Un disegno di legge, sul tema del lavoro, in fase avanzata di discussione in Parlamento in grado di riconoscere «piena cittadinanza» alle persone con epilessia, uno status attualmente non ancora raggiunto. Perché ci sono ancora troppi ostacoli – fra discriminazione e burocrazia – nella strada che porta alla soddisfazione lavorativa di chi soffre della patologia. Ad affrontare il tema a 360 gradi, senza sconti, è Giovanni Battista Pesce, presidente di AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia).
«Il dato oggettivo della discriminazione si realizza – spiega Pesce – in molti casi, in remissione clinica, controllo terapeutico delle crisi, valutazione di inidoneità di una persona per una mansione solo sulla base della dichiarazione della condizione patologica o dell’assunzione di terapie, nonostante l’attestazione d’idoneità del medico curante. Poi ci sono i casi delle persone che hanno crisi ma non quante non previste da una normativa, appunto discriminante in quanto pone limiti ma non garantisce adeguata inclusione».
La testimonianza di Pesce si può trovare nel sito www.insiemeperepilessia.it, progetto realizzato dall’associazione «Uniti per Crescere» e AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia) Padova, in collaborazione con i medici di Neurologia-Neurofisiologia della Pediatria dell’Università di Padova e il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Sul tema occupazionale non esistono (ancora) dati certi. «Una ricerca fatta dalla Regione Emilia-Romagna su 176 persone con epilessia – ricorda il presidente AICE – tra i 18 e 65 anni, ha rilevato il tasso d’occupazione che era il 46,6%, quello di disoccupazione del 14,2% mentre il 7,4% risultava ancora in Scuola/Formazione ed il 22,9% in pensione. il 6,5% in altra condizione sociale ed il 2,4% non risponde. Per affrontare tale carenza d’informazione, AICE ha promosso in Parlamento l’esame del Disegno di Legge 716 in cui è prevista l’istituzione di una Commissione Nazionale Epilessia, partecipata da tutti i soggetti interessati».
QUANDO COMUNICARE LA PROPRIA CONDIZIONE (SENZA ESSERE DISCRIMINATI)
«Fatto salvo che comunicare la propria condizione patologica non dovrebbe determinare ingiuste discriminazioni – continua Pesce – ma accesso a misure inclusive pur con ragionevoli accomodamenti, c’è un dato essenziale: qualora la si taccia mentre possa impattare sulla capacità di svolgere la mansione per cui si concorre o sia stata assegnata, si determina base per licenziamento per giusta causa. Differente è quindi la condizione di chi ha avuto il riconoscimento dell’invalidità correlata alla patologia e quanti non avendola o per remissione delle crisi o per non averla richiesta pur manifestandole. È doveroso dirlo quindi se la condizione patologica può influire sulla mansione. Se con disabilità riconosciuta c’è il collocamento mirato con tutela di ragionevole accomodamento. Se in remissione, con controllo quindi delle crisi e senza effetti collaterali sulle capacità cognitive e relazionali, si verifichi con il proprio medico se la mansione sia indicata e ci si presenti dal medico competente con detta certificazione, se rigettati per patologia scatta la discriminazione e possibilità di ricorrere».
LA LEGGE SULLA PIENA CITTADINANZA
«AICE – continua il presidente – sta cercando di ottenere dal Parlamento l’approvazione di Legge per la Piena Cittadinanza delle Persone con epilessia. Limitatamente al tema del lavoro si sta cercando di garantire:
Necessità di supporto di certificazione di medico specialista in neurologia o disciplina equipollente/affine, per negare o limitare mansione lavorativa.
Il 60% per un anno e limitatamente a quanto previsto dalla L. 68/99 a quanti, a seguito di crisi epilettica con perdita di contatto con l’ambiente e/o capacità d’agire, siano stati presi in cura.
Almeno il 60%, ovviamente di più in base alle specifiche condizioni del caso, a seguito di certificazione di epilessia farmacoresistente con crisi con perdita di contatto con l’ambiente e/o capacità d’agire.
Accesso per quanti nella precedente condizione al riconoscimento della connotazione di gravità (comma 3, art. 3 L. 104/92) e misure a sostegno della mobilità (artt. 21 e 33 comma 6 L. 104/92)»
E i suggerimenti per le aziende? «Bisogna uscire dall’ambiguità, non è con il buonismo aziendale che si risolvono i problemi – conclude Pesce –. Ciò può capitare in singoli casi. I lavoratori come le aziende devono avere un quadro normativo di riferimento certo. Nel caso delle persone con epilessia, se riconosciute con disabilità pari o superiore al 46% determina la possibilità da parte dei due soggetti di accedere a misure inclusive previste dalla L. 68/99, per le aziende dal finanziamento del tutoraggio alla sistemazione della postazione lavorativa, ciò con le risorse del “fondo disabili” previsto da detta legge. In attesa che venga approvata la Legge per la Piena Cittadinanza per le persone con epilessia, buon senso. Offriamo, come AICE, a loro e persone con epilessia il supporto esperienziale e giuridico per affrontare al meglio le criticità».