Quello dell’utilizzo dell’energia nucleare nel nostro Paese è un tema che torna alla ribalta a intervalli regolari. Un referendum nel quale si abrogava la produzione di questo tipo di energia non è bastato a mettere la parola fine al capitolo e oggi, con una crisi energetica alle porte, se ne riparla. A dimostrazione del fatto che non c’è a questo proposito un approccio razionale.
Nucleare sì, nucleare no
Il vantaggio principale dell’energia nucleare sta nella sua resa. Da una piccola quantità di uranio, infatti, si riesce a ricavare un’enorme quantità di energia elettrica a ciclo continuo. Le centrali nucleari, inoltre, possono lavorare ininterrottamente anche per 60 anni. Tutti presupposti che consentirebbero di raggiungere l’indipendenza energetica. Argomento sul quale si è dibattuto tanto in passato. Poi gli incidenti alle centrali di Kyshtym, Sellafield, Three Mile Island e Chernobyl, con le conseguenze che conosciamo, hanno fatto pendere la bilancia dal lato degli svantaggi, che oltre alla sicurezza interessano anche le scorie radioattive e gli elevati costi di impianto, e cambiato il destino di questa tecnologia. Il referendum abrogativo del 1987 ha segnato la chiusura delle centrali nucleari in Italia. Un risultato dettato dalla paura per una tecnologia troppo acerba che però non ha esaurito il dibattito in materia.
Energia nucleare: le prospettive sul suo utilizzo
Oggi il nucleare si avvale di una nuova prassi che è la fusione a confinamento magnetico. Con questa prassi, gli isotopi dell’idrogeno trizio e deuterio sono riscaldati fino a raggiungere la temperatura di 100 milioni di gradi centigradi. A questa temperatura raggiungono lo stato del plasma generando una grande quantità di energia, molto più di quella ottenuta con la fissione (che è il metodo usato finora). Per intenderci con un grammo di combustile dopo la fusione si ottiene la stessa quantità generata da 60 barili di petrolio. In più, l’energia prodotta è pulita, vale a dire non rilascia scorie radioattive e non emette gas serra nell’atmosfera. I test condotti lo scorso settembre da Cfs (Commonwealth Fusion System) società collegata al MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston e di cui Eni è il maggiore azionista hanno dato esito positivo. Sulla scorta di questi risultati è ipotizzabile la creazione di un impianto dimostrativo già nel 2025 per generare un prototipo, sempre dimostrativo, all’inizio degli anni Trenta.
La dipendenza dal gas russo
Se questi presupposti riaprono a buon diritto la discussione sul nucleare è altrettanto vero che abbiamo bisogno di seguire una strategia energetica seria. L’obiettivo da non perdere d’occhio è quello fissato dall’Agenda 2050 sulla totale decarbonizzazione. La crisi politica in Est Europa non può segnare un ritorno alle centrali a carbone. La dipendenza totale dal gas russo che dovremo abbandonare ci deve spingere verso decisioni lucide e lungimiranti. Non possiamo continuare a oscillare tra posizioni opposte per tamponare necessità urgenti, il futuro è oggi.