Un team internazionale di ricercatori, cui ha preso parte l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha individuato nel 431 d.C., con un margine di incertezza di circa due anni, la data esatta dell’eruzione della caldera vulcanica Ilopango, detta della Tierra Blanca Joven, nello Stato centroamericano di El Salvador.
L’eruzione che sconvolse i Maya
L’obiettivo della ricerca era datare definitivamente l’eruzione chiarendo gli impatti che questo evento ebbe nella regione. Sia sul clima e l’ambiente che sulla vita dell’uomo, facendo quindi un ulteriore passo in avanti rispetto agli studi precedenti.
L’eruzione, che è avvenuta tra il 300 e il 600, ricoprì con uno strato di cenere bianca e detriti vaste aree di El Salvador.
Inoltre, alcune evidenze archeologiche indicano che, intorno alla data del 431 d.C., in El Salvador si verificò un’improvvisa interruzione della produzione delle ceramiche Maya, inattività quindi compatibile con il catastrofico evento naturale che colpì la zona.
Studi e competenze
Grazie a competenze multidisciplinari messe in campo dal gruppo proveniente da 12 Istituti di ricerca (tra cui l’Università di Oxford e l’UNAM, Università Nazionale Autonoma del Messico), gli autori dello studio ‘The magnitude and impact of the 431 CE Tierra Blanca Joven eruption of Ilopango, El Salvador’, appena pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (USA), hanno combinato dati geologici e archeologici provenienti dall’America centrale con le analisi chimiche di carote di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartico.
“Per datare eventi eruttivi del passato per i quali non si hanno informazioni scritte”, spiega Antonio Costa, Direttore della Sezione di Bologna dell’INGV e co-autore dello studio, “si utilizza principalmente un metodo basato sull’analisi del decadimento del carbonio-14 nei frammenti organici inglobati dalla miscela eruttiva. Talvolta, come in questo caso, questo metodo non è sufficientemente accurato poiché la datazione tramite il decadimento del carbonio-14 deve essere calibrata. Il set di dati di calibrazione non è ben strutturato intorno al momento dell'eruzione e consente di individuare un arco temporale ampio ma non una data precisa. L’aspetto innovativo e determinante in questo lavoro, quindi, è stato senza dubbio l’approccio multidisciplinare che ci ha permesso di incrociare dati provenienti da discipline anche molto diverse tra loro per ‘triangolare’ la data che stavamo cercando da tempo”.
Grazie a dei frammenti di vetro vulcanico rinvenuti in Groenlandia, datato 431 d.C., che è stato possibile individuare una corrispondenza con il materiale vulcanico emesso durante l’eruzione della Tierra Blanca Joven e datare, conseguentemente, l’eruzione stessa.
“Si tratta di un risultato molto importante”, prosegue Costa, “poiché nonostante si avesse già a disposizione una stima del periodo in cui si fosse verificata questa eruzione, soltanto con i risultati appena ottenuti abbiamo potuto datare univocamente l’evento”.
Le conseguenze
L’eruzione, secondo le stime effettuate dai ricercatori, avrebbe prodotto una colonna di gas e cenere alta circa 45 km.
Da un punto di vista climatico, inoltre, l’eruzione sembrerebbe aver raffreddato di mezzo grado centigrado la temperatura media della Terra su scala globale; gli effetti più intensi interessarono maggiormente la regione stessa del centro America in cui ebbe luogo l’evento.
“Ciò che è importante e interessante sottolineare”, conclude Antonio Costa, “è come i risultati ottenuti con questo lavoro abbiano delle implicazioni non soltanto per la vulcanologia ma anche, ad esempio, per la climatologia e l’archeologia, dirimendo quesiti scientifici rimasti finora irrisolti”.