accelerazione nei negoziati nei prossimi 10 giorni. I leader internazionali, nel frattempo, si cimentano in una litania di dichiarazioni amare per il Ramadan. “Quest’anno arriva in un momento di immenso dolore – ha dichiarato il presidente Joe Biden, sempre sotto pressione per il sostegno a Tel Aviv – Mentre nei prossimi giorni e settimane i musulmani si riuniranno in tutto il mondo per rompere il digiuno, la sofferenza del popolo palestinese sarà al primo posto nella mente di molti. Lo sarà anche per me”. Il re saudita Salman, nel suo messaggio, ha invitato la comunità internazionale ad assumersi “le proprie responsabilità nel mettere fine a questi crimini atroci” a Gaza.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha espresso la sua “solidarietà e sostegno a tutti coloro che soffrono per gli orrori di Gaza. In questi tempi difficili, lo spirito del Ramadan è un faro di speranza, un promemoria della nostra comune umanità”. Nell’enclave, intanto, si continua a morire. Il ministero della Sanità controllato da Hamas ha riferito di 67 vittime nelle ultime 24 ore. L’esercito israeliano ha confermato di aver eliminato 15 militanti palestinesi “in scontri ravvicinati e raid aerei”, aggiungendo che diversi sospetti operativi di Hamas sono stati arrestati nel sud.
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