Nuove definizioni per ruoli in cambiamento, che lasciano però insoddisfatti. Come si stanno configurando questi ruoli nella modernità attraversata dalla crisi? Se ne è parlato oggi al festival dell’educazione.
A Educa, il festival dell’educazione che ha messo al centro di questa Vi edizione il tema “Desiderio e Conflitto” non si poteva non parlare di paternità e maternità, le esperienze umane che più di altre rappresentano il desiderio come spinta generatrice, ma anche ruoli sempre più messi in discussione. Si tenta di trovare nuove definizioni: padri in crisi, in fuga, padri– mammo o peluches; e ancora di madri-coccodrillo, madri-narcise. “La paternità oggi non è più un ruolo garantito da schemi predeterminati – ha affermato Ivo Lizzola, docente dell’Università di Bergamo presentando il suo ultimo libro “La paternità oggi. Tra testimonianza e fragilità.
“Si è affievolita – ha detto Lizzola – la figura più normativa e autorevole della nostra tradizione culturale; non esiste più il padre che garantisce e assicura il futuro come era nelle generazioni precedenti. Oggi è piuttosto il ponte del possibile, colui che testimonia che si può stare in piedi anche un po’ controvento, che sa stare sulla soglia dei tempi nuovi col figlio e accompagnarlo mostrando vulnerabilità“. È questo il terreno su cui oggi i padri possono riconquistare autorevolezza, nella condizione di vulnerabilità che espone alla possibilità di essere fragili, in un momento in cui viene meno la stabilità. Il padre diventa così il presidio della possibilità di rinascere, di sentirsi anche disadattati, invita a tornare a raccontare e desiderare.
A differenza del bisogno, che deve essere subito soddisfatto, il desiderio apre infatti il tempo sul futuro, pone lo sguardo sull’orizzonte. “Non pensiamo però solo i nostri desideri, ma quelli di tutti, cercando di vederci dentro le relazioni e le generazioni e non contrapporci – ha esortato Ivo Lizzola – i padri ricevono in eredità e lasciano; così chi educa, insegna, chi amministra lo faccia nell’ottica della consegna. È importante pensare di “generazione in generazione” e assumere il saper come forma di responsabilità per ridisegnare“.
Di maternità si è parlato nel seminario “Madri al plurale” e poi la complessità di questo ruolo è stata esplicitata dalle immagini proiettate dall’illustratrice Arianna Papini: nell’arte la madre è spesso dipinta accudita dal figlio con volto da adulto o con lo sguardo lontano, nel vuoto o sofferente.
Oggi la mamma dovrebbe essere accolta, accudita e non giudicata, considerando che il rapporto tra madre e bambino è ricco di sfumature, forte e complice. “Il 75% degli italiani pensa che se le mamme lavorano i figli soffrono – rivela Barbara Poggio – ed è il dato più alto in Europa, ma bisogna fare proprio un principio, ovvero che la realtà cambia, che non ci sono categorie predefinite“.