Imboccando l’Ofantina, ad una ventina chilometri da Avellino, passando su ponti sospesi tra i monti, paesaggi innevati e tanta fitta natura, ci si trova a Volturara Irpina, piccolo paesino di quattromila anime in una conca alle falde del Monte Terminio. Non solo natura ma anche … la leggenda del dragone…
Sono le 18.00 circa. D’inverno le giornate sono molto corte e la notte è già scesa a Volturara Irpina portando secum un freddo pungente, quella tipologia di gelo che ti entra in ogni strato di pelle lasciato sprovvisto di copertura. Abbandono l’Ofantina, la strada principale che collega Avellino ai paesi dell’alta Irpinia, subito dopo un lungo ponte sospeso nel vuoto tra due monti ed una cava c’è lo svincolo per la “terra degli avvoltoi”, probabile toponimo del paese. Vultur, latino per avvoltoio con il suffisso -aria per indicare il collettivo. Questa sera sono ospite del Mc Many Scottish Pub, uno splendido locale allestito al primo piano di un piccolo palazzo a due piani, dal sapore tipicamente scozzese ma soprattutto caratterizzato da un’intimità che mi lascia piacevolmente sorpreso. Birre ottime, cucina di Nino eccellente, location curata nei minimi dettagli e overdose di cortesia e gentilezza. Parlo del paese con alcuni ragazzi e mi lascio incuriosire dalla leggenda della Bocca del Dragone strettamente connessa alla Piana del Dragone, impreziosita da un lago carsico e circondata e chiusa in ogni sua parte dai monti Costa, Cerreto, Chiaine, Foresta, Valle dei Lupi e Carcara D’Alessio. Essendo completamente chiusa, la Piana drena le sue acque, sia quelle piovane che quelle causate dallo scioglimento dei ghiacciai, appunto in quella frattura carsica denominata Bocca del Dragone. Questo inghiottitoio non è in grado di assorbire tutte le acque che arrivano nel bacino, ragion per cui, su 1800 ettari di estensione della Piana, 300 vengono occupati dalle acque meteoriche che danno vita a un vero e proprio lago. Per arrivare al lago carsico attenti a dove si mettono i piedi! Ci sono mille ettari a disposizione di pascoli: è molto facile ritrovarsi letteralmente incastrati in escrementi sostanziosi di tori, mucche, cavalli. Seguendo il canale di scolo si può capire la struttura fascista dell’impianto: attraverso una caverna naturale apertasi con il terremoto del 1456, le acque che dai ghiacci montani scendono a valle confluiscono in un torrente sotterraneo di notevole vastità che alimenta i pozzi di Cassano, di Serino e di Baiardo di Montemarano. Le bocche del dragone risalgono ad una leggenda che si rifà al popolo dei Visigoti secondo cui fu rinchiuso un grosso drago da un solo occhio e tre teste (un misto tra Polifemo e Cerbero) in una grotta, con il compito di fare la guardia e custodire un importante tesoro di pietre preziose e lingotti d’oro e d’argento. Ma questo dragone ogni giorno mangiava animali, uomini e chiunque passasse nel suo territorio. Ogni leggenda che si rispetti ha però sempre il suo eroe: ed anche in questo caso si narra del principe Gesio che affrontò il drago e gli infilò la spada nell’occhio arrivando di lì fino al cuore. Il drago morendo e sprofondando nella terra lasciò tre solchi scavati dalle sue tre teste. Ancora oggi, avvicinandosi a queste tre voragini, chiamate appunto Bocche del Dragone, si dice che si può sentire il sangue del dragone che scorre come un torrente in piena. Dominata dall’alto dal Castello che sembra quasi richiamare a sé come il Santuario di San Salvatore a Montella (vedi FioreVagabondo a Montella), Volturara Irpina rappresentò per gli antichi Romani un punto strategico perché attraversata da due assi viari importanti, la Nocerina e la Melfi: in questo modo erano facilmente sorvegliabili le truppe cartaginesi in marcia lungo la “Sabae Maioris” che collegava l’alta valle del Sabato a quella del Calore e dell’Ofanto. La nascita di Volturara, come vero e proprio centro, risalgono al 200 a.C, quando Sabazia, citta’ degli Irpini, venne distrutta dai Romani. Il Senato ordino’ la dispersione degli abitanti, che costruirono villaggi sparsi nel territorio. Al tempo della seconda guerra punica, Annibale, il condottiero africano, attraversò il territorio con il suo esercito per fare ritorno in Puglia e imbarcarsi per l’Africa. In un documento angioino del 1272, é descritto il tragitto che Annibale compì. E’ ancora possibile vedere parte di quella strada in particolare quella che sale verso il monte Terminio. Dopo essere stato possesso di Guglielmo di Tivilla, signore di Nusco (paese rientrante nel club dei Borghi più belli d’Italia), il paese è stato per tutto il periodo normanno-svevo legato anche a Montella. Volturara cominciò a prendere vita con la famiglia Della Marra che ricevette il feudo da Carlo II d’Angiò e lo governò fino al 1530 quando per posizione filofrancese fu tagliata fuori a vantaggio di un conte di Alife. Altre famiglie storiche e importanti che si avvicendarono nel governo cittadino frono i Carafa, i Masuccio, gli Strambone e i Berio fino al 1800 circa. Anche Volturara ha subito danni durante il fatidico terremoto del 1980: nonostante questo però alcuni palazzi gentilizi nel centro storico mantengono ancora le loro linee strutturali come Palazzo Marino e Palazzo Masucci adornati da tanti portali e fregi in pietra del Sette-Ottocento. Uno dei più bei portali è senza dubbio quello della ex Chiesa di San Sebastiano, interamente in pietra, oggi scuola materna. In onore delle grandi manovre del 1936 è possibile osservare nella zona del “Toppolo reale” una stele monolitica di pietra nera del Trentino. Come gi accennato, una visita la merita il Monte San Michele con il suo castello: già in epoca longobarda sorse il primo fortilizio e una cappella dedicata all’arcangelo. Il Castello vero e proprio fu costruito in epoca normanna e la Chiesa di San Michele risale invece al XVI secolo. Del Castello è possibile intuire ancora l’impianto originario, i rifacimenti apportati in epoca aragonese e le trasformazioni della famiglia Strambone che volle impostarla come dimora residenziale. Il giro dei monumenti continua con le chiese: la prima, la Parrocchiale di San Nicola a croce latina, tre navate ed una grande cupola risalente già al XVI secolo ma che in seguito a rifacimenti dell’Ottocento mantiene dell’impianto originario solo la torre campanaria a tre ordini del 1754. Vi è poi la Chiesa dell’Addolorata detta anche di Santa Maria della Pietà di cui si conservano come nella precedente e come nella Chiesa del Carmine e di San Francesco di Assisi e la Chiesa di San Michele, numerose statue lignee. Semi distrutte invece sono la Chiesa dell’Immacolata e quella del Cuore di Gesù. Patrono del paese è San Nicola di Bari che viene festeggiato la prima domenica di Agosto ed il 6 dicembre; c’è poi San Michele arcangelo ricordato l’8 maggio ed il 29 settembre; ed infine Sant’Antonio l’ultima domenica di luglio. L’economia del posto si fonda maggiormente sul pascolo e sull’allevamento di ovini e bovini con la conseguente ottima produzione di carne e prodotti caseari. L’agricoltura prevede per la maggior parte coltivazioni di cereali, ortaggi e foraggi. Fiorente anche l’industria boschiva e la produzione di una varietà di castagne chiamata “Palommina Rossa di Volturara”. Tutta da assaggiare la cucina dell’Agriturismo La Casa di Sebastiano, una vera e propria casa di montagna immersa nella valle, che invitandoti al calore di un camino ti delizia il palato con i piatti tipici di quest’area irpina, e con le rilevanze gastronomiche quali il provolone, le ricotte e i formaggi, sia pecorini che vaccini. Per dormire invece il consiglio è per l’Hotel Terminio, situato proprio nella piazza centrale ed in grado di offrire una splendida vista sul campanile.
Fioravante Conte