Il DISS, realizzato da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), è un archivio georeferenziato di faglie sismogenetiche (ovvero potenzialmente capaci di generare terremoti), identificate negli anni attraverso dati e studi geologici, geofisici e storici. È espressamente dedicato ad applicazioni nella valutazione della pericolosità sismica a scala regionale e nazionale, oltre che allo sviluppo di modelli geodinamici.
Con i suoi molteplici strumenti di navigazione, la nuova versione 3.3.0 di DISS si presenta totalmente rinnovata. Attraverso la semplice visualizzazione in mappa è possibile “vedere” in tre dimensioni le sorgenti sismogenetiche o, più semplicemente, le faglie che hanno causato o possono causare forti terremoti nel nostro territorio nazionale, in alcune aree adiacenti e in buona parte del Mediterraneo centrale. È inoltre possibile consultare la vasta documentazione che accompagna le sorgenti, ed infine è possibile rappresentare accanto ad esse il contenuto di diverse altre banche-dati, tra cui quelle della sismicità strumentale e storica.
Navigando nelle mappe, oggi è possibile consultare le “sorgenti individuali”, che in genere rappresentano le faglie che hanno causato i forti terremoti del passato; le “sorgenti composite”, ovvero rappresentazioni semplificate di sistemi di faglie estesi che possono includere alcune sorgenti individuali; e le “zone di subduzione”, che propongono una struttura semplificata di questi importanti elementi geodinamici. Sono, infine, visibili anche le “sorgenti dibattute”, cioè quelle faglie attive che una parte della letteratura scientifica propone come potenziali faglie sismogenetiche, ma per le quali non esistono ancora conoscenze sufficientemente complete.
Il Database, partito ormai oltre vent’anni fa nella sua primissima edizione nel 2001, è nato con lo scopo di investigare e sistematizzare le conoscenze sulla sismogenesi del territorio italiano. I successivi sviluppi, dovuti sia al miglioramento delle conoscenze geologico-geofisiche della penisola italiana (a loro volta in gran parte dovuti al verificarsi dei forti terremoti che si sono susseguiti negli anni, dalla sequenza del Molise del 2002 sino a quella del Centro Italia del 2016-2017), sia ai nuovi impieghi nel campo della pericolosità sismica e da tsunami, hanno apportato profonde trasformazioni alla struttura di DISS e alle tipologie di sorgenti in esso contenute.
Per la nuova versione del DISS sono state considerate le più recenti conoscenze sulla subduzione dell’Arco Calabro, è stato completamente rielaborato l’assetto delle sorgenti dell’Appennino centrale in seguito alle novità emerse dalla sequenza del 2016-2017, e sono state riconsiderate numerose aree dell’Adriatico centrale e meridionale, dello Ionio e del Canale di Sicilia. Inoltre, facendo riferimento alle leggi di scala più aggiornate oggi disponibili, è stato applicato un nuovo criterio per la stima del terremoto più forte che le sorgenti sismogenetiche possono generare (Mmax).
I contenuti di questa nuova versione del DISS sono stati già utilizzati nell’ambito del nuovo modello di pericolosità europeo (ESHM20).
Tutte le versioni di DISS sono scaricabili in file di vario formato e sono utilizzabili attraverso i servizi web per l’interoperabilità che seguono lo standard dell’Open Geospatial Consortium. Completa il quadro uno strumento che consente l’interoperabilità tra il DISS e ITHACA, la banca-dati delle faglie attive e capaci curata dall’ISPRA.
La nuova versione del DISS, dunque, contribuisce a ridefinire e dettagliare il modello di sismogenesi alla scala del Mediterraneo centrale, fornendo un moderno strumento di consultazione e indagine, diretta non solo ai ricercatori ma anche ai professionisti impegnati nella progettazione di opere di varia natura e nella microzonazione del territorio, oltre che ai tecnici e ai decisori istituzionali preposti alla prevenzione e gestione dei rischi.