A 350 metri sul livello del mare, come una elegante terrazza sospesa sulle nuvole,  sorge una delle località più amate della costiera amalfitana: Ravello
“Ravello è una cittadina dallo stile arabo-siculo, che piacque tanto agli scenaristi di un tempo e che dominò alla Scala. È tra i monti affacciati al mare, altra oasi stupenda. (…) Si sa che Wagner trasse qui ispirazione per il Parsifal: nel giardino di Palazzo Rufolo, dove piante esotiche, fiori, tronchi rivestiti d’edera e la vista del golfo si compongono con gli avanzi di cupe costruzioni feudali e claustrali, egli vide tradotto nel vero il giardino incantato di Klingsor. (…) Sedusse Wagner perché ha un paesaggio misto, tra i più compositi d’Italia. Un certo fondo di magìa si unisce alla rusticità montanara; dalle stesse terrazze, si contemplano le acque mitologiche del Tirreno, e insieme la catena dei monti Lattari, che ricordano i monti severi dei laghi lombardi. Vi fu chi mi disse che i due giardini di Ravello, a Villa Rufolo e al Cimbrone, sono i giardini più straordinari del mondo insieme con quelli di Charleston nella Carolina del Sud”. Parla così di Ravello lo scrittore Guido Piovene nel suo “Viaggio in Italia”, all’inizio degli anni Sessanta. Ed oggi come allora la splendida località della costiera amalfitana è una creatura divina che incanta chiunque si rechi anche un solo minuto a contemplarla. Il suo è un turismo elegante, raffinato ed elitario anche per i costi esosi di ogni singola azione del quotidiano: dal difficile e caro parcheggio ad un semplice gelato in piazza. La caratteristica del paese si mantiene tutta in quell’aspetto medievale costituito da vicoli stretti e contorti che lasciano il passo ai lati a ville incantevoli, a chiese dai tesori in mosaico, a splendidi giardini a strapiombo sul mare. Ancora incerte le origini di Ravello che probabilmente, come testimonia un antico documento amalfitano, deriverebbe da una fondazione romana del VI secolo: probabilmente il primo insediamento sorse sulla collina “Torello” fondato da alcuni abitanti romani che, oppressi dall’invasione barbarica, si stabilirono in vari centri della costa. Le notizie più certe si rifanno ovviamente all’ascesa della repubblica marinara di Amalfi a cui Ravello come tutti gli altri centri della costa si strinse intorno al IX secolo. Ravello non accettò la supremazia di Amalfi e così tentò di staccarsi politicamente ed economicamente nell’XI secolo: risale a quel periodo la costruzione di mura e la scelta da parte dei nobili del borgo, corsi in massa a costruire le proprie sontuose dimore arroccate sul mare, di un proprio Duca/Doge. E probabilmente è da questa volontà di ribellione che sorse il termine Ravello: “Rebello” prima da Rivello e Raviello, termine che a sua volta risulta riconducibile a Rivellus, rivolo, diminutivo del latino Rivus. Altro studio invece vuole l’etimologia del nome legata ad una radice indoeuropea grav-rav con il significato di dirupo scosceso, su cui appunto il comune è costruito. Intorno al 1100 comincia il declino della repubblica di Amalfi che passa sotto il dominio normanno. La popolazione del borgo da questo momento in poi comincerà a diminuire sempre più: negli anni più floridi, tra il XII ed il XIII secolo erano circa 36.000 gli abitanti tra cui molti patrizi influenti presso la corte normanna, sveva, angioina ed infine aragonese. La caduta di Amalfi prima, la peste del 600 poi furono le cause che portarono alla decimazione della popolazione.
Il cuore del borgo è costituito da Piazza Vescovado. È qui che si affaccia il Duomo dedicato a San Pantaleone, la cui prima struttura risale al 1086 quando grazie al pontefice Vittore III la Diocesi di Ravello si staccò da quella di Amalfi. Probabilmente originariamente esso era preceduto da un pronao o vestibolo sostenuto da colonne in granito grigio e rosa che ancora oggi sono visibili. Di quella struttura originaria andata distrutta nel 1786 rimane la bifora sovrastante l’ingresso centrale. L’elemento caratterizzante la facciata del Duomo è la porta in bronzo, opera di Barisano da Trani e dono di un ricco mercante ravellese. Gli stampi già incisi saranno utilizzati dallo stesso artista successivamente nelle cattedrali di Trani e Monreale. La porta si caratterizza per la tecnica adoperata: non più l’agemina ma la fusione del metallo all’interno degli stampi. Questa innovazione ha permesso di utilizzare nelle 54 formelle che compongono la porta la stessa immagine in maniera speculare ma su battenti opposti: si tratta di raffigurazioni dei principali misteri della Vita, della Morte e della Resurrezione del Signore, oltre a saettatori, leoni, grifoni ed altre immagine tipiche dell’iconografia religiosa. Per quanto riguarda l’interno della Chiesa invece, essa ha subito numerose trasformazioni nel corso dei secoli: il solo dato sicuro è che oggi si è ritornato in parte all’aspetto semplice della fabbrica altomedievale scoperta durante la campagna di restauri del 1973-74. Oggi la chiesa appare di tipo basilicale, strutturandosi in tre navate divise da otto coppie di colonne e con un transetto sopraelevato in cui si aprono le tre absidi in asse con le navate. Splendidi sono i due amboni: quello di sinistra è l’unico esemplare superstite in marmo di tutto il Meridione e presenta raffigurazioni proprie del mondo bizantino. Campeggiano infatti tessere musive in marmo ed in vetro che si accostano per raffigurare in due episodi la Storia del profeta Giona con una serie di decorazioni zoomorfe che l’arricchiscono. Nel pulpito a destra della navata invece, commissionata dai Rufolo, compaiono tre coppie di leoni stilofori dalle fauci digrignate su cui poggiano colonne decorate a mosaico terminanti in leggeri capitelli su cui posa poi l’ambone vero e proprio. Le differenze tra i due pulpiti sono evidenti: molto più tardo questo secondo che predilige un realismo più naturale per il bestiario di origine classica. La cappella di San Pantaleone sorge a sinistra dell’altare maggiore e custodisce la reliquia del sangue del santo martirizzato intorno al 305, sotto l’imperatore Massimiano. Dal 1984 è stato aperto nel Duomo il Museo allestito in un ambiente molto suggestivo e che contiene pezzi erratici di opere distrutte o smembrate: in esso sono custodite tra le altre cose, la cosiddetta testa di Sigilgaita Rufolo, eccellente plastica i tradizione classica campana.  Sul lato destro del Duomo tutto da ammirare è il campanile duecentesco, aperto da alte bifore decorate dai caratteristici archetti e intrecci.
Da considerare una visita a palazzi, chiese, ville e fortificazioni di cui Ravello risplende. Bernardo da Chiaravalle già nel 1137 definiva la città come “città antichissima, munitissima ed inespugnabile, tanto bella che si può facilmente annoverare tra le prime e nobili città del regno di Napoli”. Partendo da via San Giovanni del Toro, deliziosa stradina arricchita da giardini e belvedere, si comincia con Palazzo Confalone impreziosito da uno splendido cortile ad archi acuti su colonne: oggi è stato trasformato in atrio di un albergo. Si continua con Palazzo Tolla (oggi sede del Municipio) e Palazzo d’Afflitto dal portale settecentesco, trasformato anch’esso in albergo. Di fronte a questo palazzo si erge la Chiesa di San Giovanni del Toro con pianta basilicale a tre navate ed un campanile di spiccata influenza arabo-sicula. Anche qui come nella cattedrale è presente l’immagine simbolica di Giona con la balena (sul parapetto della scala). Dirigendosi a nord dell’abitato si arriva in piazza Fontana su cui si affacciano le celle dell’Ex convento degli Agostiniani e la vecchia Chiesa diventata oggi Sacrario dei Caduti. Poco oltre la piazza vi è ciò che rimane del Monastero benedettino di San Trifone (San Martino dal XVIII secolo). Nella strada parallela a San Giovanni del Toro sorge poi la Chiesa di Santa Maria a Gradillo, risalente al XII secolo e strutturata in tre navate con un campanile degno erede di quello salernitano per il decoro a tarsia. Continuando per la parte meridionale si arriva alla Chiesa di San Francesco il cui atrio su due colonne antiche ingloba la strada e si trasforma in un sottoportico pubblico. Splendido è il piccolo chiostro rivestito da decori settecenteschi ed adibito molto spesso a luogo di mostre. Continuando a salire si arriva alla Chiesa di Santa Chiara, risalente alla seconda metà del Duecento ed impreziosita da uno splendido pavimento maiolicato settecentesco. Infine, per concludere in bellezza, le due famosissime ville: Villa Rufolo e Villa Cimbrone, perle architettoniche dagli incredibili belvedere conosciute in tutto il mondo.
Villa Rufolo risale probabilmente al 1270/1280, anni in cui i Rufolo erano all’apice della loro fortuna quali mercanti e banchieri di Carlo d’Angiò. Anche Boccaccio sembra nominare nella seconda giornata del suo Decameron la famiglia Rufolo in “Landolfo Ruffolo” conosciuto durante il suo giovanile apprendistato mercantile a Napoli. Strano connubio tra residenza di piacere e dimora fortificata, la villa, dopo i Rufolo passò nella mani di vari signori fino al botanico ed esperto d’arte sir Francis Neville Reid, vero artefice insieme a Luigi Cicalese del mirabile giardino che ispirò Wagner nella creazione dell’immagine e della perfetta atmosfera del giardino di Klingsor nel suo Parsifal. “Questo è il giardino di Klingsor” disse Wagner il 26 maggio del 1880: da quel momento in poi, anno dopo anno, la villa, il Duomo e l’intera città di Ravello rendono omaggio ed onore a Wagner con il Festival di Musica Wagneriana di Giugno all’interno del più completo Festival Musicale di Ravello, grazie al quale città diviene sede e meta del jet set internazionale. Quando poi il tempo atmosferico fa i capricci, ecco il nuovissimo ed unico in tutto il sud Italia, Auditorium Oscar Niemeyer. Dotato delle migliori tecnologie presenti sul mercato e di un’acustica eccellente l’Auditorium si affaccia con un lato sul mare regalando agli ospiti una veduta mozzafiato. Parlando con un anziano del posto e lamentandomi del danno al paesaggio della struttura, ho ricevuto una risposta ed una spiegazione adeguata: “lei pensi quante migliaia di euro non vadano perse grazie a questa struttura” ha spiegato il Signor Francesco “è capitato molte volte che a causa della pioggia i grandi gruppi sinfonici, le grandi orchestre di fama internazionale, non abbiano suonato arrecando così un danno non solo per la città ma soprattutto per le tasche di noi cittadini. Le orchestre comunque dovevano essere pagate!”. Per quanto riguarda Villa Cimbrone invece, essa sorge nella parte più meridionale e più panoramica della città : costruita tra il 1904 ed il 1930 tenta di ricopiare nelle forme e nella struttura la più antica Villa Rufolo. Nell’edificio, nelle due torri, nella cripta e nel chiostro è evidente questa copia: meritano una visita i due altorilievi in pietra nera, marmo e pietre dure, nel chiostrino nei pressi dell’ingresso raffiguranti i Nove guerrieri normanni l’una ed i Sette vizi capitali l’altra. Una visita alla sala da tè con la facciata a imitazione della Cappella dei Pazzi di Firenze ed alle copie del David di Donatello e del Verrocchio nel giardino. Una sosta più lunga poi la merita nella sua unicità la cosiddetta terrazza dell’infinito che in condizioni climatiche serene e limpide offre un paesaggio davvero “infinito”. Per la bellezza della sua struttura, Villa Cimbrone è stata adoperata per alcune scene di Sissi. Destino di una Imperatrice film di Ernst Marischka del 1957.
Per chi abbia l’intenzione di fermarsi a Ravello per più giorni sono molte le residenze alberghiere che conciliano la straordinarietà e bellezza delle strutture anche ottime sale ristoranti: Caruso, Palazzo Sasso, Villa Cimbrone, Palumbo, Rufolo, Villa Maria, Graal sono alcune di queste. Ottimo il ristorante Rossellinis in via San Giovanni del Toro, all’interno dell’Hotel Palazzo Sasso, in cui potrete mangiare degli ottimi ravioli di totano gigante ripieni di granchio e zucchine accompagnati da nocciole ed un cremino di patate. In primavera lo chef consiglia l’agnello in crosta di verdure con patate soufflé e gel di lavanda. Ottimo ed economico anche il ristorante Figli di papà in via della Marra. Esperienza unica poi da Mamma Agata. Che cosa è? Andate in Piazza Santa Cosma… non ve ne pentirete.
Fioravante Conte