Francesca Caon autrice del libro «I 10 Comandamenti delle PR » è tra le più importanti esperte in pubbliche relazioni del panorama nazionale. La sua competenza nel settore, le ha consentito oggi di gestire importanti aziende, che si affidano a lei per accresce e consolidare la propria reputazione.
Francesca Caon è anche giornalista, direttrice della rivista Luxury e titolare dell’Agenzia Caon Public Relation. Ha maturato esperienze professionali in teatro, radio, televisione, organizzazione di eventi, insomma, la sua è una vita ricca di passioni e di grandissima professionalità.
Francesca come pensi che abbiano influito ognuna di queste esperienze, nella creazione del tuo percorso attuale?
“Il cinema e il teatro sono state le mie prime passioni, quelle che considero tuttora le fondamenta del mio percorso.
L’organizzazione di eventi e l’approdo nel giornalismo hanno coagulato tutte queste esperienze in un’unica forma, che mi ha portato a unire e ritrovare tutti questi ambiti nel mondo delle pubbliche relazioni.
Credo molto nella commistione tra esperienze diverse tra loro, nella certezza che conferiscano alla persona una visuale più ampia su approcci e prospettive professionali.
Oggi posso affermare che tutto ciò che conosco sul lavoro, che amo, l’ho imparato percorrendo vie traverse, in apparenza lontane o scollegate e in maniera tutt’altro che convenzionale; questo mi ha senza dubbio consentito di modulare diversi modus operandi a seconda del contesto specifico.
Questo mélange mi ha permesso di portare in Italia, già dieci anni fa, un modo di fare PR ancora inedito, poco comune e certamente diverso dal ruolo del classico ufficio stampa.
Sperimentare, differenziare e coltivare la curiosità verso aspetti in apparenza differenti rimangono ancora oggi alcuni degli ingredienti che ritengo più importanti.”
Francesca il tuo è un esempio di come si possa costruire una carriera solida grazie all’esperienza, al valore e alla competenza. Hai lavorato anche all’estero, sei a capo di un’importante agenzia di comunicazione, eppure in Italia questa non è la realtà di molte donne, che faticano a raggiungere posizioni apicali, pur avendo maturato competenza e professionalità.
Qual è la tua visione relativamente al dislivello professionale uomo-donna?
“Durante la mia esperienza all’estero, precisamente a Valencia, ho curato le relazioni con enti governativi e protezioni civili europee per una nota compagnia aerea di antincendio forestale spagnola.
Si tratta di un settore a fortissima componente maschile che mi ha insegnato tanto, sia a livello professionale e sia nella percezione del lavoro al femminile.
Il dislivello professionale è purtroppo una realtà, basti pensare alla disparità retributiva tra uomo e donna anche a parità di mansioni svolte.
Il gender gap nel nostro Paese è ancora così sensibile, nel caso di uno stipendio, gli uomini percepiscono un 10% in più.
Ciononostante, ritengo che dei passi importanti verso la direzione di un giusto equilibrio siano stati fatti.
Oggi assistiamo a tante storie di successo da parte di imprenditrici, che hanno saputo fare del proprio essere donna un punto a proprio vantaggio.
Ritengo che il valore e la competenza siano alla base di tutto. Così come anche determinate caratteristiche interpersonali quali la voglia di emergere in mercati a forte prevalenza maschile.
In aggiunta a ciò, stiamo assistendo ad una vera e propria esplosione di interi settori, particolarmente adatti al fiore di un solido tessuto imprenditoriale femminile. Pensiamo ad esempio al mio campo, quello della comunicazione, dove molte tra le figure di riferimento sono proprio donne.”
Francesca nel tuo percorso di affermazione professionale hai mai trovato difficoltà o diffidenze per il solo fatto di essere donna? E come hai superato questi ostacoli?
“È innegabile che una donna si trovi a dover affrontare ostacoli ulteriori rispetto a un uomo. Lo dimostrano la minor quantità di rappresentanza in materia di imprenditoria, politica e management al femminile.
Anche io, come tutte le imprenditrici, ho dovuto affrontare casi di diffidenza e ostacoli di varia natura legati al mio essere donna.
La ricetta per superarli è stata lavorare più a lungo e duramente degli altri, dimostrando sul campo il valore reale e concreto del mio operato.
Penso fermamente che, oggi più che mai, siamo chiamati a fare una riflessione seria e pragmatica sul cosiddetto gender gap. Rimuovere gli ostacoli aggiuntivi che un’imprenditrice si trova ad affrontare, per il solo essere donna, è un’operazione di buonsenso a vantaggio di tutti.
Sempre più donne stanno dimostrando la propria abilità nel fare impresa, creando circuiti virtuosi che portano regolarmente sui mercati innovazione, talento e visione.
Un consiglio che mi sento di dare è credere sempre in sé stesse, essere determinate e dimostrare – risultati alla mano – il valore delle proprie idee e dei propri progetti.“
La rivista Luxury di cui sei direttrice, ma più in generale nell’informazione che gestisci, ti poni l’obiettivo di proporre ai lettori, una cultura d’informazione di qualità.
Cosa ne pensi del fenomeno delle fake news e del fatto che oggi basti un click per rendere tutto più credibile?
“Il giornalismo sta affrontando una crisi senza precedenti. L’innovazione tecnologica, applicata al mondo dell’informazione, ha letteralmente sconvolto il panorama dei media.
I social network hanno dato vita a una velocità mai vista prima nel flusso delle notizie, e questo rende sempre più difficile distinguere il vero dal falso.
La grande sfida del giornalismo del futuro, che cerchiamo di portare avanti con tutta la redazione di Luxury, sarà puntare su un approccio ragionato, riflessivo e analitico.
Per contrastare il dilagare delle fake news è necessario riportare qualità nel mondo dei media.
Spesso si ha la tendenza, o piuttosto si è obbligati da dinamiche estremamente frenetiche, a voler arrivare primi a tutti i costi sulla notizia, anche a costo di rischiare imprecisioni e la diffusione di notizie non verificate.
Indicatori di gradimento come click, visualizzazioni e like sono infatti un’arma a doppio taglio.
Se da un lato consentono di tracciare il sentiment dei lettori e anche portare avanti progetti ambiziosi, dall’altro rischiano di diventare uno stimolo a creare prodotti editoriali votati al clickbait.
Le fake news sono qui per restare, e temo che il problema non potrà che aggravarsi in un futuro meno remoto di quanto pensiamo.
Un esempio?
Gli ormai celeberrimi deepfake, riproduzioni fedelissime dell’immagine umana basate sull’intelligenza artificiale e in grado di replicare – in tutto e per tutto – espressioni, voce e movenze di qualsiasi persone ne cada vittima.
È quindi ovvio che, quando il confine tra notizie e fake news diventa sempre più labile, occorre cambiare prospettiva. Da un lato è necessaria una maggiore sinergia tra fornitori di storie e mass media, dall’altro occorre riscoprire le basi del giornalismo vecchia scuola.
Maggiore riflessione, controllo delle fonti e autorevolezza incentrata sulla capacità di fornire ai lettori notizie interessanti ma anche accuratamente selezionate.”
In Italia sei tra i più importanti punti di riferimento nel settore delle pubbliche relazioni, autrice del libro “I 10 comandamenti delle Pr”.
Quali sono i valori principali che servono per fare questo mestiere ad alti livelli?
“Le pubbliche relazioni sono una professione particolarmente delicata, perché si diventa a tutti gli effetti portavoce delle aziende rappresentate sui media.
I tanti errori commessi dai brand nel comunicarsi dimostrano che la comunicazione, ancora molto sottovalutata, gioca invece un ruolo cruciale nel far emergere i propri valori ad un pubblico più ampio.
Per fare PR ad alti livelli sono necessarie hard skills e soft skills non sempre facili da individuare.
Nella prima categoria inserirei la capacità di scrivere correttamente, una profonda conoscenza del panorama mediatico e una lista di contatti giornalistici già in essere.
Nella seconda, decisamente dai contorni più sfumati, ma a mio modo di vedere assolutamente primaria, rientrano qualità fondamentali come : la curiosità, l’abilità di rendere notiziabile qualsiasi aspetto aziendale e una profonda empatia nel relazionarsi ai tanti interlocutori con i quali si è chiamati a interfacciarsi.
Un bravo specialista in public relations, è colui che abbina a spiccate doti comunicative una costante attività di ricerca nel trovare l’angolo notiziabile più adatto e sapendo a chi proporlo.“
Uno dei “comandamenti” presenti nel tuo libro è Creare un Brand, come deve essere un Brand per avere successo?
“Dal punto di vista strettamente commerciale, un brand deve rispondere alle caratteristiche della concorrenzialità e dell’innovazione costante. Da un punto di vista mediatico, invece, il panorama cambia notevolmente.
Date per scontate le qualità di cui sopra, il successo mediatico di un brand dipende da una serie di valori differenti. Nelle PR entrano in gioco elementi come la persuasione, che viaggia attraverso il potere d’influenza della stampa.
Per un brand, significa riuscire a coniugare il proprio operato interno con elementi di oggettiva importanza, che vengano avvertiti come tali dalla comunità e dai media, ma anche intercettare dinamiche sociali in cui inserirsi.
L’obiettivo delle pubbliche relazioni è sempre comunicare all’esterno in modo adeguato e preciso.
Per questo uno dei consigli che amo dare è: fatevi amare per la vostra storia, e il resto verrà da sé.
Per raggiungere il successo mediatico, un brand deve essere: coerente con ciò che dichiara, altamente notiziabile e in grado di sfruttare al meglio (nel senso migliore del termine) i megatrend cavalcati dai media.
La somma di queste caratteristiche consente a un brand di imporsi come punto di riferimento nel proprio settore, garantendosi così magnetismo e una visibilità che, se ben utilizzata, è possibile convertire positivamente anche a livello commerciale.”