Intervista a Luigi Cannavale,
Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli
Una volta ufficializzate le liste di candidati per le prossime regionali campane, a destra come a sinistra, è divampata la polemica. Sono forti in questo periodo le istanze legalitarie, le quali tagliano in maniera trasversale l’opinione pubblica e vengono recepite diversamente dalle dirigenze dei partiti. Si respira in Campania l’esigenza di un repulisti da un certo tipo di compromissione tra politica e malaffare, e sia la coalizione di Caldoro che quella di De Luca si sono dette, pur se con qualche incongruenza, favorevoli ad accompagnare questo processo. In questi giorni, dunque, si torna a parlare del reato di voto di scambio, strumento a disposizione dei clan per insinuarsi nelle amministrazioni pubbliche, e dei politici più spudorati per vedere semplificata la propria elezione. Il voto di scambio, però, è un reato molto difficile da contestare e, nella storia della Repubblica Italiana, sono rarissime le condanne per questo tipo di illecito. Ne discutiamo con Luigi Cannavale, Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.
Dott. Cannavale, come mai il voto di scambio è così difficile da sollevare?
Il voto di scambio necessita di un rapporto contrattuale tra candidato ed elettore. Il problema deriva dall’impossibilità di dimostrare materialmente l’avvenuto scambio tra le due parti.
Quali sono gli strumenti a disposizione dell’inquirente per contrastare questo fenomeno?
Nessuno, anche perché non arrivano mai denunce in tal senso. Solitamente il voto di scambio emerge solo nel contesto di altre evidenze processuali, ovvero se ne viene a conoscenza, magari attraverso intercettazioni, indagando su altri illeciti.
Parlando di voto di scambio, si pensa subito all’infiltrazione camorristica. Ma il reato è compiuto anche da semplici candidati che, anziché convincere l’elettorato con le armi della retorica, lo fa con altri mezzi. In questo caso cosa si può fare?
Ben poco. Questa in assoluto è la tipologia più difficile da indagare, poiché non lascia tracce.
Il voto di scambio, dunque, è un pratica diffusa, nonché un problema concreto. Al contempo non è affatto semplice allestire un quadro probatorio sufficiente per rinviare a giudizio presunti colpevoli. Bisogna dimostrare che tizio ha votato caio in cambio di una tal somma, o di un favore, ma ciò è quasi impossibile se non in flagranza di reato. Verrebbe da concludere che di fronte a questo fenomeno siamo praticamente inermi. Ci consola solo il fatto che, chi si macchia di questo crimine, rimarrà in contatto con settori della malavita, ai quali dovrà corrispondere il favore. E a quel punto lascerà impronte tangibili.
Roberto Procaccini