A che età è corretto parlare di educazione sessuale con il proprio figlio o la propria figlia? Quali parole dovrebbero essere usate? Qual è l’approccio più indicato? Posso contare sul pediatra di famiglia? Quanto conta la scuola? Ci sono differenze tra maschietti e femminucce? Se anche voi siete genitori di figli o figlie adolescenti, probabilmente vi siete posti queste e altre domande per tentare di affrontare al meglio l’argomento dell’educazione sessuale.
Educazione sessuale: quando?
Un intervento di educazione sessuale, in realtà, non consiste in una ‘lezioncina’ che si fa al bambino in un determinato momento. È piuttosto una educazione che si costruisce e che coinvolge non solo la sessualità ma anche il comportamento, la costruzione del sé e l’autostima. Dunque, anche l’educazione alla sessualità comincia già dall’educazione generale che i genitori danno ai propri figli.
Un bambino che viene educato al rispetto per sé e per gli altri, alla propria integrità e alla propria dignità, è un bambino che già comincia ad avere basi educative che poi saranno importanti anche nell’ambito della sessualità.
‘L’approccio deve essere prima di tutto mirato e individualizzato- spiega all’agenzia Dire la dottoressa Maria Carmen Verga, pediatra di libera scelta Asl Salerno, Vietri sul Mare, e segretario nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps)- partendo da un’analisi del contesto, ovvero diversificato in base a chi mi trovo di fronte e in quale contesto sto lavorando. La divisione, infatti, non è tanto tra maschietti e femminucce, perché le differenze più importanti sono quelle culturali, quelle legate all’età e al carattere’.
Le differenze culturali
‘Già alle scuole elementari- continua- i bambini fanno proprie le differenze di genere e già alle scuole medie hanno elaborato le proprie idee ed i propri pregiudizi. Bisogna quindi intervenire molto presto, prima dell’adolescenza. Non trascuriamo, inoltre, le differenze culturali: è chiaro che affrontare i problemi che riguardano la sessualità con bambini e adolescenti che appartengono ad alcuni nuclei familiari è un tabù, comporta un problema non indifferente. Con ogni adolescente, comunque, con qualsiasi famiglia dobbiamo davvero approcciarci in modo determinato, perché si tratta di una educazione finalizzata alla protezione stessa del ragazzo o della ragazza, però adeguata e rispettosa della cultura e delle sensibilità individuali’.
‘Ad esempio- prosegue Maria Carmen Verga- possiamo avere di fronte il bambino o l’adolescente che ha scarsa autostima di sé: in questo caso l’educazione alla sessualità deve cominciare necessariamente prima di tutto dalla costruzione dell’autostima, perché se non abbiamo un carattere ben strutturato, su quelle insicurezze e su quelle fragilità si può poi innescare anche un vissuto della sessualità distorto, poco sereno e soddisfacente. Su tutti, il rischio di vivere rapporti che non sono sani ed equilibrati’.
Costruire relazioni sane
Viene dunque data molta importanza alla costruzione di relazioni sane. ‘E per costruire relazioni sane, rispettose e soddisfacenti- evidenzia la pediatra- è necessario costruire anche la personalità del bambino e del ragazzo. Contestualmente, oltre alle specifiche conoscenze legate alla sessualità, ci sono anche quelle conoscenze normative, di legge, dei propri diritti, che devono essere portate a conoscenza del ragazzo. Ecco perché si parla di una educazione sessuale completa’.
Ma cosa può fare in tutto questo il pediatra? ‘Il pediatra di famiglia, in Italia, ha la grande possibilità di seguire la famiglia e i bambini/ragazzi fin dalla nascita- risponde- supportando i genitori nell’educazione del proprio figlio e nel promuovere un adeguato dialogo tra genitori e figli: è infatti provato che un rapporto di fiducia con i genitori e familiari ed una buona comunicazione sono un fattore protettivo importante per rapporti e sessualità sana. Il pediatra dovrebbe entrare nell’ambito dei programmi di educazione alla sessualità, perché è ormai dimostrato da anni che gli interventi soggettivi occasionali non servono assolutamente a nulla: svolgere la classica lezione a scuola non ha, infatti, alcun tipo di efficacia nel modificare i comportamenti’.
Foto di Markus Winkler da Pixabay