Malumore tra gli operai Fiat dopo le dichiarazioni rese da Marchionne
Sarebbe troppo facile ironizzare verso gli operai con la classica boutade: avete voluto la bicicletta (leggere auto però)? Ora pedalate! Troppo crudele, anche nei confronti di chi ha pensato che, dicendo sì all’accordo separato sul contratto con relativo referendum, non faceva altro che salvaguardare il proprio futuro e quello della propria famiglia. Appena qualche mese dopo lo stesso signor amministratore delegato della Fabbrica Italiana Automobili Torino annuncia la costituzione della nuova società per Pomigliano, non basta, annuncia anche che dopo aver fatto fuori il contratto nazionale con l’accordo in deroga, firmato pronuba la melensa e postribolante mano pubblica del berlusconiano ministro e di due dei tre sindacati della triplice nazionale, ora la società uscirà anche da confindustria così da potersi muovere in barba a qualsiasi norma vigente in questo nostro caro Belpaese (non formaggio). L’amministratore delegato del Lingotto non ha escluso, infatti, la possibilità che la Fiat decida ”disdetta dalla Confindustria e quindi dal contratto dei metalmeccanici alla sua scadenza”. Molti i lavoratori che, ora, si dicono pronti ”a scendere in piazza, se necessario, per difendere il Ccnl, e con esso i diritti degli operai”. Di seguito Il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia e l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne hanno espresso il comune impegno a trovare rapidamente una soluzione. Prontamente, ha spiegato Marchionne: ”Io ed Emma siamo convinti che riusciremo a trovare una soluzione nel contesto di Confindustria”. Comunque, ”i diritti sono basati prima di tutto sui doveri”. Subito la Marcegaglia, ha dichiarato che ”non possiamo pensare che vi sia una restrizione di diritti se c’è un accordo firmato e se questo accordo viene portato avanti”. Ancora, quando si parla di diritti si fa ”in questo Paese una grandissima confusione”. Infine Marchionne ha chiarito che da parte di Fiat non c’è ”nessun preconcetto su come rendere praticabile l’accordo di Pomigliano”, puntualizzando che ”non si fanno gli interessi dei lavoratori usandoli per interessi politici”.
Allora,facciamo il riassunto? I lavoratori, come tali e in quanto tali, devono lavorare-e-basta. Niente distrazioni, come ad esempio essere ammalati o peggio ancora chiedere di andare a fare pipì o perfino mangiare. La fabbrica dà lo stipendio e vuole produttività , produttività , produttività . La società investe, e voi ringraziate iddio – e il presidente del consiglio- che se all’ a.d. girano gli zebedei allora si va in Polonia, Romania, Serbia, Croatia, o anche all’inferno, piuttosto che tornare a riconoscere un diritto che sia uno a coloro che debbono lavorare-e-basta.
Ora più di uno si accorge che forse l’accordo ‘firmato per i figli e la famiglia’ può essere volgarmente (per questo non lo riportiamo) e variamente ridefinito ma la sostanza non cambia. Ora si è pronti a scendere in piazza; ora si è pronti a tutto pur di difendere i propri diritti (??!!). Ora è già troppo tardi! Chi ha firmato, ed apostrofato gli altri come disfattisti e nostalgici del colore rosso che fù, ora non può rialzare la schiena che ha chinato per agevolare l’azione dell’azienda. Attenzione, questo non è l’epilogo! Il peggio deve ancora venire e chi vivrà vedrà : quando ci si fa prendere per fame si è già abdicato alla propria dignità come uomini prima che come lavoratori.   Â
Ah, e ora sotto con Mirafiori. La Serbia attende!