A Prata di Principato Ultra per la Festa dell’Annunziata. Tra tradizioni popolari, volo dell’Angelo e la serata finale con Simone Cristicchi e l’Orchestra Popolare dell’Irpinia
Dalle stradine del borgo medioevale si sente lo scrosciare dell’acqua del fiume Sabato, al di sotto della collina su cui si erge questo abitato di tremila anime: Prata, che dopo l’Unità d’Italia aggiunse il nome della giurisdizione a cui apparteneva, Principato Ultra appunto.
È lunedì sera, giorno conclusivo della festa dell’Annunziata, conosciuta nel territorio irpino soprattutto per la cerimonia antichissima del Volo dell’Angelo che si tiene ogni anno nel piazzale antistante il complesso basilicale dell’Annunziata (differente dall’esperienza che si può fare nel cuore della Basilicata, tra Castelmezzano e Pietrapertosa http://www.volodellangelo.com/). Soffia un leggero vento di ponente a differenza del bel sole di domenica mattina quando tanti fedeli, curiosi e visitatori hanno affollato questo luogo, testimonianza delle prime comunità cristiane che risiedettero in Irpinia. Uno splendido sole primaverile illuminava la semplice facciata in mattoni della Basilica, in un colpo d’occhio unico spezzato solo da due antiche colonne dal capitello corinzio, una trifora inquadrata in un arco e le finestre curve del campanile. E proprio dal campanile sono scese, legate ad un cavo, le due bambine vestite da angelo, volando sulla folla che salutava la statua della Vergine. Da qui poi l’immagine della Madonna è stata portata in processione, in un rituale antico che si ripete anno dopo anno.
La particolarità della Basilica dell’Annunziata è nell’interno, ad una unica navata voltata a botte in cui è stato ritrovato un vero e proprio complesso catacombale, forse scavato utilizzando le strutture dell’ipogeo gentilizio di una villa romana. È stato identificato con la catacomba di Abellinum, centro del cristianesimo primitivo e sede della cattedra vescovile prima che questa si trasferisse ad Atripalda e poi nel Duomo di Avellino.
Il borgo medioevale di Prata presenta tutti gli elementi tipici, visti e rivisti nelle tante visite per i paesini dell’Irpinia: i marmi epigrafati, gli archi, i vicoli e le strettoie, le terrazze balconate sulla valle, il castello, il palazzo baronale, i massicci portali, gli scaloni e le “scalinatelleâ€, gli stemmi signorili, la torre civica con l’orologio, le decorazioni a stucco e le nicchie ovali per le tante chiese del nostro belpaese. A Prata oltre alla Basilica dell’Annunziata vi è la Parrocchiale di San Giacomo, l’Oratorio dell’Immacolata e la Chiesa di San Giuseppe. Valore aggiunto: gli splendidi resti di un acquedotto romano rinvenuti nella parte bassa, lungo la riva del fiume Sabato.
Nocciole, Castagne e vini sono il fiore all’occhiello di questa zona, soprattutto per il Greco di Tufo. E se fossi al Vinitaly di Verona, in qualità di visitatore, potrei paragonare la serata conclusiva con Simone Cristicchi proprio al fondo di una bottiglia di Greco di Tufo Docg. Mi hanno versato l’ultima goccia ed io non riesco ad assaporarne bene il gusto. A fine serata, infatti, dopo anche i fuochi pirotecnici, messomi in auto sulla via del ritorno, mi rimane ancora una gran voglia di ascoltarlo.
“Troppo breveâ€, penso tra me e me. E ne trovo conferma in quanti hanno avuto il piacere di ascoltare in questo ultimo giorno dei festeggiamenti per la Vergine, in Piazza Freda a Prata Principato Ultra, Simone Cristicchi e l’Orchestra Popolare dell’Irpinia. O forse meglio, l’Orchestra Popolare dell’Irpinia e Simone Cristicchi. Il cantautore romano è stato ospite per cinquanta minuti dell’organettista Agostino Tordiglione e la sua orchestra. Non riesco a parlargli nonostante avessi appuntamento a cena dopo il concerto e tra le mani una pletora di domande e curiosità da esternargli.
Mi ero presentato al suo ufficio stampa con una mail, tre fogli A4 di domande ed una richiesta per intervistarlo. Per i blog, i giornali, i canali di comunicazione che curo. Permesso accordato. Barbara Gimmelli della Dueffel Music mi lascia il numero di Toto Barbato e appuntamento nel post concerto, a cena.
Eccolo Toto Barbato: capelli lunghi, barba incolta, mi da l’impressione di un batterista rock dannato. O forse, un dannato batterista rock. Mi presento prima che cominci il concerto. Toto mi avverte fin da subito “Simone vuole parlare di musica†e nello stesso momento mi sovvengono le ultime parole della mail inviatami da Barbara “Mi raccomando: no alle domande sulla famiglia/fratelli e personaliâ€. Mi verrebbe subito da rispondere per la mia dannata impulsività ma “mi taccioâ€, come dice il buon vecchio presidente Napolitano.
Ovvio che intendo parlare di musica. La musica che ispira e trae ispirazione, che lascia pensare e che emoziona soprattutto quando parla semplicemente e poeticamente alla gente. In ugual misura quando si occupa di questioni antiche che ritornano attuali in quel percorso ciclico di storie che sempre ritornano. E Cristicchi lo sa fare molto bene attraverso i suoi pezzi. Amore, follia, allegria e tristezza, disoccupazione e precariato, emigrazione, morte e vita, in un gioco forsennato a rincorrersi di metafore variopinte e geniali. Attraverso storie personali ed eventi semplici. A fine concerto, Toto Barbato che doveva chiamarmi, scompare. Rimane solo una segreteria telefonica che mi manda inevitabilmente a quel paese.
Quel che resta sono cinquanta minuti di brillante spettacolo impreziosito dal sound tradizionale dell’Orchestra Popolare dell’Irpinia in una collaborazione già sperimentata in altre occasioni, come il capodanno di Montemiletto. Quattro sono i brani che il romano riprende dal nuovo lavoro “Album di famigliaâ€: le due canzoni presentate all’ultimo festival di Sanremo, “la prima volta che sono morto†e “mi manchiâ€, Cigarettes sul tema dell’emigrazione e I Matti de Roma. E poi c’è qualche pezzo più vecchio come la Filastrocca della Morlacca, Ti regalerò una rosa, Fabbricante di Canzoni, Volemo le bambole, Senza, Studentessa Universitaria. L’omaggio alla canzone napoletana con Era de Maggio, un omaggio a Jannacci e a tutti i grandi artisti italiani che non ci sono più come Lucio Battisti, Lucio Dalla, Sergio Endrigo, Franco Califano, Rino Gaetano, la versione “cristicchiana†dell’Italiano di Toto Cutugno. Un po’ di “ironettismo†(ironia/cabarettismo) sui tormentoni e le hit da dischi di platino dei suoi colleghi. E poi un bel dardo al mondo della musica legato al “famoso e subitoâ€, allo star system della musica, attraverso le parole di Giorgio Gaber “Ci sono due tipi di artisti: quelli che vogliono passare alla storia e quelli che si accontentano di passare alla cassaâ€. Una sorta di ritorno ad Euripide del “Si è schiavi del denaro o della sorteâ€.
Simone assieme all’Orchestra Popolare dell’Irpinia sembra divertirsi molto e le sue espressioni da personaggio fumettistico ne sono una prova palese. Canta, ride e balla sul palco avvolto in una giacca di velluto di color marrone su di una camicia a quadrettoni ed un pantalone stile contadino di Cezanne. Immancabili gli occhiali da Nerd e la folta masnada di ricci scomposti che un vento improvviso di ponente scompiglia, lasciando intravedere un accenno di chierica.
Il pubblico sembra apprezzare molto il linguaggio colloquiale del cantautore e soprattutto bambini e ragazzini che si divertono molto a giocare con le sue parole e ritmi. Sembra quasi fuoriuscire dai suoi movimenti l’invito guareschiano del “perché non provi a risvegliare il bambino che è in teâ€. Simone è un giovane che con costanza e tenacia ha abbracciato cause e temi importanti e li ha avvicinati dolcemente a tutti con il suo modo di vedere le cose, continuando a perseguire i propri ideali, provandoci e riuscendoci dopo tante porte sbarrategli sul viso dai “compratori di tormentoniâ€. C’è stato anche quello all’inizio, ma era solo uno scudo per proteggere la vera linfa delle sue note rese in questa serata di Prata ancora più suggestive dal legame con l’Irpinia attraverso i ritmi popolari di Agostino Tordiglione e la sua Orchestra.
Unico rammarico, il mio mancato incontro con lui.
Fioravante Conte