I colori vivacissimi e improbabili di un dipinto di Fabrizio Scala, artista pop napoletano, si fanno largo tra le tante immagini postate su fb catturando tutta la nostra attenzione ed, unitamente al tratto rapido e apparentemente ingenuo, ci fanno pensare all’opera di un bambino felice, a qualcuno che ha raggiunto l’essenzialità del fanciullo. Un “bambino” consapevole ed ironico che disegna Vesuvi coi capezzoli e navicelle spaziali sulla città di Napoli, scalette dalle quali scendono gli ufo e nudi stilizzati di “Donna con quattro peli”, naturalmente pubici, o la “Colonna Spezzata”, di P.za Vittoria, a mo di fallo gigante sulla parete della Sala Stampa Consiliare che serve da sfondo alle foto con gli ospiti illustri. Irresistibile!
Come caramelle incartate in colori sgargianti i quadri di Scala fanno gola, ne vorresti subito uno, e lui, l’autore, ben li rappresenta: energico, apparentemente semplice, di una vitalità allegra che ti contagia, uno sguardo franco e ridente, fanciullescamente, in cerca di consenso, ed una stretta di mano stritolante.
E’ artista pop, definito colto e dal feeling con i colori pazzesco ma noi vogliamo azzardare qualcosa di nuovo, senza essere critici di professione e con l’aiuto del gallerista trevigiano Massimo Zanta, Presidente presso “Art Way Gallery”, l’abbiamo annesso di fatto tra i “Vivacisti.”
I suoi dipinti allegri e folli fanno pensare che lei si diverta nel realizzarli, non traspare “fatica”, è così?
“Volevo essere felice, fare il lavoro che mi piaceva e questo credo che arrivi a chi guarda i miei quadri ma è stato un percorso piuttosto lungo il mio e teso alla ricerca della mia identità di uomo e di artista. La fatica della ricerca c’è stata tutta così come la paura di non trovare la mia strada ed il mio stile, momenti difficili, delusioni e mal di stomaco non sono mancati.
Sono stato un ragazzo felice e “normale” senza qualità ed interessi apparenti, non avevo un orientamento politico né un cantante o un libro preferito, studiavo poco e leggevo meno per pigrizia e rassegnata disabitudine a fare quel che mi piaceva. Avrei amato nuotare ma a casa mia solo lo studio aveva valore e sono stato orientato verso scelte che non mi appartenevano, geometra prima, giurisprudenza poi. Imposizioni che mi hanno procurato malessere e distacco che ho voluto contrastare cercando una mia strada. Ho provato a scrivere versi, a cantare accompagnato dalla chitarra ma mi son scoperto… stonato poi, per caso, acquistai nel negozio di colori vicino casa una tela delle più economiche, un pennello qualsiasi ed un barattolo di colore rosso e cominciai riprendendo il tema di un mio vecchio disegno astratto che piaceva al mio professore, un andamento circolare nero su bianco sul quale intervenni col rosso e… non mi sono più fermato.”
Un autodidatta quindi e senza modelli di riferimento?
“Sono partito da me non per presunzione ma, come dicevo, per pigrizia…non leggevo, non conoscevo. In arte la copia è un punto di partenza è legittima, poi ci si deve evolvere. Sono convinto che si possa copiare un autore ma non la sua vita, vita che è parte inscindibile della sua arte.
Iniziai con ritratti ed autoritratti in bianco e nero a cui aggiungevo il rosso con una spugna da cucina, figure, nudi e titoli divertenti, do molta importanza ai titoli, poi vennero i panorami di Napoli. Realizzai centinaia di quadri ed un mio amico, Mimmo detto l’argentino, li volle fotografare. Non avevo ancora venduto nulla, mostravo la mia intenzione di fare il pittore ma non ero assolutamente formato anche se tutto quello che facevo era mio. Per mio padre non era la scelta giusta e mi spronava a studiare, così mi laureai a 29 anni e iniziai a fare pratica da avvocato. Mi sono davvero annoiato ma non sapevo in che termini potevo fare il pittore poi, grazie alle foto del mio amico ed alla stamperia di un altro, realizzai dei segnalibri tratti dai miei quadri. In quegli anni lavoravo presso Feltrinelli al Ponte di Tappia e li proposi a loro e alla Mondadori, mi sembrò il modo migliore per monetizzare una passione, un’alternativa concreta da proporre a mio padre. Volevo fare tutto da solo pur conoscendo i miei limiti. Lasciai lo studio legale e cominciai a disegnare segnalibri direttamente in digitale, a questi aggiunsi magneti e block notes. Poi, sempre da Feltrinelli, organizzammo una mostra con i disegni originali 30×40 e gli oggetti che realizzavo. Vendetti e da lì è iniziato tutto, da una successione di casi e di incontri con quelli che sono diventati i miei amici più cari, alcuni dei quali incontrati in piscina, alla Canottieri, e che sono stati tra i miei primi acquirenti.”
Lei attribuisce al caso e alle amicizie lo sviluppo del suo lavoro e senz’altro sono elementi determinanti ma bisogna pur riconoscerle personalità, tenacia, coraggio e senso dell’umorismo notevoli. Non si è mai arreso e le sue opere sono riconoscibili, lei ha un suo stile del tutto personale.
“Grazie, credo sia perché non disegnavo per vendere, ero alla ricerca di un mio stile attraverso il mio sentire, il mio vissuto, mi sentivo e mi sento libero di esprimermi. La mia tecnica del disegno sul disegno è proprio la libertà che mi do, non mi interessa “descrivere” un angolo di Napoli ma rappresentarlo a modo mio aggiungendo o sottraendo elementi col mio pennarello nero ad inchiostro. Ho aggiunto la navicella sul panorama perché mi sembrava improbabile che gli ufo arrivassero sempre e solo sulle città americane e li faccio scendere da una scala semplicemente perché mi chiamo Scala, lo squalo è lì perché mi piace, il pescatore perché cerco di “acchiappare” polipi alla Baia dei Due Frati e così via, uso elementi che appartengono al mio vissuto come le ruote dello Ciao che tolgo o sgonfio. Poi c’è San Gennaro che rappresento in chiave pop e al quale aggiungo elementi lontani dall’icona tradizionale: baffi, basette, il mio volto e, naturalmente, la città.
Un conto è disegnare per vendere, e devi vendere perché le bollette ti aspettano, e altro è disegnare per disegnare. Non sempre è facile, le persone cercano nei quadri da appendere a casa elementi riconoscibili e spesso mi chiedono se dipingo anche panorami tradizionali, poi, per fortuna, arriva anche la coppia in attesa di un bimbo, lei è architetta, vogliono regalare al figlio che nascerà un mio quadro e mi lasciano piena libertà e questo è per me motivo di felicità. L’autenticità arriva, non si può essere più cose insieme, non sei credibile se ti presenti come avvocato mentre vuoi fare il pittore e di sicuro il mestiere del pittore è più difficile in quanto meno tangibile, anche la professione dell’avvocato lo è ma la giacca e la cravatta ti danno un’identità facilmente riconoscibile.”
Laurearsi è stato comunque importante per lei, così come riuscire a trovare un suo mercato e un suo spazio nel mondo artistico senza il supporto di critici e galleristi.
“Sì certo, negli anni ’90 si sono laureati in molti e l’insistenza di mio padre, pur generando in me malessere, mi ha dato modo di essere alla pari, mi ha insegnato che i percorsi vanno completati ed infine ho riconosciuto i sacrifici dei miei genitori.
Con la mia insicurezza ho dovuto affrontare 21 docenti e qualcuno, trovandomi molto impreparato, mi ha ricordato che ero alla “Federico II” e che dovevo rispettarne il prestigio dovuto alla qualità; ecco ho imparato a non approssimare, a rispettare regole e persone, a non fermarmi. Non mi sono fermato neanche in pittura e al mio primo Maschio Angioino “solo” colorato ho aggiunto un’invasione aliena, ho trasformato monumenti ed edifici in altre cose, uso il colore senza riserve e disegno in libertà e velocità di tratto. Ho ritagliato un mio spazio, piccolo magari ma che mi consente di essere libero di esprimermi. Vendo ai privati e vivo del mio lavoro. Oggi comprare la carrozzina x mio figlio, che sta per nascere, è per me cosa straordinaria, non si potrà mai dire che non ci ho provato e mio figlio vedrà i miei quadri che saranno la sua eredità morale. Non voglio trasmettergli l’idea che ho dipinto per comprarmi la barca ma che grazie ai miei quadri posso acquistare la barca o la carrozzina. E di questo sono felice.”
Fabrizio Scala “VIVACISTA”
Massimo Zanta: Una premessa generale è d’obbligo, l’autrice dell’articolo che state leggendo mi ha coinvolto in un piacevole progetto chiedendomi di esprimere un pensiero sull’artista di turno di volta in volta proposto. Abbiate pietà quindi di ciò che dirò in quanto la mia è una semplice lettura del mondo artistico contemporaneo. Lo scopo principale è quello di divertirci insieme e solleticare le rispettive menti per terminare in un gran sorriso che prelude alla costruzione, insieme a voi lettori, del Manifesto Artistico “VIVACISMO”. Vogliamo portare il sorriso alla gente perché amiamo i colori vivaci, le menti vivaci, le donne vivaci ma soprattutto l’autoironia vivace. Il sorriso in questo momento storico è di fondamentale importanza per la ricostruzione della nostra Società, tu lo regali e di fatto rimetti in armonia il corpo con la programmazione della mente, passando dall’IO al NOI e, di conseguenza, dall’Egoismo all’Altruismo.
Ecco perché mi piace F. Scala, il suo modo di esprimere il messaggio di positività, che traspare dalle sue opere, è di facile comprensione ed arriva a tutti, quindi educa l’interlocutore avvicinandolo all’arte che racchiude in se il concetto di bellezza.
Scala fa un uso intelligente dell’ironia espressa nelle sue opere in quanto utilizza un linguaggio accattivante ed intrigante strappando il sorriso non appena ci si sofferma sul particolare. Il segno, che potremmo definire puerile, di fatto spoglia la mente dai preconcetti tipici del mondo adulto, rompe la gabbia che ci siamo creati per difenderci da una realtà che è fonte di angosce.
Il colore che utilizza in modo deciso è pura energia che arriva alla pancia del visitatore, creando quella vibrazione che lo riallinea, nel ricordo, a gioiosi pensieri di assolati pomeriggi di caldi estati trascorse, permettendogli di uscire dalla grigia realtà soffocante.
Concludendo, caro Fabrizio, tu non lo sai ma in realtà sei un VIVACISTA completo nella tua espressione artistica. Ne racchiudi i 3 elementi fondamentali: ironia, sintesi iconografica e colore.”
Avremo modo di incontrarci presto di nuovo su queste pagine . (www.artwaygallery.it)
-Lo studio di F. Scala è a Via Piscicelli, 1h, affaccia sulla strada e il via vai di passanti fa parte del “panorama” dell’artista. E’ qui che riceve pubblico ed acquirenti e vale davvero la pena visitarlo. A maggio ospiterà e finanzierà la mostra sui migranti del fotoreporter Roberto Salomone.
-F. Scala è nato a Napoli, si è laureato in Giurisprudenza ed ha conseguito un master in Comunicazione e
Marketing presso lo IED di Milano per il quale cura l’orientamento dei maturandi in alcune regioni del sud.
-Dal giugno 2012 a giugno 21013 , la sua mostra “Con gli occhi di un bambino” ha ricoperto le pareti della “Sala dei nuovi arrivi” a Capodichino.
– Nel 2013 ha realizzato, per Napolipark, il progetto “Caracciolo in sosta autorizzata” 500 disegni per il retro dei parcometri della città.
– Negli anni 2014 e 2015, per il “Pascale” di Napoli, ha realizzato i disegni “Maschio napoletano con panorama di donna” e “Santa Chiara con 3 ufo 4 scale 2 nuvole e piazza del Gesù Nuovo” in occasione dei convegni mondiale e nazionale sui tumori alla mammella. E per il reparto di oncologia e cardiologia ha realizzato il “Panorama con 4 ufo 4 scale 2 nuvole e un pescatore-alieno”, in occasione del convegno internazionale a tema.
– Il resto delle sue opere è felicemente collocato nelle case degli appassionati acquirenti.