A sud ovest di Benevento, circondato da una corona di monti c’è un paese di sei frazioni, sedici contrade e ventotto nuclei: Sant’Agata dei Goti, una delle perle della Campania, tra tufo e mela annurca
Se non potete fare a meno della “mela al giorno” e volete assaggiare quelle migliori, annurca, della regione, Sant’Agata dei Goti vi aspetta. Anche i ristoranti si sono specializzati in piatti a base di mela. Questa città , nata su una rocca di tufo, era l’antica città sannita Saticula che conquistata poi da Quinto Fabio divenne colonia romana. Numerosi sono i reperti rinvenuti tra Sant’Agata e Presta, probabilmente l’antica Plistia alleata dei Romani. Ma il popolo che caratterizzò questa zona fu quello dei Goti che nel VI secolo diede vita a un’opera di pacificazione e di collaborazione con gli abitanti della zona. Il toponimo della città è legato proprio a loro: da una parte il culto di Sant’Agata e dall’altra la popolazione dei Goti. Dopo la dominazione longobarda e quella normanna, dal 1300 in poi, la città passa da famiglia in famiglia: Della Ratta, Acquaviva, Cosso, Carafa. I Borboni diedero al paese un’impronta manifatturiera facendo installare mulini e concerie di pelli. Dopo il 1861 e l’unificazione d’Italia Sant’Agata passò dalla provincia di Caserta a quella di Benevento e divenne meta e covo di briganti, in particolare del famoso Pazzagone. Le stradine, i cunicoli e gli anfratti erano perfetti nascondigli per i briganti. Quel che più affascina il visitatore è ovviamente il centro storico del paese molto particolare perchè sorge su una rocca di tufo, di cui è ricco tutto il sottosuolo. Un sottosuolo che nasconde un altro paese costituito da cunicoli e grotte che portano al castello. Oggi questi anfratti vengono utilizzati da parte di un’azienda vinicola per la stagionatura dei vini e vengono aperte al pubblico una sola volta all’anno. Tutto intorno distese verdeggianti di alberi e piccoli ruscelli che poi danno il nome alle frazioni di Sant’Agata. Probabilmente il paese presentava tre porte di ingresso di cui oggi rimane ben poco. Tipici invece sono gli slarghi che si aprono agli occhi del visitatore d’improvviso svoltando dalle piccole viuzze che si confondono continuamente tra di loro. La piazza principale è quella collegata al Castello di probabile fondazione normanna o ricostruzione a partire da una base longobarda. Al suo interno è interessantissimo l’affresco eseguito da Tommaso Giaquinto nel 1710, Diana e Atteone. Nella stessa piazza è possibile fare una visita alla chiesa di San Menna, a tre navate con tre absidi, che ospita, tra le altre cose, anche reperti dell’età romano-gota e longobarda. Tutto da osservare è il portale, particolare perché sorretto da due elefantini di gusto orientaleggiante sul quale si può leggere un’iscrizione sormontata da un fregio composto da un girale d’acanto che esce dalla bocca di due pesci. Scomparso è invece il campanile. Essendo passata di famiglia in famiglia la cittadella presenta numerosi palazzi nobiliari. Ma soprattutto presenta numerose chiese: dalla Chiesa di Sant’Angelo in Munculanis alla ex Chiesa del Carmine oggi sconsacrata ed adibita ad auditorium e a spazio espositivo; dalla Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli al Convento del Santissimo Redentore e all’ex convento di San Francesco fondato, secondo la tradizione nel 1222 da Francesco D’Assisi, di passaggio a Sant’Agata dei Goti nel suo viaggio attraverso il Sannio e l’Irpinia. Infine la Chiesa di San Francesco e il bellissimo Duomo di Sant’Agata la cui primissima fabbrica risale al X secolo. Le tre navate interne originarie presentano una concreta corrispondenza all’esterno con i tre portali. Infine da ricordare è la piccola grotta scavata nella collina di Castrone dedicata alla Madonna. Ma per sentire la tipicità del paese è fondamentale assistere ai festeggiamenti delle tradizioni folcloristiche di Sant’Agata che erano molto più numerose di quelle rimaste: sono scomparse infatti feste come la rappresentazione dei “Mesi” e del “Cavalier turchino”. Tendono invece a farsi conoscere la Festa della Madonna del Santuario di Palmentata del 21 giugno e la Festa di Sant’Anna e san Tommaso. Caratteristiche di tutta la zona, come abbiamo già visto nel servizio precedente su Cusano Mutri, le “infiorate” che si svolgono il giorno del Corpus Domini. Esse sono caratterizzate da macchine speciali drappeggiate a forma di altari, sistemate su di un tappeto odoroso di petali di fiori disposti lungo la strada a formare disegni variopinti. Per quanto riguarda la vita notturna, Sant’Agata dei Goti è davvero tutta da vivere soprattutto per il suo centro storico che fino alle 3 di notte pullula di ragazzi di tutte le età che ne approfittano per stare insieme e bere qualcosa. E poi gli scorci paesaggistici sono davvero raffinati. Un consiglio: una bella mangiata all’Antro di Alarico, un ristorante non molto caro a ridosso del Duomo. L’ambiente è essenziale in due sale: la cucina è a metà strada fra tradizione e fantasia. Il vino è una delizia anche perché a Sant’Agata c’è un’importante produzione di vino. Ma da provare assolutamente sono le pizzelle e frittelle di mele di Lella, la proprietaria del ristorante, che davvero rappresentano uno dei più originali antipasti in circolazione. Ottimi anche i fagottini di pasta frolla, nocciole tritate e miele. Ma l’Antro è famoso soprattutto per la lepre con le castagne, i misti di carne alla brace e la tagliata di vitello con porcini. Per i primi, invece, il primato spetta alla pasta a mano, con tartufo o alle erbe di campo. L’ultima passeggiata per il centro storico, uno sguardo al paesaggio incantato e incastonato nel tufo, e via, alla scoperta di altri borghi.
Fioravante Conte