(Adnkronos) – L’df ha dichiarato che intende far spostare una parte significativa degli 1,4 milioni di sfollati palestinesi intrappolati a Rafah verso “isole umanitarie” nel centro del territorio, prima dell’operazione di terra prevista nella città che si trova nel Sud di Gaza. Secondo quanto si legge sul ‘Times of Israel’, la sorte di coloro che si trovano a Rafah è stata una delle principali fonti di preoccupazione per gli alleati di Israele. I gruppi umanitari hanno avvertito che un’offensiva a Rafah sarebbe una catastrofe. Dal canto suo Israele ha affermato che è necessaria se il Paese vuole raggiungere il suo obiettivo di eliminare Hamas. Il portavoce dell’Idf, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha dichiarato che lo spostamento di coloro che si trovano a Rafah nelle aree designate, che sarà effettuato in coordinamento con gli attori internazionali, è una parte fondamentale dei preparativi dell’esercito per l’invasione della città.
L’organizzazione delle “isole umanitarie”
Hagari afferma che queste isole forniranno alloggi temporanei, cibo, acqua e altre necessità ai palestinesi evacuati. Non ha detto quando avverrà l’evacuazione di Rafah, né quando inizierà l’offensiva, dicendo che Israele vuole che i tempi siano giusti dal punto di vista operativo e che siano coordinati con il vicino Egitto, che ha detto di non volere un afflusso di palestinesi sfollati che attraversino il suo confine. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, durante una visita alle truppe a Gaza City, ha dal canto suo lasciato intendere che non è lontano l’inizio dell’operazione di terra a Rafah. “Qui si sta facendo un lavoro straordinario, sopra e sotto terra, le forze arrivano ovunque e la conclusione è che a Gaza non esiste un posto sicuro per i terroristi”, ha detto Gallant durante la visita, secondo i commenti forniti dal suo ufficio.
“Anche chi pensa che stiamo ritardando presto vedrà che raggiungeremo tutti”, ha aggiunto, evocando una possibile operazione a Rafah. “Assicureremo alla giustizia chiunque abbia partecipato al 7 ottobre: lo elimineremo o lo consegneremo alla giustizia in Israele. Non esiste un posto sicuro, né qui, né fuori Gaza, né da nessuna parte in Medio Oriente”, ha aggiunto. L’operazione militare israeliana su “Rafah è la chiave per sconfiggere Hamas” e l’ingresso in città è ”fondamentale per realizzare gli obiettivi della guerra”, ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontrando il suo omologo olandese a Gerusalemme Mark Rutte. Al centro del colloquio anche la questione della consegna degli aiuti umanitari. Netanyahu ha invitato Rutte ad aderire all’iniziativa del corridoio marittimo e lo ha ringraziato per aver congelato gli aiuti all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi.
La risposta a Netanyahu del leader di Hezbollah
“Anche se entrerà a Rafah, avrà perso la guerra”. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, parla in occasione del Ramadan e si rivolge al premier israeliano Benjamin Netanyahu, affermando che, “nonostante tutti i massacri, il popolo di Gaza non si arrenderà mai a lui, il popolo di Gaza sta ancora abbracciando la resistenza”. Poi Nasrallah sostiene che dopo cinque mesi di guerra a Israele “manca il personale” militare e per questo pianifica di reclutare altri 14.500 soldati, anche tra gli ebrei ultraortodossi. “Israele non ha vinto e non ha ottenuto alcuno dei suoi obiettivi – ribadisce il leader di Hezbollah, citato dai media di Beirut – Di fronte ai massacri, alla distruzione ed ai martiri, il popolo di Gaza continua a resistere con forza e con coraggio”.
Le partenze delle prossime navi umanitarie
Intanto una seconda nave con aiuti umanitari per la popolazione della Striscia di Gaza partirà presto dal porto di Larnaca, non appena la Open Arms avrà completato le sue operazioni. Ad affermarlo il ministro degli Esteri cipriota Constantinos Kombos, spiegando che la seconda nave avrà ”una capacità maggiore” della Open Arms che è in transito. ”Abbiamo già programmato la partenza della prossima nave, se non ci saranno ostacoli”, ha dichiarato Kombos, precisando che questa lascerà il porto di Larnaca ”dopo lo scarico” di quella battente bandiera spagnola. La seconda nave ”si trova a Larnaca da sabato” ed è stata ispezionata, ha affermato Kombos senza specificare quanti aiuti verranno caricati a bordo. Si tratta di ”una nave commerciale a differenza della prima organizzata tramite una ong”.
Quello della Open Arms ”è un viaggio inaugurale, dobbiamo garantirci di avere la capacità di ricevere e distribuire” cibo alla popolazione di Gaza, ha sostenuto Kombos. Una delle principali preoccupazioni per la consegna degli aiuti è la ”gestione della folla”, secondo il ministro. Dovrebbe invece raggiungere le coste di Gaza stamattina la nave salpata ieri da Cipro con le prime 200 tonnellate di aiuti per la popolazione palestinese, secondo quanto appreso dal Guardian, spiegando che la nave arriverebbe circa 48 ore dopo la partenza dal porto di Larnaca. La nave è la prima a utilizzare il corridoio umanitario marittimo tra Cipro e la Striscia. L’invio di una nave umanitaria da Cipro diretta a Gaza è una risposta “inadeguata” ai bisogni dei 2,4 milioni di abitanti dell’enclave palestinese, ha dichiarato in una nota un portavoce di Hamas, Salama Marouf, secondo cui “il carico annunciato della nave non supera quello di uno o due camion e impiegherà giorni ad arrivare”.
Carestia e popolazione isolata a Gaza
Marouf ha quindi espresso dubbi sulla logistica dell’operazione e sollevato preoccupazioni sulle ispezioni israeliane. “Non si sa ancora dove (la nave, ndr) attraccherà e come raggiungerà le coste di Gaza – ha affermato – Inoltre, sarà soggetta a ispezione da parte dell’esercito occupante”. Le Nazioni Unite nel frattempo hanno sperimentato, per la prima volta in tre settimana, una nuova rotta di terra riservata all’esercito israeliano per consegnare aiuti alla popolazione di Gaza City entrando dal nord della Striscia di Gaza. Un progetto pilota, che ha preso il via nella notte tra martedì e mercoledì, che ha come obiettivo quello di ”impedire che Hamas si impossessi degli aiuti”.
Il risultato è stata la consegna di cibo per 25mila persone di Gaza City. L’esercito israeliano ha confermato che sei camion carichi di aiuti del World Food Programme hanno attraversato la barriera difensiva da nord dell’enclave palestinese. I militari israeliani hanno effettuato controlli di sicurezza sui camion al valico di Kerem Shalom, nel sud della Striscia di Gaza, prima che andassero verso nord. Secondo le Nazioni Unite nella Striscia di Gaza ci sono 576mila persone sull’orlo della carestia, un quarto dell’intera popolazione dell’enclave. Circa 300mila palestinesi risultano poi isolati nel nord della Striscia di Gaza e le agenzia delle Nazioni Unite non hanno potuto raggiungere per mesi queste persone a causa delle restrizioni imposte da Israele e i combattimenti in corso. Secondo Hamas almeno 27 persone sono morte a causa della malnutrizione e della disidratazione negli ospedali del nord dell’enclave palestinese. La maggior parte di loro erano bambini. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)