Non è solo un disturbo psicologico quello dell’enuresi ma soprattutto fisiologico. “Si tratta di uno squilibrio tra l’eccessiva produzione di urina durante la notte e la vescica che è più piccola rispetto alla capacità attesa per quell’età; il bambino non sente il bisogno di urinare e bagna il letto” – riporta Maria Laura Chiozza, urologa pediatra e ricercatrice presso l’Università degli studi di Padova – ma anche perché occorre del tempo perché da bisogno fisiologico immediato diventi un bisogno fisiologico che possiamo inibire, trattenendolo fino a farlo nel posto e nel momento giusto.
Tradizionalmente si identificano due forme di enuresi, quella monosintomatica, legata solo alla perdita di pipì, per lo più notturna, e quella non monosintomatica, compaiono anche altri sintomi: difficoltà a trattenere o emettere urina, corse al bagno, urgenza di minzione. Disturbi, non malattie tengono a precisare gli esperti, che si stima colpiscano oltre un milione di bambini e adolescenti tra i 5 e i 14 anni e che in alcuni casi possono trascinarsi anche oltre.
“Si tratta di un problema soprattutto fisiologico che va preso in carico e contro cui oggi possiamo fare molto con le terapie, per esempio con soluzioni farmacologiche capaci di regolare il traffico di acqua a livello renale, alterato nei bambini con enuresi.” Spesso al disturbo è legata una forte componente stressogena derivante ad esempio dalla nascita di un fratellino, separazione dei genitori o inizio della scuola.
Lo stress deve intendersi non come causa primaria, ma come uno dei fattori scatenanti del disturbo dell’enuresi, un fattore che va a compromettere quei bambini che hanno già una vescica più debole strutturalmente.
“Facciamo attenzione allo stress, soprattutto come fattore capace di svelare problemi sottostanti” – precisa Chiozza. Con la crescita si sviluppa la prostata e compaiono gli ormoni che attenuano il problema, con l’andropausa e la menopausa le persone che da piccole avevano problemi di enuresi possono avere problemi di incontinenza. “La prostata contiene la vescica meccanicamente, mentre gli ormoni attenuano l’iperattività vescicale e gli estrogeni nelle donne aumentano la tenuta dei tessuti intorno all’uretra” – spiega la ricercatrice.
E’ fondamentale insegnare ai bambini una corretta pratica della pipì, educandoli a non trattenerla. Importante è parlarne afferma Giuseppe Di Mauro, presidente della SIPPS. Che siano i genitori, gli insegnanti, i medici. “Ritardare di affrontare il problema ha ripercussioni importanti: il bambino che ha paura di bagnare il letto, spesso si vergogna, è frustato, può aver problemi di autostima, dorme poco o male, con ripercussioni anche sul rendimento scolastico”, spiega Di Mauro.
Un aiuto importante arriva anche da una corretta alimentazione e idratazione. “Se educhiamo i bambini a bere durante il giorno aiutiamo le loro vesciche ad allargarsi, le alleniamo con una sorta di fisioterapia naturale con messaggi che dal sistema urinario arrivano al cervello e aiutano a regolare i processi fisiologici della produzione di urina e minzione” – riprende Chiozza – “I bambini italiani, come molti altri, sono dei bimbi ‘all’asciutto’, – conclude Chiozza – mentre sappiamo quanto sia importante bere, almeno 1,5 litri al dì, ma sarebbe importante rivedere anche alcune abitudini: la cena oggi per esempio si è trasformata in un momento sociale, con sovraccarico osmotico e di idratazione, che sarebbe meglio rivedere, contenendo per esempio, per i bimbi con enuresi, i consumi di sodio e calcio.”