Grande successo per la proiezione di “Esuli: le Guerre” presso l’Ambasciata e l’Istituto Italiano di Cultura di Washington. In un auditorium sold out, all’interno dell’ Ambasciata Italiana realizzata dall’architetto Pietro Sartogo, il film documentario di Barbara Cupisti, prodotto dai Rai Cinema e Clipper Media e recente vincitore di un Nastro d’Argento Speciale. La proiezione preceduta da un incontro della regista con il nuovo Ambasciatore Italiano negli Stati Uniti, Armando Varricchio (fino a pochi giorni fa a fianco del Premier Renzi) è stata seguita da una panel discussion molto partecipata.
Protagonisti del panel, oltre a Barbara Cupisti, sono stati il giornalista investigativo italo-americano Sebastian Rotella e Luca Dall’Oglio, Capo Missione Organizzazione Mondiale Migrazioni a Washington. Proprio Dall’Oglio ha rilevato l’importanza e il valore sociale e artistico del film, capace di far comprendere la realtà da cui fuggono i rifugiati. Un documentario che porta lo spettatore in luoghi molto pericolosi e pressoché inaccessibili, come il campo profughi di Daadab (in Kenya), dove le stesse Nazioni Unite hanno grandi difficoltà ad operare per la presenza di cellule silenti del gruppo islamista Al Shaabab. Daadab è infatti il più grande campo-rifugiati del mondo con circa 500mila persone bloccate dal 1992 a causa della guerra in Somalia e dove recentemente sono stati più volte rapiti operatori umanitari. Sebastian Rotella ha sottolineato lo stile narrativo unico dei documentari di Barbara Cupisti nell’
La regista ha evidenziato come questo progetto, girato tra il 2013 e il 2015 all’interno dei campi per rifugiati siriani, somali e palestinesi, sia stato possibile grazie alla lungimiranza di Rai Cinema, che ha voluto concentrarsi su un tema che tocca la vita di decine di milioni di persone ben prima che dominasse le cronache giornalistiche di oggi.
Infine, ha ricordato che aiutare queste persone, sia moralmente giusto e necessario per evitare che milioni di persone rimangano ai margini delle nostre società in Europa . Infatti, circa la metà della popolazione mondiale dei rifugiati è composta da minori e la prospettiva che di milioni di bambini crescano senza educazione e formazione professionale è una questione centrale per il futuro della comunità internazionale che non può essere ignorata nonostante le paure dell’Occidente.