La ricerca di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani realizzata in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore. Città ingessate e performance ambientali statiche: pochi e timidi passi avanti sul fronte della raccolta differenziata e delle energie rinnovabili, male invece il trasporto pubblico. Le città con le ecoperformace migliori: Verbania, Trento, Belluno, Bolzano, Macerata e Oristano
Città ingessate, statiche e pigre. Aree urbane che arrancano e faticano a rinnovarsi in chiave sostenibile ed essere culle di una rigenerazione urbana capace di migliorare la qualità dei singoli e della comunità. I passi avanti fatti fino ad ora sono, infatti, troppo pochi: se da una parte nelle città italiane si registrano lievi eco-performance soprattutto sul fronte della raccolta differenziata, delle energie rinnovabili e si assiste ad un lieve calo degli sforamenti nelle concentrazioni di NO2, di PM10 e di ozono grazie anche a condizioni metereologiche favorevoli alla dispersione degli inquinanti; dall’altra parte manca, invece, il coraggio e la voglia di puntare sulla mobilità nuova per uscire dalla morsa di traffico e smog e sugli eco-quartieri per rigenerare le periferie e rilanciare il patrimonio edilizio. È quanto emerge dalla ventiduesima edizione di Ecosistema Urbano, la ricerca di Legambiente realizzata in collaborazione con l’Istituto di ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani.
Dal dossier emerge un Paese fermo, dove è marcato il divario tra Nord e Sud. Quest’anno a guidare la classifica nazionale sono: Verbania, Trento, Belluno, Bolzano, Macerata e Oristano. Nel complesso i protagonisti delle performance migliori sono i piccoli capoluoghi tutti al di sotto degli 80mila abitanti (Verbania, Belluno, Macerata, Oristano, Sondrio, Mantova, Pordenone) oppure le solite Trento e Bolzano, centri di medie dimensioni (con abitanti compresi tra 80mila e 200mila), e soltanto una grande città: Venezia. In testa c’è prevalentemente il nord del Paese assieme con due città del centro Italia, entrambi piccoli centri, la marchigiana Macerata e la sarda Oristano. Le peggiori invece (le ultime cinque) sono tutte città del meridione, tre grandi e due piccole: la calabrese Vibo Valentia (101) e le siciliane Catania (100), Palermo (102), Agrigento (103) e Messina (104).
‘Per sperare che le nostre città migliorino – dichiara Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – c’è una sola strada. Fare la scelta strategica, con i ministeri interessati coordinati da una vera cabina di regia, di fare dell’innovazione urbana e del miglioramento della vita in città la vera grande opera pubblica. La trasformazione delle città è una grande sfida che intreccia nuovi bisogni con cambiamenti istituzionali e organizzativi con sviluppo di nuove filiere industriali e passa dalla messa in sicurezza dalle catastrofi naturali, dal rilancio della vita sociale nei quartieri, dalla valorizzazione della cultura, dalla riqualificazione energetica, dall’arresto del consumo di suolo, dagli investimenti nel sistema del trasporto periurbano, dal sostegno alla mobilità nuova. Una scelta politica che andrebbe nella direzione dell’interesse generale: si crea lavoro migliorando il benessere e mettendo al sicuro le nostre città. Questa sì sarebbe un’ottima carta con cui l’Italia, patria dei liberi comuni, si potrebbe presentare a Parigi, nella prossima COP 21 a dicembre’.
Anche quest’anno, sono 18 gliindicatori selezionati per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi idrici domestici, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), cinque sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, due sull’energia (consumi e diffusione rinnovabili). In questa edizione sono due su diciotto gli indicatori selezionati per la classifica finale (incidenti stradali e consumi energetici domestici) che utilizzano dati pubblicati da Istat.
I dati – La produzione pro capite di rifiuti urbani nel 2014 interrompe la progressiva diminuzione registrata negli ultimi anni di crisi economica e si attesta sui valori del 2013, con una media di 540 kg pro capite a fronte dei 561 kg/ab del 2012. La percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti registra inoltre un valore medio di 43,90% (era di 41,15% nella passata edizione e di 39,26% due anni fa). Pordenone è l’unico capoluogo a superare l’80% di rifiuti raccolti e differenziati (85,4%), seguito da Trento (79,3%), Belluno (78,8%), Mantova (76,7%), tutti oltre il 75%. Bene anche il Sud Italia come Benevento e Salerno entrambe oltre il 65%, e Oristano e Teramo che superano il 60%.
Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, nel 2014, grazie anche a condizioni metereologiche favorevoli alla dispersione degli inquinanti, scendono a 27 (6 in meno rispetto all’anno precedente) le città in cui almeno una centralina ha rilevato concentrazioni medie annue di biossido di azoto (NO2) superiori al limite di legge, mentre sono 4 i comuni che non rispettano il limite della concentrazione media annua di PM10. La situazione rimane più critica, anche se in miglioramento, per quanto riguarda i superamenti giornalieri di polveri sottili (PM10): passano da 40 a 33 i capoluoghi in cui almeno una centralina supera i 35 giorni di sforamento consentiti dalla normativa nell’arco dell’anno e cinque di questi arrivano a oltre 75 giorni di superamenti. Da segnalare in negativo: Frosinone (110 superamenti), Torino (94) e Alessandria (86). Il miglioramento più evidente è quello dell’ozono (O3) dove sono 28 i capoluoghi che superano i limiti consentiti (contro i 51 della passata edizione), ma sono ancora sei le città che, almeno in una centralina, fanno registrare superamenti della soglia di guardia per la salute pari o maggiori a due volte il valore obiettivo. Da segnalare i picchi negativi di Genova (87 giorni all’anno di superamento del limite giornaliero) e di Rimini (64 giorni).
Ecosistema Urbano registra anche una sostanziale stabilità del parco auto e moto circolante che interessa quasi l’80% dei comuni capoluogo, mentre le politiche di mobilità mostrano invece un trasporto pubblico in grande affanno, con il 68% dei comuni che vede diminuire il numero di passeggeri, e una sostanziale stabilità della rete di piste ciclabili e isole pedonali. Soltanto a Bolzano le politiche di mobilità sono riuscite a limitare gli spostamenti motorizzati privati al di sotto di un terzo degli spostamenti complessivi, mentre in 46 città questa percentuale supera ancora il 50%. I viaggi effettuati con il servizio di trasporto pubblico in media fanno registrare complessivamente un lieve calo. Tra le grandi città spicca solo Venezia che cresce ancora (629 viaggi per abitante annui, erano 592 l’anno passato). Milano cala (457 viaggi per abitante all’anno rispetto ai 474 dello scorso anno), mentre Catania, Messina, Palermo e Taranto non raggiungono i 50 viaggi per abitante all’anno. Tra le città medie superano i 150 viaggi/abitante annui solo Brescia e Trento, come lo scorso anno, i valori peggiori invece sono per Alessandria, Brindisi, Grosseto, Latina che non arrivano nemmeno a 15 viaggi per abitante nell’arco dei 12 mesi.
Dati lievemente incoraggianti ma ancora molto lontani da livelli ottimali arrivano dal solare termico e fotovoltaico: salgono a diciassette (erano sedici lo scorso anno) i capoluoghi che possono contare su dieci o più kiloWatt provenienti da impianti installati su edifici comunali ogni 1.000 abitanti. Salerno è la migliore, con 181 kW installati ogni 1.000 abitanti, seguita da Padova, Massa e Pesaro con circa 30 kW/1.000 ab. ma sono ancora 23 le città che non arrivano nemmeno a 1 kW/1.000 abitanti e di queste otto restano ferme a zero. Per quanto riguarda
Salgono dai sette dalla passata edizione ai nove di quest’anno i capoluoghi nei quali le perdite della rete idrica sono pari o inferiori al 15% dell’acqua immessa (Ascoli Piceno, Foggia, Macerata, Milano, Monza, Piacenza, Pordenone, Udine e Trento). Dodici (erano 16 lo scorso anno) invece le città nelle quali le perdite sono superiori al 50% (Bari, Cagliari, Catania, Catanzaro, Cosenza, Frosinone, Grosseto, Latina, Matera, Palermo, Rieti, Salerno).
La classifica – A guidare la classifica di Ecosistema Urbano è Verbania, il capoluogo piemontese totalizza quasi l’83% dei punti assegnabili (sui 100 relativi a una ipotetica città ideale) collezionando buone performance negli indicatori più significativi del rapporto, a cominciare dai tre relativi all’inquinamento atmosferico che messi assieme pesano per il 23% del punteggio finale. Al secondo posto c’è Trento, seguito da Belluno e Bolzano, quest’ultimo è l’unica città con solo il 30% di spostamenti urbani effettuati con mezzi privati a motore, nessuno fa meglio. Al quinto e sesto posto si piazzano due città del centro Italia, la marchigiana Macerata e la sarda Oristano. Macerata arriva quinta grazie al panel abbastanza completo delle risposte inviate e al fatto che centra buoni risultati in tutti e tre gli indici legati all’inquinamento atmosferico, rimanendo di molto sotto le medie per le polveri sottili e il biossido di azoto e addirittura non facendo segnare superamenti delle medie nell’arco dell’anno per quel che riguarda l’ozono, indice nel quale è prima assieme a altre dodici città.