Siamo nel territorio di confine tra la provincia di Napoli e quella di Avellino, ad Avella, una cittadina di circa settemila anime ma con un passato importante. Per le Giornate Europee del 25 e 26 settembre Avella apre al pubblico i suoi importanti resti romani: un’occasione per ammirare i pochi resti emersi in un territorio in cui il patrimonio culturale è stato sacrificato
Il Ministero per i beni e le attività culturali ha promosso per il 25 e 26 settembre prossimo le Giornate Europee del Patrimonio (GEP). Durante questi due giorni ci sarà la possibilità di entrare gratuitamente in musei, aree archeologiche, monumenti, archivi e biblioteche statali a cui verrà affiancata la realizzazione di numerosi eventi. Si tratta di due giornate dedicate interamente all’Italia, alla sua storia, alla sua cultura ed alla riscoperta del grande patrimonio italiano. Anche Avella darà il suo contributo ed aprirà al pubblico i resti dell’antica “Abella romana”: l’Area Archeologica dei Monumenti funerari con il suo Antiquarium e l ‘Area Archeologica dell’Anfiteatro. L’apertura di queste due aree è prevista solo per il 25 settembre dalle nove fino al tramonto. Sarà un’occasione importante per vedere da vicino e solcare quella terra, solcata dal fiume Clanio, abitata dagli antichi Romani ma purtroppo dimenticata dai politicanti contemporanei. Avella forma insieme ai comuni di Baiano, Sperone, Quadrelle, Sirignano e Mugnano del Cardinale il cosiddetto Mandamento.
Il centro più antico del paese corrisponde con la parte di origine osca, “Abella” appunto, termine derivante probabilmente dall’indoeuropeo “abel” dal significato di “mela”. Secondo il toponimo dunque si tratterebbe della città delle mele probabilmente per la ricca produzione di frutta di cui parla anche il grande scrittore latino Virgilio “Et quos salifera despestant moenia Abbella” (Eneide, v. 740). Esiste però anche un’altra teoria sul nome che lo vedrebbe discendere da “aprola”, ossia “città del cinghiale”animale raffigurato sullo stemma del comune. Terza ipotesi è quella che la farebbe derivare dalla parola “aella”, tempesta, in riferimento ai forti venti che soffiano da sempre su questa zona. Ricordo ancora, nei miei anni di liceo, passeggero quotidiano della Circumvesuviana che da Baiano mi portava a Nola, quando uscivo di casa ben coperto per il forte vento che cominciava a Baiano, continuava ad Avella e Roccarainola e smetteva di soffiare nel momento in cui il treno arrivava a Cicciano.
Il valore aggiunto nella storia della città di Avella è sempre stato il fiume Clanis, testimonianza profonda dell’antichità del paese e luogo di insediamenti già dalla preistoria. Lungo il suo corso si è svolta gran parte della vita storica della cittadina come ci è testimoniato dalle Grotte di San Michele e degli Sportiglioni, dai ritrovamenti di resti dell’acquedotto romano, dalle calcare e dalle vasche di lavorazione della canapa. Città osca all’origine, fu conquistata dagli Etruschi e poi dai Sanniti. Nel 399 a.C. la città passò sotto la protezione di Roma in qualità di “civitas foederata” mantenendo così inalterato il potere del senato che costituiva l’espressione dell’oligarchia fedele a Roma. E proprio alla metà del II se.a.C. risale il Cippus Abellanus, un grosso masso di arenaria, documento e testimonianza in lingua osca di un trattato tra Nola ed Avella sull’uso comune delle aree circostanti il tempio di Ercole (sulle cui fondamenta probabilmente fu costruito il castello in epoca longobarda) posto al confine ta le due città . Il Cippus, rinvenuto nel 1685, è conservato oggi presso il Seminario Vescovile di Nola e rappresenta un dei più importanti documenti epigrafici in lingua osca. La città di Abella divenne colonia romana e seguì le sorti di Roma anche per la sua fedeltà alla città eterna durante la guerra sociale del 91-89 a.C. Saccheggiata e distrutta dai Sanniti nell’87 a.C., cadde definitivamente nel 410 a.C. quando fu saccheggiata dai Visigoti e successivamente da Vandali ed Alari. Giunsero poi i Longobardi che munirono la città di fortificazioni e di un castello: oggi il Castello rappresenta l’immagine che contraddistingue Avella. Venendo da Nord e volendo arrivare ad Avellino, quel castello sulla collina non può non risaltare agli occhi e per la posizione splendida che occupa e perché memoria di antiche civiltà . Nell’884 fu saccheggiata dai Saraceni prima, seguirono nel 937 gli Ungari. La cittadina divenne un paese fantasma e la maggior parte dei cittadini si rifugiò sui monti attorno alla Grotta di San Michele in località Fusaro, dove scorre l’antico Clanis e meta oggi di scampagnate e pic-nic nonché di percorsi turistico-naturalistici e di trekking. Concessa in feudo al cavaliere Turoldo Mosca dopo la riconquista da parte dei conti normanni di Aversa, Avella andò progressivamente riqualificandosi, riconquistando quel ruolo di guida sui numerosi casali circostanti come lo era stato in passato. Si avvicendarono famiglie nobiliari tra cui i Jamvilla, i Durazzo, i Caracciolo, gli Orsini, i Colonna, gli Spinelli, i Cattaneo ed infine i Doria del Carretto.
Avella rappresenta un centro di grandissimo interesse storico archeologico: gli scavi effettuati lungo il corso superiore del fiume Clanio hanno riportato alla luce una vasta necropoli dell’età del Ferro risalente probabilmente ai secoli VII-VI a.C. contraddistinta da vasi a impasto nero e manufatti etruschi e greci. I resti di Abella attualmente conosciuti appartengono quasi interamente alla colonia romana installatasi dopo l’87 a.C. . L’impianto urbanistico era di forma ortogonale arrotondata con il decumano che oggi corrisponde a Corso Vittorio Emanuele. Delle mura esterne è sopravvissuto il tracciato della parte orientale che comprende anche l’anfiteatro del I sec. a.C. uno dei più grandi e antichi che esistano in Campania. La struttura realizzata in opus reticolatum come quella di Pompei, conserva il podio sul quale prendevano posto le autorità e i due “vomitoria” attraverso i quali gli spettatori affluivano alle gradinate. Nel centro cittadino ci si può imbattere in epigrafi e frammenti arcitettonici romani molto spesso inglobati in costruzioni moderne. Esempio all’ingresso sud di Avella, giungendo da Nola, c’è un cavalcavia su cui passa la linea della Circumvesuviana ed alla cui base si può vedere un frammento di un’entrata romana. In piazza Municipio sono murati undici lapidi e cippi marmorei; altri sono conservati nell’atrio del Palazzo Pescione mentre sulla facciata della Chiesa di San Pietro è collocato un magnifico rilievo marmoreo di età imperiale con ornamenti floreali proveniente dal monumento sepolcrale di Lucio Sitrio Modesto. In località Casale, lungo l’antica strada che portava a Nola, si trovano alcuni monumenti funerari romani di età imperiale che per il loro buono stato di conservazione costituiscono una delle più importanti testimonianze dell’architettura romana in Campania.
Il problema che ha afflitto e contraddistingue questa zona è che, essendo una zona di confine, è sempre stata dimenticata dall’interesse politico e dunque tutto è andato perso: non è possibile che nell’area in cui sono state trovate tombe romane si sia recintato un po’ di spazio e a distanza di nemmeno 100 metri siano sorte case private. Di sicuro i pochissimi resti seppur ingenti ed importanti che si conservano e si possono ammirare oggi ad Avella sono un niente confrontato a ciò che negli anni passati è stato trovato ma che i privati per costruirsi le proprie case hanno distrutto, ricoperto o ne hanno riutilizzato i materiali. Migliaia di manufatti e vasi oggi fanno parte delle collezioni private di cittadini che le hanno comprate da mano ad agricoltori, contadini e costruttori. Negli anni ottanta si creò un vero e proprio mercato clandestino in zona di questi antichi manufatti. E si pensi che nei testi si parla di Terme, di un Teatro, della Piscina, della Palestra, del Pretorio e di un Ginnasio: ma dove sono?
Sempre risalente al I sec. a.C., sono emersi in località Fontanelle, celebre per le escursioni e pic-nic che si fanno in primavera ed estate, i resti dell’Acquedotto di San Paolino costruito nel 410 dagli avellani per approvvigionare Cimitile ed in seguito utilizzato per il funzionamento dei mulini sorti lungo il fiume Clanio. Più giù vi è la Grotta di San Michele che si sviluppa per oltre 36 metri ed è suddivisa in diversi vani-cappelle decorati con affreschi risalenti alla seconda metà del secolo XIII, una lapide del V secolo e una statua di piccole dimensioni del XVIII secolo raffigurante l’Arcangelo Gabriele. Sulla collina su cui sorgeva l’Acropoli, oggi rimangono solo i resti del Castello medioevale edificato dai Longobardi nel VII secolo. Nel centro cittadino meritano una visita il Palazzo Ducale situato nell’attuale Piazza Municipio, proprietà dei Colonna prima e di Carlo Spinelli poi il quale lo abbellì con un giardino disegnato dal Vanvitelli ed in cui oggi si eleva in tutta la sua maestosità un gigantesco platano. Per quanto riguarda gli edifici religiosi, il più antico è senza dubbio la Chiesa di San Pietro sorta sui resti del foro romano, a tre navate, la cui facciata è racchiusa tra due campanili gemelli. Da menzionare è la presenza al suo interno di un sarcofago recante un’iscrizione del V secolo. Vi è poi la Collegiata di San Giovanni Battista costruita sui resti di una basilica del VI secolo, il Convento dei Frati Minori e la Chiesa della Santissima Annunziata.
Due sono le feste patronali ma entrambe per un solo santo: San Sebastiano. Il 20 gennaio la statua del santo viene portata in processione e la sera viene acceso un grande falò e poi ad Agosto viene rappresentato un dramma sacro in cui si narra la vita del Santo martire. Per quanto riguarda l’economia avellana, si basa sull’agricoltura alla quale sono legate anche le attività di conservazione della frutta (ciliegie in primis) che viene sottoposta a trattamento di solforazione per essere poi trasformata in macedonie e canditi destinati anche al mercato estero. Ci sono poi le coltivazioni di nocciole che da Avella prende il proprio nome come dice catone il Censore: la “nux abellana” in latino è il Corylus Abellana, in spagnolo e portoghese Avellana e Avila. Importante è anche la produzione delle olive da cui si estrae un ottimo olio. Legname da ardere e da lavorazione e carbone viene estratto dai boschi di castagni, querce e faggi che ricoprono gran parte del territorio agricolo di Avella. Da ricordare è poi l’allevamento degli ovini e delle api e l’artigianato locale soprattutto nel settore dell’abbigliamento, dell’edilizia e della lavorazione del legno.
E la sera ad Avella cosa si fa? In realtà di locali per giovani non ce ne sono ma di ristoranti e pizzerie dove gustare ottimo cibo ce n’è un’ampia gamma. Ottimo è il Fusaro in località Fusaro appunto dove, soprattutto nel periodo estivo, ci si può rifugiare per trovare sollievo dalla canicola estiva.
Fioravante Conte
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