(Adnkronos) – “Ci sono dei personaggi che alla prima lettura del copione senti di avere già addosso. Anna è uno dei questi e ci ho messo il cuore”. Eva Cela ammette di aver subito amato il suo ruolo in ‘Palazzina F’, il film che arriva nelle sale il 30 novembre, dopo la presentazione alla Festa di Roma e alcune anteprime pugliesi, e che segna l’esordio alla regia del tarantino Michele Riondino per raccontare lo scandalo che coinvolse proprietari e dirigenti dell’ex Ilva di Taranto, quando decisero tra il 1997 e il 1998 di confinare dentro la palazzina adiacente la fabbrica gli impiegati che si erano opposti al declassamento degli operai.
Ancor prima dei processi sul disastro ambientale causato dall’impianto siderurgico di Taranto, alcuni vertici dell’azienda (compreso il presidente Emilio Riva) vennero condannati in primo grado nel dicembre del 2001 per “tentativo di violenza privata”.
Un processo diventato uno dei casi più celebri e citati relativamente al mobbing. Eva nel film è la compagna del protagonista Caterino Lamanna (interpretato dallo stesso Riondino), operai dell’Ilva semplice e rude, che un dirigente senza scrupoli, Giancarlo Basile (interpretato da Elio Germano), decide di utilizzare come spia prima in fabbrica e poi nella Palazzina F. “Anna è la sua compagna – spiega Eva in un’intervista all’Adnkronos – una ragazza di origini albanesi (come l’attrice, arrivata in Italia quando aveva due anni, ndr.) che cerca l’emancipazione da una famiglia rigida. Una ragazza che lo ama veramente e spera davvero di creare un futuro con lui.
All’interno del film è la nota stonata, che fa da contraltare agli aspetti più drammatici del film e attraverso le sue domande apparentemente ingenue fa sviscerare al protagonista i lati più grotteschi della vicenda ma permette anche l’immedesimazione a chi quella vicenda non la conosce”.
Eva, 28 anni, una laurea al Centro Sperimentale di Cinematografia e attualmente impegnata nel conseguimento della laurea magistrale all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico, arriva al film di Riondino attraverso “un selftape, un provino che ho registrato a casa e che è piaciuto molto: poi mi hanno convocato e rivisto da vivo, ho parlato anche con Michele (Riondino, ndr.) e alla fine mi hanno presa”.
Lavorare con Riondino al suo esordio alla regia, per Eva è stato “esaltante: credo che lui sia davvero portato e spero che torni dietro la macchina da presa presto.
Il modo in cui ha gestito il doppio ruolo di protagonista e regista è stata una grande lezione sia umana che professionale. Nonostante i mille impegni, ha trovato il tempo e il modo di confrontarsi con me sulle caratteristiche, il background e le intenzioni del mio personaggio. Michele è riuscito a creare un gruppo che si sente ancora, finito il film. Abbiamo una chat, che si chiama Famiglia Laf, creata da Michele dove ci scambiamo informazioni, letture, articoli sul film. Una cosa rara”, racconta l’attrice.
Che sul neoregista aggiunge: “Michele è portatore sano di concretezza, serenità e consapevolezza che tradotto significa: lavorare e far lavorare bene”. Sull’Ilva di Taranto, prima del film, Eva conosceva le informazioni principali ma non la storia della Palazzina F: “E come me credo molte persone in Italia non la conoscano. E non sappiano che è il primo processo italiano sul mobbing. Sono fiduciosa che verrà visto sia da giovani che adulti, anche perché, nonostante il tema, non è affatto un film pesante”, aggiunge.
“Spero che questo buon momento del cinema italiano, trainato dal fenomeno Cortellesi, porti gli italiani a tornare a frequentare più spesso le sale dove si proiettano film italiani ben fatti”, sottolinea.
Eva Cela è stata campionessa di ginnastica aerobica nella sua prima adolescenza e spiega come quella esperienza l’abbia aiutata “nella disciplina, nella focalizzazione degli obbiettivi, nella gestione del tempo”: “Ho vissuto tutta la mia infanzia e adolescenza in un paesino dell’Abruzzo, San Vito Chietino, piccolissimo, 5000 abitanti. Ma mi allenavo nella Marche, ogni giorno uscivo di casa alle 6 e rientravo alle 11 di sera. I sacrifici fatti in quel periodo mi hanno permesso di non perdermi anche quando poi mi sono trasferita in una grande città come Roma”, ammette.
A 28 anni, Eva ha già lavorato con grandi registi come Marco Bellocchio (che l’ha voluta nel ruolo di Agnese Moro, la figlia dello statista, nella serie ‘Esterno Notte’) e Matteo Rovere (che l’ha chiamata nella serie Netflix ‘Supersex’ incentrata sulla vita di Rocco Siffredi) e confessa che il suo sogno nel cassetto è recitare con altri quattro registi italiani: “Mi piacerebbe poter lavorare con Paolo Sorrentino, con Nanni Moretti, con Matteo Garrone e con Gabriele Muccino. Li ammiro per motivi diversi tutti e quattro. Mi piace il loro cinema”, dice.
Dopo un film sui drammi sociali e ambientali dell’Ilva di Taranto, Eva sogna anche un ruolo in una commedia brillante: “Ho scoperto in accademia anche un mio lato comico e tragicomico, che in parte viene fuori anche in ‘Palazzina F’. E mi piace metterlo al servizio di una bella sceneggiatura”, afferma l’attrice, che dopo ‘Supersex’ ha girato la commedia romantica ‘L’amor fuggente’ di Davide Lomma ed ha preso parte anche alla serie ‘Briganti’ di Netflix. di Antonella Nesi
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