Il divieto di fecondazione eterologa, l’obbligo di impiantare al massimo tre embrioni e tutti insieme, il divieto di accesso alle tecniche (e conseguentemente alla diagnosi preimpianto) alle coppie fertili, il divieto di selezione degli embrioni in caso di patologie genetiche, questi, i capisaldi della storica Legge 40 in materia di fecondazione assistita oggi oggetto di notevoli cambiamenti ad opera dei tribunali, non ultima la sentenza della Corte Costituzionale secondo cui non sarebbe reato selezionare gli embrioni anche se malati.
L’art 1 della Legge recitava: “Il ricorso alla fecondazione assistita è consentito solo per le coppie infertili”, su questo punto si sono pronunciate due sentenze dei tribunali di Roma nel 2014 e Milano nel 2015. In particolare, sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale in materia, a sostenere la tesi, la differenza di trattamento fra le due tipologie di coppie che intendono ricorrere alla pratica, con evidente svantaggio per quelle fertili. Sulla stessa lunghezza d’onda anche i tribunali di Salerno e Cagliari che in passato hanno accolto i ricorsi di coppie fertili. Dello stesso avviso anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, ritenendo l’art 1 discriminatorio nei confronti delle coppie non sterili, nel 2012 si pronunciava favorevole rispetto al ricorso Costa – Pavan.
Nel mirino non solo l’art 1 ma anche quello che vieta il ricorso alla fecondazione eterologa, a tal proposito, la Consulta nel 2014 dichiarava l’illegittimità costituzionale di tale divieto del tutto discriminatorio per le coppie nelle quali uno dei due soggetti è sterile. L’unica speranza per queste coppie, infatti, è rappresentata dai gameti del donatore e, dunque, dal ricorso alla eterologa.
Per quanto concerne la “questione embrioni”, contenuta nella seconda parte della legge, già il tribunale di Firenze nell’anno 2012 faceva appello alla Consulta circa il divieto assoluto di ricerca clinica e sperimentale sull’embrione, mentre la stessa Consulta, autonomamente, dichiarava illegittimo il passaggio più eclatante della legge stessa quello che vincolava la produzione di embrioni a un unico e contemporaneo impianto e comunque non superiore a tre.
Il punto principale di attenzione diventa la salute della donna, infatti, nel 2009 la Consulta sanciva che il trasferimento degli embrioni nell’utero debba essere ultimato considerando principalmente questo dato, in questo modo, ha eliminato barriera sulla conservazione embrionale originariamente vietata dalla legge 40. Strada da intraprendere limitatamente ai casi , in cui l’immediato impianto fosse rischioso per la donna.
Ultima ma non ultima, la sentenza di pochi giorni fa; la Consulta ci informa che non è reato la selezione degli embrioni anche nei casi in cui questa sia finalizzata ad evitare l’impianto nell’utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità stabiliti dalla legge sull’aborto, punto questo che rappresenta un passo, forse un po’ azzardato in termini di salvaguardia della salute, verso la libertà decisionale dei genitori.
Anche se travagliato, un bel cambiamento per una legge da sempre limitativa e forse un po’ bigotta e arretrata rispetto alle leggi in vigore in materia di fecondazione assistita in altri Paesi Europei. E’ proprio il caso di dirlo, meglio tardi che mai.