Dopo il grande successo ottenuto al teatro San Ferdinando qualche mese fa, fino a domenica 15 febbraio (ore 20.30) ritorna in scena nella Sala Assolidi Napoli – per la rassegna “Di Casa” – “Festa al celeste e nubile santuario“. Il classico del teatro di Enzo Moscato dopo essere stato interpretato da Isa Danieli, Angela Pagano e Fulvia Carotenuto, in questa edizione ha come protagoniste Cristina Donadio, Lalla Esposito e Anita Mosca con Giuseppe Affinito.
La storia si svolge in un basso dei quartieri popolari di Napoli, dove tre ‘insolite’ nubili sorelle – Elisabetta, Annina e Maria – vengono quasi fotografate in un’esistenza banalmente quotidiana, ripetitiva, riscattata solo dall’esaltato culto per la Vergine Immacolata e dalla rigidissima condotta etico-sessuale che ne consegue. I loro rapporti personali sono ferreamente gerarchici e improntati a un sistema di diritti-doveri-poteri appartenenti al più tradizionale schema anagrafico-familiare: il comando assoluto è nelle mani di Elisabetta (Lalla Esposito), la maggiore, l’inflessibile custode della virtù, propria e delle sorelle, come della giusta obbedienza ai dogmi e ai ministri della Chiesa; subito dopo viene Annina (Cristina Donadio), la visionaria, colei che afferma di vedere e parlare con lo Spirito Santo, di ricevere ineffabili messaggi dalla Madonna, l’apocalittica e inascoltata voce che annuncia l’Evento, il sacro Evento che sta per realizzarsi sotto i loro occhi, tra le miserabili mura del loro basso, in mezzo a prosaici detersivi, caramelle, forcine per capelli; in ultimo c’è Maria (Anita Mosca), la muta, la totalmente priva di potere, ma anche l’enigmatico oggetto del miracolo, della imperscrutabile scelta divina.
In questa atmosfera così scarnificata e piamente devota accade che le fantasie, le reiterate filippiche di Annina incomincino a concretizzarsi, a incidere sensibilmente sul quotidiano, a trasformarlo, poco per volta in presenza dell’eccezionale, in una inusitata esperienza che non può non travolgere i consueti canoni esistenziali delle tre sorelle.
Così simbolicamente Elisabetta perde gli occhi, indispensabile mezzo del suo controllo, quasi una punizione divina inflitta alla sua ortodossa sicumera; così Maria, passiva ancella, si trasfigura, attraverso incredibili fenomenologie (mestruazioni di colore celeste, gravidanza inspiegabile), nella epifania della Virgo Incontaminata, l’eccelso modello a cui si conformano in varia misura i tre personaggi.
L’epilogo è imprevedibile e sarà la stessa Maria, inspiegabilmente tornata in possesso della voce, a disvelare segreti e condotte che non hanno nulla di miracoloso e che individuano in Annina la tessitrice di un disegno, di un intrigo, che Maria spezza con le proprie mani e perpetua al tempo stesso, riproducendone la follia.