Non passa inosservato: all’uscita di Caianello, dopo pochi chilometri dall’imbocco della Telesina, ecco stagliarsi dalla sommità scendendo verso la valle, l’arroccato Pietravairano, antico borgo sannitico sul Volturno
Il centro storico è un paese fantasma. Gatti, cani e qualche raro vecchietto abitano i tantissimi ruderi che si ergono e si accavallano l’uno sul’altro fino alla sommità . Tutto è abbandonato a se stesso. Persino la parte alta dominata dal castello è aperta ed abbandonata, divorata dalle erbacce e dalla distruzione del tempo di vita ed atmosferico. Entro con tranquillità nella Cappelletta di Santa Croce completamente distrutta ma che ancora conserva un affresco sopra all’altare anche se il crocifisso è sparito ed i marmi distrutti. I resti del castello dominano sull’intera vallata, alle falde orientali del monte Caievola, su di uno sprone volto a sud-est scende come un anfiteatro a gradinate verso il basso, con stradine strette e tortuose arricchite solo ed esclusivamente da palazzi rurali, catapecchie ed alcuni edifici e palazzi antichi, probabilmente nobiliari (come testimoniano gli attacchi per i cavalli fuori i portoni all’interno di rombi maiolicati). Il tutto in stato tragico di abbandono. Solo qualcuno per affetto dei suoi proprietari è stato salvaguardato e rimesso a nuovo. Pietravairano è conosciuta fin dal XII secolo, soprattutto per la posizione strategica di sentinella, un vero e proprio accampamento arroccato in grado di sorvegliare gli assi viari. E probabilmente il nome originario è proprio Castrum Petrae da cui successivamente Petrae prope Vairanum perché appunto “vicino” alla località di Vairano Patenora. Significativi sono i rinvenimenti archeologici di età sannitica sui monti e di ville romane a valle, testimonianze di un passato importante. Ben presto il paese divenne feudo della famiglia prima dei Roccaromana, poi dei Marzano, duchi di Sessa, che diedero importanza alla località celebrando, nella prima metà del XV secolo, il matrimonio tra Maria, figlia di Giacomo Marzano, e il capitano di ventura Muzio Attendolo Sforza. Il dominio del feudo passò poi nelle mani dei Mormile e nel Settecento alla famiglia genovese dei Grimaldi che detennero il potere fino al 1805, anno in cui Giuseppe Bonaparte abolì la feudalità nel Regno di Napoli. L’agglomerato medievale era racchiuso da una cinta muraria arricchita da numerosi torri rotonde che iniziava e si concludeva con il Castello. All’interno sono ancora visibili una grande e robusta torre cilindrica, la piccola cappella dedicata alla Santa Croce e grandi cisterne sotterranee per raccogliere e conservare l’acqua piovana. In origine le porte di accesso alla cittadella erano tre per poi passare a sei con l’ingrandirsi del borgo: a Porta Sant’Andrea, Porta Vigna e Porta della Grotta si aggiunsero Porta Nova, Porta del Cauto e Porta San Sebastiano. Il paese oltre al Castello presenta alcuni edifici religiosi: la Chiesa di Sant’Eraclio e la Chiesa di Santa Maria della Vigna sono le due più importanti. La prima, elevata a Collegiata nel 1742, all’esterno si affaccia su Piazza Cesare Battisti e presenta un rivestimento in pietra calcarea, mentre all’interno è a navata unica con quattro cappelle laterali ed un altare in marmi policromi. È la Chiesa Madre di Pietravairano, dedicata appunto al protettore Sant’Eraclio, e rappresenta anche una delle parrocchie più antiche della Diocesi di Teano-Calvi come dimostra una antica pergamena in gotico beneventano. Risale al XIV secolo ed alla successiva ricostruzione dopo l’incendio del 1612, il complesso monumentale del Convento di Santa Maria della Vigna e la Chiesa a croce latina ed anch’essa ad una sola navata. Nella cripta originaria sono conservati interessanti affreschi tardogotici. L’origine del convento è legata ad una tradizione che risale al 1384, anno in cui fu scoperto in una vigna un affresco raffigurante la Beata Vergine Maria nell’atto di porgere un chicco di uva a Gesù bambino nel suo grembo. Il Convento, abitato dai Padri Domenicani, si aggiunse alla Chiesa in un tempo successivo e rimase sempre in bilico tra l’essere proprietà degli Ordini e della Istituzione ecclesiastica e del comune, Durante la seconda guerra mondiale il Convento divenne luogo di rifugio per la popolazione dai bombardamenti degli Angloamericani e dai saccheggi e la ferocia distruttiva dei tedeschi in ritirata nel 1943. L’economia del luogo si basa esclusivamente sull’agricoltura, in particolare sulla produzione di cereali, olive, uva e frutta. Obbligatoria la sosta a pranzo o cena alla Stalla della Caveja, un ristorante rinomato all’ingresso del paese in cui i sapori e le tradizioni della struttura si mescolano ad odori ed ambienti tipici della zona.
Fioravante Conte
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