Croci e crocette. È questo a cui il sistema educativo italiano si sta riducendo con l’introduzione del test Invalsi; risposte multiple e quiz che generano punti e voti come se il sapere potesse essere relegato in piccoli scompartimenti, e la risposta fosse una e univoca.
Ed è al sistema anglosassone che si è guardato con le riforme degli ultimi decenni, quello delle Comprehensive School, ovvero scuola polivalente, adottato da Inghilterra, Galles, Irlanda del Nord, Scozia e, con qualche differenza, Repubblica d’Irlanda in cui invece di unificare primario e secondario inferiore, si ricerca una continuità tra quest’ultimo e il secondario superiore, con programmi che si possono scegliere da parte di allievi e famiglie, ora però più limitatamente, poiché nel 1988 è stato definito un National Curriculum. In Inghilterra permane un piccolo numero di scuole tradizionali, che mantengono la vecchia distinzione fra Grammar Schools, Modern Schools e Techical Schools, alle quali accedono i bambini delle “famiglie benestanti”; mentre infatti nelle scuole statali non si paga, in quelle “decenti” la retta va dalle 4 alle 14mila sterline. Inoltre, sempre per chi se lo può permettere, c’è la figura del docente tutore che guida l’allievo nel suo percorso scolastico, preoccupandosi che l’insegnamento sia differenziato e personalizzato. Un sistema dove è il risultato quello che conta, mentre il come e il perchè, il libero pensiero e la criticità; non tanto.
Tuttavia secondo alcune ricerche sulla valutazione internazionale delle competenze acquisite dagli studenti (PISA – Programma per la valutazione internazionale dell’allievo – Programme for International Student Assessment) il sistema che andrebbe preso come esempio è quello scandinavo che ha come obiettivo prioritario la maggior eguaglianza di opportunità, fornendo a tutti i bambini la stessa preparazione fino ai 16 anni di età, cioè per tutto l’obbligo scolastico. Si tratta di una scuola unica nel senso che tutti gli studenti, nella stessa scuola, ricevono il medesimo insegnamento, da un gruppo di docenti che, per quanto possibile, rimane lo stesso per tutto il periodo. In questo modo si cerca di assicurare la massima continuità pedagogica: solo alla fine del percorso è possibile scegliere qualche disciplina diversa e vengono date valutazioni (da 1 a 5).
Mentre invece relativamente al primo ciclo scolastico (Scuola Primaria o Ex Elementare), nelle ultime 6 valutazioni internazionali i migliori risultati sono stati ottenuti dalla scuola italiana pre-riforma. Quella stessa che sta cambiando grazie alle riforme degli ultimi decenni per imitare un modello dove di ragionato e scritto c’è ben poco, per non dire nulla, mentre riversano fiumi di test a risposta multipla, presentazioni power point e compitini “preconfezionati” dove basta scegliere l’opzione giusta per passare avanti. Un sistema che probabilmente ti prepara al lavoro, ma non alla vita e che poco ha a che fare con il sistema italiano secolare dall’educazione libera e gratuita, con una preparazione che conferiva alle elite culturali e ai nostri scienziati quel quid in più, ricordiamolo, invidiato in tutto il mondo.