Ernestina era una bella signora sulla cinquantina, brunetta con un fare veloce e risposta pronta, una risata cristallina.
A piangere non ci pensava mai, diceva spesso ” ci vuole pazienza ” e così rassegnata aveva pazienza per tutto.
Lavorava in una fabbrica di imballaggi, le classiche otto ore, usciva dalla fabbrica con la schiena a pezzi e sovente pensava a suo padre che non l’aveva lasciata studiare perché femmina, ma inutile recriminare , un tempo era così.
Faceva un pochino di spesa poi a casa a preparare cena per i tre figli e il marito.
Le altre faccende domestiche più impegnative le riservava per il fine settimana.
Era gentile il marito Renato, un camionista spalle grosse e collo taurino, la domenica mentre guardava la televisione tirava fuori tutto l’occorrente a Ernestina per stirare e cucire così lei sottile com’era non doveva faticare troppo.
Renato era un uomo buono ma collerico e se qualcosa non andava per il verso giusto batteva il grosso pugno sul tavolo spaventando tutti.
Dei figli non poteva lamentarsi, non erano stati viziati perché i genitori stessi si erano sempre accontentati del poco e poco avevano dato ai figli.
Il figlio maggiore Claudio era iracondo come il padre e ogni piccola frustrazione lo faceva gridare a più non posso, gli altri non dicevano nulla, sapevano che presto gli sarebbe passato.
Il mediano Antonio era introverso, si muoveva piano quasi ad avere paura di spaccare qualcosa e parlava talmente a bassa voce che a sentirlo si faceva fatica.
A volte aveva negli occhi una tristezza profonda e la mamma era preoccupata per lui.
La più giovane, Diana , era un’allegrona e ridendo e ballando cambiava spesso fidanzato, la madre pensava tra sé speriamo non ci siano gravidanze indesiderate.
Arrivava sera e Ernestina pensava ” meno male la giornata è finita posso andare a dormire quanta fatica, quanta responsabilità,
vorrei dormire per mesi , sono stanchissima “
L’indomani mattina presto tutta la famiglia chiamò Ernestina, chi in cerca di un libro di scuola, chi di un rossetto, chi di una camicia stirata, ma Ernestina dormiva profondamente.
Al ritorno, a giornata finita di nuovo tutta la famiglia chiamò Ernestina per la cena e dicevano tra loro “
e adesso che mangiamo noi ?
Perché dorme così tanto e non ci ha preparato cena ? “
A nulla servivano i pugni battuti sul tavolo e le grida arrabbiate, a nulla servirono le lacrime e i lamenti, la mamma non si svegliava.
Allora chiamarono un medico, lui arrivò, la visitò e disse
” la signora sta bene , la pressione è a posto, ho rilevato però anemia dagli occhi, è probabile che la signora fosse molto stanca per questa anemia e dormirà un po’ di più “.
Ah che bello ! Finalmente questa malattia del sonno aveva un nome : Anemia.
Ernestina stava bene per la prima volta nella sua vita.
Si sentiva leggera, le pareva di volare , volava e vedeva sé stessa coricata nel letto matrimoniale.
Dormiva volava dormiva
Ah che bello
Non voglio più tornare
Voglio stare così
I suoi cari erano finalmente rassegnati all’ anemia e la lasciarono dormire.
Il suo sonno duro’ mesi , tanti mesi.
I suoi figli e il marito impararono a cucinare, lavare, stirare, tutte le incombenze di Ernestina andarono ai suoi famigliari.
Finalmente della mamma più nessuno ebbe bisogno.
Ernestina dormi’ tanto tantissimo al posto anche di sua madre di sua nonna della sua bisnonna, al posto di tutte quelle donne nate povere che faticavano e faticavano.
Dormi’ perché la fatica delle donne è troppa, da sempre.
Ho poi sentito dire dopo anni di una certa donna diventata famosa per tre ragioni :
— L’anemia
— avere dormito tanti mesi
— era diventata una pittrice assai brava
dipingeva voli di donne
Foto concessa da Mariella Balla per Cinque Colonne Magazine