Ci sono tanti modi di riempirsi di debiti, dai più nobili ai più beceri.
C’è chi firma cambiali per comprarsi l macchinone, chi è costretto ad aprire un mutuo per pagare le spese mediche a un figlio. C’è chi compra una casa per la sua famiglia e chi, moderno Dimitri Karamazov, si sputtana tutto in feste donne alcol e droghe.
C’è chi lo fa per se, chi per i propri familiari, chi per investimento e chi per vanagloria.
E poi c’è Novello Malatesta, mio nuovo eroe.
Siamo nel 1400, a Cesena.
Si respira aria di Rinascimento, ma la vita non è affatto facile: l’Europa è devastata da ondate successive di peste nera, l’Italia è dilaniata da guerre. Le condizioni igieniche sono terribili, la mortalità infantile è altissima, l’aspettativa di vita media è di trentacinque anni. La cultura? Roba per pochi.
La stampa devono ancora inventarla, la carta è poco diffusa, i libri sono rari e difficili da realizzare.
Costosissimi.
In un’epoca in cui potere e ricchezza si misuravano in terra, un manoscritto in pergamena arrivava a costare l’equivalente di due o tre poderi.
Bene, in questo scenario si svolge la storia di Domenico Malatesta, signore di Cesena, soprannominato Novello.
L’emblema dei Malatesta era l’elefante indiano, e Novello scelse come effige un Elefante accompagnato dall’epigrafe: “L’elefante non teme le zanzare”
Era un bel personaggio Novello.
Costantemente in lite col fratello Sigismondo, signore di Rimini; liti che per anni sfociarono in una sanguinosa guerra, terminata solo grazie all’intervento pacificatore degli Este. Ma le guerre col fratello erano solo una distrazione da quello che era il suo intento principale: far grande la sua città.
E così, malgrado le guerre e le liti familiari, durante gli anni illuminati del suo governo commissionò fortificazioni, ospedali, importanti opere di ingegneria civile (tra cui addirittura un traforo nel quale far scorrere un canale che doveva alimentare mulini).
E poi iniziò la costruzione di quello che era il suo sogno, e che diventò la sua ossessione: la grande Biblioteca Malatestiana, quella che diventerà la prima biblioteca civica d’Italia.
Commissionò la costruzione all’architetto Matteo Nuti, e insieme a lui concepì quella che è uno dei più palpabili esempi di amore per la cultura.
Il fuoco, nemico per definizione dei libri, era bandito, quindi niente candele.
Per poter leggere serviva la luce, quindi la struttura doveva essere piena di finestre.
Anche l’acqua è nemica dei libri, quindi serviva un giusto grado di umidità e un’adeguata areazione.
Il risultato è una biblioteca pensata come una chiesa, dove però la divinità venerata sono i libri.
I libri, preziosissimi, sono incatenati ai banchi, i meravigliosi “Plutei” in legno, che fanno da panche, scaffali e leggio.
La particolarità qui è che non è il libro che viene portato al banco di lettura, ma è lo studioso che deve andare dal libro, che ha una sua posizione fissa.
Il libro al centro, più dell’uomo che lo legge; il libro come oggetto di culto di rispetto e venerazione, in una biblioteca che sembra una Cattedrale.
Così il nostro Novello, dopo aver definito il progetto, inizia a spendere per le opere di realizzazione.
Intanto c’è la Peste, ci sono le guerre col fratello, ci sono le carestie:
Novello non si fa distrarre, e porta avanti il suo sogno.
La biblioteca sarà dichiaratamente pubblica, a beneficio della cittadinanza, ma ad un tratto le autorità cittadine, spaventate dall’aumentare vertiginoso dei costi, decidono di tagliare i fondi, dirottandoli su capitoli di spesa più concreti, e bloccano il progetto:
Novello non si scoraggia, mette mano al suo ingente patrimonio personale, e di tasca sua continua a finanziare i lavori e ad acquistare volumi.
I suoi consiglieri finanziari sono molto preoccupati, i fondi, pur abbondanti, sono agli sgoccioli, cercano di dissuaderlo e fermare quel suicidio economico:
Novello se ne frega e compra sette rarissimi testi ebraici.
Le casse sono ormai vuote, la biblioteca è completa ed inaugurata, ma non porta alcun reddito perché aperta gratuitamente a tutti gli studiosi; Novello riceve una lettera da Costantinopoli dove un suo agente ha reperito quattordici manoscritti greci, acquistabili per una somma da capogiro:
Novello non ci pensa un attimo, si indebita mettendo a garanzia il suo patrimonio immobiliare personale e, contentissimo, perfeziona l’acquisto.
Alla sua morte lascerà per testamento la biblioteca alla città di Cesena, con precise disposizioni sulla pubblica fruibilità e sulla figura professionale che dovrà prendersi cura dei libri (per i quali aveva previsto in pagamento di un fondo a parte).
Ho un debole per chi vive di passioni.
Se poi queste passioni sono destinate al bene collettivo, mi emoziono.
Me lo immagino Novello, dopo aver firmato il mutuo per l’acquisto dei 14 codici greci; mi sembra di sentire la sua impazienza, nell’attesa che i libri arrivino da Costantinopoli; mi sembra di percepire il suo orgoglio, nel pensare a quanti potranno accedere gratuitamente a quella immensa fonte di cultura altrimenti preclusa a tutta l’Italia.
Mi sembra di sentire i bisbigli e i mormorii dei suoi grigi burocrati, dei contabili, dei concittadini benpensanti che lo prendevano per pazzo: riempirsi di debiti per regalare libri al popolo, che follia!
Ma gli elefanti non temono le zanzare
E allora vai avanti Novello, per la tua strada.
Da parte di tutti noi , amanti della lettura che hanno la fortuna di vivere in un’epoca in cui i libri sono accessibili a tutti, ti giunga un immenso ed imperituro grazie.
E che questa storia possa aiutare tutti noi, ognuno di noi, a ricordarci ogni giorno come vogliamo vivere la nostra vita.
Ogni giorno facciamo scelte che in qualche modo definiscono quello che siamo:
Sta a noi decidere se essere Elefanti o Zanzare
Foto di Andrea Sylos Labini per Cinque Colonne Magazine