La rivista Esquire
Francis Scott Fitzgerald, I racconti dell’ “Esquire” è un’interessante iniziativa della casa editrice Lorenzo de’ Medici Press che delizia il pubblico dei classici con una serie di racconti del grande scrittore statunitense. Francis Scott Fitzgerald è noto al grande pubblico italiano specialmente per i suoi romanzi più famosi come Grande Gatsby, Tenera è la notte, o Il curioso caso di Benjamin Button ma, come specifica Silvia Rotondo (sua la traduzione e prefazione), “negli anni Trenta, Fitzgerald era più conosciuto per i racconti che per i romanzi”.
LEsquire era una rivista per la quale Fitzgerald pubblicò una serie di racconti dal 1936 al 1940. Lo scrittore dovette mantenersi economicamente e quindi iniziò a scrivere non solo per l’Esquire, ma anche per altre riviste molto popolari. A suo dire, ciò gli avrebbe consentito di avere più tempo per scrivere i suoi romanzi e di avere un’entrata costante per pagare le cure psichiatriche della moglie Zelda.
Ringraziamo Silvia Rotondo per questa bella intervista su Francis Scott Fitzgerald, I racconti dell’ “Esquire”. Il suo contributo ci ha consentito di capire qualcosa in più sul grande scrittore americano e sull’ affascinante e complesso mondo della traduzione.
Intervista a Silvia Rotondo: FRANCIS SCOTT FITZGERALD I RACCONTI DELL’ «ESQUIRE»
Nei racconti dell’Esquire che lei ha tradotto, c’è qualche elemento che le è saltato all’occhio rispetto ai romanzi? Ha percepito qualche differenza nella scrittura di Fitzgerald tra le due forme narrative?
Per spiegare le differenze stilistiche e narrative all’interno delle opere di Fitzgerald si deve prima comprendere il “fine” a cui l’autore aspirava: come già accennato nella prefazione, Fitzgerald iniziò a scrivere racconti brevi per avere un reddito sufficiente, a suo dire, a scrivere romanzi degni di nota. Inoltre, l’autore capì che poteva usare i racconti come un vero e proprio laboratorio per i suoi romanzi, sperimentando in essi temi e tecniche – e anche scelte stilistiche – che avrebbe poi incorporato nelle sue opere.
Per essere più precisi, si può notare come i romanzi di Fitzgerald siano accumunati da uno stile qualitativo elevato e uniforme con – ovviamente – un inizio, una parte centrale e una conclusione, in contrasto con lo stile dei racconti brevi, più disomogeneo e sperimentale e spesso privi di una trama generale o di una parte centrale e/o finale, ma non per questo meno capace di fornire capolavori come Tre atti musicali e Finanziare Finnegan.
L’ Esquire imponeva allo scrittore una certa linea tra cui, specifica lei nella prefazione, anche narrazioni senza trama. Ce ne sono nel libro? Secondo lei lo scrittore era a suo agio quando scriveva in questo modo?
Ovviamente Fitzgerald dovette seguire le linee guida redazionali dell’Esquire. L’elemento principale a cui si dovette adeguare fu – come si può ben comprendere – la lunghezza dei suoi scritti, che portò dunque ad un ridimensionamento della trama in generale: con così poche parole a disposizione non poteva dilungarsi sui personaggi, sulle storie d’amore o sulle descrizioni tipiche dei suoi romanzi e, in generale, dei suoi scritti. È anche per questo motivo che Fitzgerald imparò a scrivere un tipo di narrazione diversa dal suo solito. Un altro elemento a cui l’autore si dovette adattare è raffigurato a pieno da Un saluto da Lucy ed Elsie, presente nell’Appendice del libro: questo racconto infatti fu inizialmente scartato dall’Esquire per elementi troppo anticattolici che, a detta dell’editore, dovevano essere limati o rimossi. Fitzgerald tentò di rivedere la storia, ma la abbandonò, lasciandola incompiuta.
Ma la disciplina imposta da questi nuovi requisiti fu probabilmente positiva per Fitzgerald: imparò a scrivere nel suo “stile tardivo”, la prosa spoglia e compressa che si ritrova in The Last Tycoon, il romanzo a cui stava lavorando prima della sua morte.
Rispetto ad altri scrittori che ha tradotto, cosa le piace di Fitzgerald?
È sempre un’emozione tradurre un autore della portata di Francis Scott Fitzgerald, a prescindere dal tipo di scritto e dalla sua lunghezza. Lo spiegano perfettamente tutti gli studiosi esperti di letteratura: Fitzgerald poteva scrivere una brutta storia, ma non poteva in nessun caso scrivere male. Ogni suo racconto – come ogni suo romanzo – ha quell’impronta stilistica e quella prosa frizzante che lo stesso Fitzgerald definiva “quel qualcosa in più” che mancava alla maggior parte dei racconti popolari dell’epoca.
In particolare, è stato allo stesso tempo impegnativo ma anche divertente tradurre la varietà di trame e di argomenti trattati: si può notare come si passi da racconti di alcolismo (Un caso di alcolismo, Il decennio perduto) a racconti strappalacrime (La lunga attesa) per passare poi a racconti semi-autobiografici (Finanziare Finnegan, Tre ore fra un aereo e l’altro) e a racconti “animaleschi” (La mattinata di Shaggy, Le formiche di Princeton).
Parliamo del mestiere di traduttore e di qualche sua abitudine. Quando si prepara per tradurre uno scrittore nuovo, come organizza il suo lavoro? Non so, c’è qualcosa che bisogna fare necessariamente prima di cominciare, lei ha un metodo tutto suo di lavoro, segue una scaletta già collaudata ecc.
Naturalmente l’approccio alla traduzione e a un nuovo autore può variare da traduttore a traduttore, ma ci sono delle “buone pratiche” comuni a tutti. Soprattutto, è di particolare importanza lo studio che precede la traduzione. Personalmente, paragono l’atto del tradurre a dei cerchi concentrici: si parte dallo studio più generale sull’autore fino ad arrivare allo studio più dettagliato sul libro stesso, dal macro al micro. In effetti, la traduzione vera e propria è solo l’ultimo punto della “scaletta” da seguire.
Come prima cosa è bene svolgere delle ricerche sull’autore, anche se già noto (come il caso di Fitzgerald): vita, altre opere, influenze, stili di scrittura ed eventuali testi riguardanti il libro stesso. Tutto ciò aiuterà a capire a fondo l’autore, e – in fase traduttiva – a scegliere i traducenti più appropriati. Come nella vita in generale, per un buon traduttore più si legge meglio è!
Una volta completato lo studio iniziale, si passerà poi a leggere il libro nella sua interezza, così da capire a fondo la trama, le caratteristiche e l’evoluzione dei personaggi e della narrativa. Solo dopo aver svolto tutti questi passaggi si arriverà alla vera traduzione del libro.
C’è un’ultima cosa da non dimenticare mai, e che tutti i traduttori adorano ripetere all’infinito: il titolo (i titoli, nel caso de I racconti dell’Esquire), vanno tradotti sempre all’ultimo!