Quanto reggerà? Questa è la domanda che ci si pone da parte di tutti gli osservatori internazionali che la situazione di Gaza monitorano giorno per giorno ed ora per ora.
Ancora 72 ore di tregua che, inevitabilmente, porteranno ad una rottura della stessa con le solite accuse reciproche da parte di Israele e di Hamas.
Un nuovo pretesto che porterà a nuovi bombardamenti israeliani di scuole, ospedali, e financo cimiteri dove ci sarebbero i fantomatici scudi umani che Hamas metterebbe a protezione dei razzi con cui ogni tanto “colpisce” il suolo di Tel Aviv.
In realtà lo stesso Ban Ki-moon, segretario generale dell’ONU che saluta la tregua e spera che sia più lunga di quella precedente, dichiara la sua “forte speranza che questa tregua dia alle due parti, sotto gli auspici dell’ Egitto, un’ altra chance di ottenere un cessate il fuoco durevole a vantaggio delle popolazioni civili e un punto di partenza per le due parti per esprimere le rispettive ragioni”, e “continua ad esortare i protagonisti del conflitto a lavorare in modo costruttivo in questa direzione e ad evitare una escalation che condurrebbe a nuove violenze”.
Sembra, però, già tutto deciso e noto e – malgrado gli sforzi apparenti – tutte le parti in causa sanno che non si caverà il classico ragno dal buco. I problemi atavici che hanno condotto a questo stato di cose sono talmente complessi e concatenati che sperare che da un giorno all’altro tutto muti è pura teoria.
La follia di Hamas di pensare di opporre alla potenza di fuoco israeliana i suoi “razzi” che assomigliano più ai tric-trac dei botti di fine anno che a vere armi da conflitto, non fa altro che legittimare nell’opinione pubblica di parte l’idea fallace di un’ Israele sotto attacco e giustificare l’intervento dello spietato esercito che non si pone nemmeno la domanda se sia etico e morale uccidere donne e bambini inermi.
La pazzia israeliana è pari a quella di chi non ha memoria e “fa agli altri ciò che è stato fatto a se stesso” configurando il popolo palestinese come vera nemesi storica del sionismo internazionale che muove le fila del potentato politico ed economico israeliano.
Questo è un conflitto di cui interessa poco, ma veramente poco, a chiunque possa davvero intervenire. Gli interessi economici in ballo non giustificano l’intervento delle superpotenze e il solo ONU davvero rischia di fare la figura dell’ente filantropico per vecchi e oziosi diplomatici imbelli.
Intanto a Gaza si continuerà a morire.