Il problema degli allevamentie dei loro costi in termini di inquinamento ed economia è un dato di fatto. Stando alle stime della FAO attualmente esistono nel mondo circa 19 miliardi di galline che, a conti fatti, rappresentano circa 3 polli per ogni individuo, un miliardo e mezzo di bovini, un miliardo di ovini e un miliardo di suini. Questi, i dati complessivi che ci informano relativamente a una risorsa importante che, vegetariani e vegani a parte, assicura la sopravvivenza dell’essere umano.
I numeri parlano chiaro e portano necessariamente a fare una serie di considerazioni. Gli allevamenti complessivi producono circa il 14,5% delle emissioni totali di gas serra, stiamo parlando di cifre che superano la somma complessiva di inquinamento prodotto da auto, treni, aerei e navi messi insieme che ammonterebbe al 13%.
Le mucche, in questo contesto si collocano fra gli animali da allevamento più “costosi”, si perché per sua conformazione, l’apparato digerente della mucca produce grandi quantità di metano, uno dei gas serra più pericolosi insieme al protossido di azoto, ma non solo, bisogna considerare, inoltre, che per produrre una bistecca si raggiungono consumi molto elevati, stiamo parlando di dispendio di acqua, suolo, fertilizzanti e non ultimi gli scarti che ne derivano e il loro smaltimento. Insomma, così com’è strutturato il modello di approvvigionamento delle proteine non risulta per nulla ecosostenibile anche perché negli ultimi vent’anni ha subito un’impennata stratosferica un po’ per i nuovi consumi alimentari acquisiti dove il reddito procapite si è moltiplicato un pò per la crescita della popolazione. E’ normale che la popolazione e i prodotti interni lordi delle nazioni debbano crescere e che ben venga questa crescita, tuttavia, le abitudini alimentari possono e devono essere ridimensionate poiché il sistema di alimentazione mondiale così com’è non è abbastanza ecosostenibile.
Le idee ci sono e non sembrano nemmeno tanto matte, anzi, riuscirebbero a mettere d’accordo tutti i gusti a quanto pare. La impossible Food, una startup della Silicon Valley, ha iniziato a produrre degli hamburger interamente con materie prime vegetali. A quanto pare il sapore non si allontana di molto da quello della carne e si cuoce alla stessa maniera. Al momento l’Impossible Burger è disponibile solo in un locale di Manhattan, il Momofuku Nishi, ma pare che presto sarà reso disponibile su larga scala insieme ad altri prodotti di “macelleria non macelleria”. La novità non è l’hamburger vegetale in sé, come sappiamo ve ne sono tanti in commercio basta dare uno sguardo fra gli scaffali dei più comuni supermercati, quello che dovrebbe rappresentare la vera svolta è il sapore. Questa volta sa di carne.
Un po’ più avanti coi lavori è invece l’azienda californiana Beyond Meat che a quanto pare ha introdotto sul mercato oltre all’hamburger anche filetti di pollo e piatti a base di verdure e manzo, tutti, senza alcuna traccia di carne. Questi prodotti sono resi disponibili dalla catena di supermercati bio Whole Foods e, quanto sembra, hanno ricevuto già molte recensioni positive dalla stessa stampa , alcuni li ritengono in grado di convincere anche i carnivori più appassionati.
C’è invece chi utopicamente inizia a sognare, come la Memphis Meats di San Francisco. L’azienda, parte dal presupposto che bisogna “allevare la carne”. L’idea sembra quella di voler produrre vera carne in laboratorio e l’esperimento sembrerebbe riuscito, lo scorso Febbraio è stata prodotta la prima “polpetta in vitro”, questo, chiaramente è costato all’azienda molti soldini, per mezzo chilo di carne sono stati spesi circa 18mila dollari. Progetto, dunque, che sebbene interessantissimo, andrebbe perfezionato un bel po’ quantomeno in termini di costi.
Piccoli passi che fanno intendere che ci si avvia verso un processo di sostituzione della proteina in generale. Ripple Foods e Muufri ad esempio commercializzano un latte di origine vegetale che sa di latte, così come Clara Foods e Hampton Creek producono uova alternative.
Come sempre, però, non bisogna pensare solo al discorso ambientale, è necessario tener conto che gli interessi in gioco sono davvero tanti. Le aziende citate godono dei finanziamenti di grandi capitalisti della Silicon Valley, ad esempio Google e Bill Gates sono fra i principali investitori di Impossibile Foods, inoltre, i sostenitori dell’innovazione e dell’ambiente stanno scalciando affinché la parziale sostituzione della proteina avvenga in tempi molto stretti.
A tal proposito, circa un paio di settimane fa è stata annunciata una colazione di alcune strutture di investimento, inclusi alcuni fondi pensione svedesi e aziende di buon calibro, coalizione, che complessivamente gestisce fondi per 1.250 miliardi di dollari e che intende invitare circa sedici multinazionali alimentari, fra cui anche la nota Nestlé, a limitare i rischi derivanti dagli allevamenti dei bovini portando fra gli scaffali prodotti in grado di avviare verso un cambiamento nei confronti dei consumi proteici.
Sembra assurdo ma, come ci informa FAO, le emissioni di protossido di azoto, metano e anidride carbonica degli allevamenti potrebbero essere contenute avvalendosi di tecnologie pratiche capaci di migliorare l’efficienza nel processo di allevamento del bestiame. Le Nazioni Unite, in effetti, mettono a disposizione una serie di indicazioni, per migliorare la qualità e le dimensioni delle razze allevate, cambiare la dieta dei bovini per regolare la produzione di gas e gestire i loro escrementi in modo da sfruttare il metano e non immetterlo nell’atmosfera. Attenzioni, queste, che costerebbero, dunque, la strada più semplice sembra quella dove portano le aziende più attuali del momento: la finta carne.