Si svolgerà a Roma dal 27 al 28 settembre 2015 presso la Sala Cinema Trevi, in Vicolo del Puttarello 25, la rassegna cinematrografica dal titolo “Il gusto della memoria”. Il festival, fondato e diretto dalla montatrice e regista Cecilia Pagliarani e dall’artista Manuel Kleidman, è organizzato dall’Associazione per la salvaguardia della memoria filmica amatoriale Come Eravamo, in collaborazione con l’archivio di cinema amatoriale nosarchives.com e il portale di cinema cinemaitaliano.info. L’archivio mette a disposizione in full HD film realizzati tra il 1922 ed il 1984 girati in vari formati – dal 8mm e super8, dal 9,5mm al 17,5mm – e i partecipanti al contest possono presentare cortometraggi e docufilm utilizzando almeno il 60% di immagini provenienti da questo database, parliamo di più di diecimila filmati e immagini del secolo scorso. Oltre alle proiezioni dei film, dei corti e degli spot in concorso, sono previste ulteriori proiezioni fuori concorso, tra cui “Vogliamo anche le rose“, alla presenza della regista Alina Marazzi, quindi il film Il partigiano Carlo, di Roberto Leggio, che racconta la vita da partigiano del compianto regista Carlo Lizzani.
Abbiamo intervista la cofondatrice Cecilia Pagliarani del festival che ha recentemente preso parte al lavoro di Gianni Amelio “Felice chi è diverso”, presentato al Festival del Cinema di Berlino, e le abbiamo posto alcune domande sul lavoro di recupero e valorizzazione della rassegna.
Secondo Lei come si differenziano, dall’emotività alla tecnica, le immagini tratte dall’archivio nosarchives.com – filmini e foto tra il 1922 ed il 1984, anni in cui non era facile reperire uno strumento per la registrazione – e portali come Youtube, Metacafe, Instagram e simili che catapultano tutto nella grande rete della condivisione?
La risposta la suggerisce anche lei nella domanda: la differenza è tecnica e per questo anche qualitativa.Girare in pellicola voleva dire avere già perfettamente acquisiti i principi-base della fotografia, saper caricare la pellicola in un caricatore (fino almeno al 1936), avere una cinepresa ed i mezzi economici per poter inviare le pellicole allo sviluppo. Non si poteva semplicemente spingere il bottone rosso e girare. Le riprese erano pensate, progettate. La differenza qualitativa è data da questa serie di ostacoli di produzione. Questa accuratezza non poteva quindi che riflettersi anche nei prodotti finiti. I film sono in generale belli, raccontano bei momenti della vita o exploit professionali o sportivi. Youtube ed altri portali similari, non definiscono il mezzo e quindi la qualità del prodotto… sono un po’ come dei cassetti dove ci si può buttare dentro tutto, il bello, il brutto, l’inutile. Certi esperimenti di portali settoriali come siti contenenti solo cortometraggi fatti con l’iPhone o Istagram, ispirano gli utilizzatori sulla necessità di creare immagini di qualità degne dello standard del sito e questo somiglia di più alla ricercatezza dell’home-movie, almeno fino agli anni Sessanta.
8mm, super8, 9,5mm, 16mm e 17,5mm: quali opportunità offre il digitale per la loro conservazione e diffusione?
La mia risposta le sembrerà folle, ma non credo che il digitale sia il mezzo adatto alla conservazione. Il digitale è il mezzo che ci permette lo sharing, la condivisione, ma è ancora troppo instabile, troppo legato alla qualità delle infrastrutture che accolgono lo storage. In archivio ho pellicole del 1923 in perfetto stato, non credo che nessun disco sarebbe resistito a tanto. Senza parlare del costo. Una pellicola costa un tot, che è nulla rispetto al numero di back up in server di sicurezza dislocati intorno al globo, che si devono fare per assicurarsi un centinaio di anni di storage sicuri. Con questo non dico che la pellicola è la soluzione, ma credo che un altro metodo come la memoria di vetro al quarzo possano essere metologie più affidabili.
Il gusto della memoria: cosa rappresenta per Lei il recupero della memoria? Soprattutto in relazione del suo lavoro al montaggio e alla regia.
Ho iniziato questo progetto di archivio, nosarchies.com, non pensando alla Memoria ma alla dignità degli autori di immagini meravigliose che venivano sistematicamente ignorati e sfruttati. Poi mi sono resa conto che il valore di sorgente di informazione storica, la Storia dal basso, di questi materiali era enorme. E per questo cerco di condividere il più possibile questi materiali con coloro che possono non solo costruirne film ma anche utilizzarli in ricerche storiche. L’archivio collabora con l’Università Sapienza, con IED, è membro della rete degli archivi di cinema amatoriale INEDITS e della Federazione mondiale degli archivi broadcaster. Continuiamo a cercare la nostra strada, malgrado le mille difficoltà, soprattutto finanziarie, ma continuiamo e già pensiamo all’edizione del 2015!