É importante distinguere i tipi di eutanasia diffusi. Si parla di eutanasia passiva, quando il medico si astiene dal prestare le cure al malato per mantenerlo ancora in vita; di eutanasia attiva quando è il medico stesso a causare la morte del degente; di eutanasia attiva volontaria quando il medico agisce sotto espressa richiesta del malato.
Per molti in Italia, malgrado i passi avanti a livello globale, questa pratica rappresenta ancora un tabù. Dal punto di vista legislativo infatti, il bel paese è molto indietro, e non ha chiarito la sua posizione in merito a questa delicata questione. La prima legge che di fatto ha legalizzato l’eutanasia è stata approvata nella civilissima Olanda nell’aprile del 2001. I Paesi Bassi sono quindi divenuti il primo paese al mondo a consentire eutanasia e suicidio assistito. In Belgio la pratica è legale dal 2002 ed è stata estesa ai minorenni 11 ani dopo. Normativa pressoché identica è stata approvata anche nel 2009 in Lussemburgo. Nel 2010 è invece il turno della Svezia che ha dato il via libera all’eutanasia passiva, proibendo quella attiva. La Svizzera prevede che l’intervento possa essere consentita anche agli stranieri se prestato senza fini egoistici. In Germania sulla scia della Svezia, la corte di giustizia ha approvato l’eutanasia passiva, legalizzando anche quella attiva solo nel caso in cui sia il paziente a richiederla. In Spagna, paese latino, e lontano dall’apparato legislativo nord europeo ha ammesso sia il suicidio assistito che l’eutanasia passiva. La Francia invece ha vietato l’eutanasia attiva ammettendo solo in alcuni casi quella passiva mentre in Gran Bretagna, il suicidio assistito, pur essendo proibito dalla legge è ammesso in alcuni casi estremi.
Nel resto del mondo questa pratica è legale in Cina, e in Colombia è stata resa legale nel 1997. Discorso diverso per gli Stati Uniti. Non tutti gli stati della confederazione americana infatti hanno adottato una legislazione che rendesse legale l’eutanasia. Alcuni stati però hanno apportato provvedimenti in merito per regolamentare un fenomeno che ha spesso creato dibattiti e contraddizioni. É il caso dell’Oregon dove l’eutanasia è legale dal 1997, anche in caso di depressione. Anche lo stato del Vermont Washington e Montana hanno adottato simili posizioni. In Canada invece non stata approvata una proposta di legge che regolasse il fenomeno è stata bocciata, ma la pratica comunque varia da provincia a provincia. Se ci spostiamo dall’altro capo del mondo le cose non cambiano. In Australia sono consentite le direttive anticipate di trattamento ed in Giappone se un malato decide di accedere al trattamento si è supportati da una equipe specializzata che guida il paziente nella difficile decisione.
In molti paesi nel mondo quindi l’eutanasia è una pratica che non è solo stata resa legale, ma della quale si è parlato con razionalità, dove i dibattiti, se pur accesi, hanno prodotto una regolamentazione volta a chiarire la faccenda. In Italia la discussione in merito è ancora in alto mare. L’argomento viene affrontato solo quando un malato terminale sale agli onori della cronaca perché chiede a gran voce di poter gestire la sua malattia, le sue sofferenze, sfidando così quello stuolo di finti moralisti pseudo-religiosi che invece negano qualsiasi possibilità di poter scegliere quando morire, anche in presenza di una malattia terminale. L’eutanasia non sarà sicuramente il primo punto in agenda nel programma del governo Renzi, ma è un argomento che va affrontato, con serietà e senza alcun pregiudizio.