E’ stato presentato il 26 aprile presso l’Istituto di cultura e lingua russa di Roma, il libro Fra il rurale e l’urbano. Paesaggio e cultura popolare a Pietroburgo, 1830 -1917 del giovane professore Emilio Mari. Alla presentazione erano presenti la prof.ssa Michaela Bohming, docente di Lingua e letteratura russa presso L’Orientale di Napoli e il Carlo Fredduzzi, direttore dell’Istituto.
Il libro, a cui Emilio Mari ha lavorato per 4 anni, indaga il passaggio della massa contadina dall’ ambiente rurale a quello urbano, sviscerandone i motivi e analizzandone i cambiamenti, specialmente dal punto di vista del folklore e delle tradizioni popolari. Come indicato dalla prof.ssa Bohming nella sua introduzione, la cornice in cui si muove l’analisi del prof. Mari è quella della seconda metà dell’ ‘800, caratterizzata da un intenso sforzo da parte degli intellettuali di acculturazione della massa contadina, molto reticente ad ascoltare le proposte degli intellettuali perché non rispondenti ai loro bisogni più immediati. Il lavoro del prof. Mari parte dalla fase cruciale dell’industrializzazione che in Russia è avvenuta in ritardo rispetto ai paesi occidentali e che ha segnato un momento fondamentale di cambiamento e sviluppo del paese. In questa fase, le masse contadine si spostarono in città per lavoro, iniziando purtroppo a vivere anche in condizioni miserevoli. Il lavoro del prof. Emilio Mari si è concentrato proprio sugli spazi che si sono creati tra la campagna e la città (e nella città stessa) a seguito di questo spostamento della popolazione contadina, interrogandosi inoltre sui mutamenti che hanno subito le tradizioni popolari in questo passaggio così determinante per la società russa.
La nascente periferia della Pietroburgo industriale è al centro dell’analisi di Emilio Mari che ha cercato di studiare la trasformazione del pensiero popolare in seguito ad una serie di processi culturali e sociali. La scelta è stata quella di concentrarsi sulla vita quotidiana delle masse e su alcuni fenomeni che hanno attirato la sua curiosità come ad esempio la nascita del tempo libero. I contadini inurbati infatti, ormai salariati, una volta terminata la giornata lavorativa, si ritrovarono, per la prima volta, con molto più tempo a disposizione rispetto al passato. Su questa novità iniziarono a lavorare gli intellettuali del tempo che si adoperarono per cercare loro un’alternativa costruttiva. Il momento di svolta sociale, affrontato nel libro Fra il rurale e l’urbano, è stato il 1861, anno in cui ebbe fine la servitù della gleba e che diede impulso ad una forte urbanizzazione che liberò i contadini dal loro legame con la terra. I contadini iniziarono a lavorare in modo stagionale, entrando per la prima volta a contatto con la cultura urbana. Intorno alla seconda metà dell’800 con questo movimento di massa, anche il folklore iniziò a mostrare i primi mutamenti: i contadini restavano 6 mesi in città e avevano una disponibilità economica che permetteva di modificare le vecchie abitudini di vita; un esempio lampante di questo mutamento è stato ad esempio l’abbigliamento.
Nel suo libro, Emilio Mari è andato alla ricerca dei generi espressivi tipici di questa nuova cultura popolare, e ha analizzato forme come lo stornello (Äastuška), una espressione tipica di questa nuova cultura, cioè della cultura fra il rurale e l’urbano, ossia la cultura dei sobborghi. Tra le altre nuove espressioni, Emilio Mari ha indagato anche il lubok, una tipica stampa popolare russa che fungeva da giornale popolare e che era caratterizzato da un’ampia parte iconografica che raccontava fatti di vita quotidiana; i contadini le appendevano alle isbe come una sorta di poster. Con l’alfabetizzazione anche il lubok iniziò a trasformarsi, e l’elemento visivo cominciò sempre più spesso a cedere il posto alla parte testuale. Questo quindi, diventò un modo attraverso cui le masse cominciarono ad esprimersi, non più oralmente quindi, ma sempre più attraverso la forma scritta.
Nella seconda parte del libro Fra il rurale e l’urbano, il prof. Emilio Mari, si è concentrato invece sull’istruzione popolare ossia su tutte le misure intraprese da alcune classi sociali per favorire lo sviluppo del paese anche attraverso l’istruzione delle masse, al fine anche di arginare il problema gravissimo dell’alcolismo, molto diffuso tra gli operai. Una di queste misure fu la realizzazione della casa del popolo, una struttura concepita per essere il riferimento culturale delle masse nella zona periferica del paese. In questo luogo di aggregazione, il popolo poteva fruire non solo di servizi, come ad esempio refettori gratuiti, e l’istruzione primaria e secondaria, ma anche di momenti di puro svago culturale come ad esempio il teatro. L’arte infatti fu un forte elemento di aggregazione che col tempo non si limitò solo ad essere fruita da parte della masse, ma anche ad essere realizzata dalle stesse.
articolo presente in www.sguardoadest.it