Il team multidisciplinare dell’azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona protagonista dell’iniziativa a supporto di pazienti e caregivers. Dar loro strumenti per gestire l’impatto fisico e psicologico della patologia sulle loro vite è l’obiettivo di “È tempo di vita”, la campagna nazionale di informazione e sensibilizzazione sul tumore al seno avanzato, promossa da Novartis in collaborazione con Salute Donna Onlus e la Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO), con ilpatrocinio di Fondazione AIOM.
Salerno ha aperto il programma di incontri sul territorio nazionale, una delle attività più importanti previste dalla campagna, un appuntamento di supporto concreto per dare informazioni utili su come affrontare la vita con il tumore al seno metastatico.
L’incontro è stato preceduto dall’installazione presso i reparti di due totem multimediali presso i quali pazienti e famigliari hanno potuto rispondere a poche semplici domande sul loro vissuto, esigenze e paure. E hanno potuto lasciare le loro domande, affinché siano spunto di discussione nell’appuntamento di domani.
Il quadro che emerge dai loro contributi diretti è quello di donne certamente impaurite (16%) ma soprattutto determinate (22%), donne per le quali la cosa più pesante risulta andare a fare le visite di controllo e gli esami (29%), sensibilmente molto di più che andare a lavorare (appena il 5%); eppure 1/3 di loro ha dovuto lo stesso rinunciare al lavoro. Di segno ben diverso il vissuto che emerge dalle risposte dei caregiver, per i quali protagoniste assolute sono rabbia (20%) e paura (30%) e che indicano nella propriacondizione psicologica l’aspetto che più è stato impattato dalla malattia (39%).
“L’iniziativa che domani ci vedrà protagonisti – ha dichiarato il Prof. Stefano Pepe, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia Ospedale S. Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona – è per noi estremamente significativa e gratificante perché ben rappresenta quella che a nostro avviso dovrebbe diventare a tutti gli effetti una consuetudine nei reparti di oncologia: tempi, luoghi, canali (“fisici” e telematici) dedicati all’ascolto, al supporto e al dialogo. Momenti separati da quelli delle visite, degli esami e delle terapie, momenti in cui pazienti e famigliari possano interrogarci con agio sulla loro malattia, richiedere tutte le informazioni di cui sentono di aver bisogno, avere il giusto tempo per dare sfogo anche alla loro emotività e ricevere dal medico quei rinforzi positivi che sono fondamentali per affrontare il percorso della malattia. Questi momenti sono importanti anche per i famigliari; non dobbiamo, infatti. dimenticare come il tumore sia una malattia totalizzante, una malattia anche del nucleo famigliare, con tutte le angosce e le paure legate spesso a un senso di perdita imminente che possono travolgere, paradossalmente, più le persone care che la paziente stessa. Ecco perché creare momenti dedicati anche al supporto di chi prende sulle proprie spalle il carico del percorso di cura della persona malata è fondamentale per una corretta gestione (sana) del vissuto di tutto il nucleo affettivo-relazionale della paziente e per stabilire quei rapporti fiduciari che sono alla base dell’alleanza terapeutica contro la malattia. In prospettiva, iniziative come quella di domani dovrebbero essere, per quanto possibile, istituzionalizzate, soprattutto con l’aiuto delle associazioni di volontariato costituite, in molti casi, dalle stesse pazienti, alle quali non finiremo mai di dire “grazie”. E questo soprattutto in aree – come quelle della nostra Regione e del Sud dell’Italia in generale – gravate da diseguaglianze e difficoltà economiche inaccettabili”.
I dati relativi al nostro paese indicano che 1 donna su 8 in Italia si ammala di tumore al seno nel corso della sua vita. Tra le patologie oncologiche è la più diffusa tra il genere femminile, con circa 50.000 nuovi casi ogni anno in Italia, e con un trend di incidenza in leggera ascesa (+0,9%). Di questi casi il 30% è destinato a progredire e a evolversi in tumore avanzato. Il tumore al seno si definisce avanzato quando cellule provenienti dal tumore primitivo, inizialmente localizzato alla mammella, si sono diffuse in altre parti rispetto al punto d’origine. Complessivamente, si stima che siano circa 30.000 le pazienti malate di tumore al seno avanzato in Italia.
Il tempo delle pazienti aumenta sia come quantità sia come qualità. Sebbene, infatti, non si possa parlare di guarigione, grazie ai progressi della ricerca scientifica oggi è sempre più possibile avvicinarsi alla cronicizzazione del tumore al seno avanzato. Ecco perché diventa sempre più importante dar loro tutti gli strumenti possibili perché il tempo della malattia sia davvero tempo di vita.
“Abbiamo aderito con entusiasmo a questa iniziativa – ha commentato la Dott.ssa Clementina Savastano, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di OncologiaOspedale S. Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona – perchè si muove nel solco di un punto nel quale crediamo molto nel nostro centro: l’umanizzazione del paziente. La paziente con tumore al seno avanzato ha bisogno di supporto, di attenzione e di informazione. Informazioni chiare e “ufficiali” perché, contrariamente a quanto si possa pensare, la quantità incontrollata di notizie sulle patologie, le cure e le prospettive con cui i pazienti sono bombardati da ogni dove genera in loro confusione e ansia. Momenti come quello che si terrà al Ruggi d’Aragona domani sono dunque importanti per questo, perché rappresentano occasione preziosa per fare chiarezza e dare a queste donne gli strumenti per gestire nel miglior modo possibile il loro percorso di cura. Fattore, questo, ancora più prezioso se consideriamo che oggi le prospettive di vita e di qualità di vita di queste pazienti sono significativamente migliori che in passato. Innanzitutto, la maggiore attenzione che in generale si riserva al tumore in fase di diagnosi e follow up permette sempre più una diagnosi precoce – per così dire – della metastasi. Questo, nelle pazienti con ormono responsività, ci consente di utilizzare opzioni terapeutiche (farmaci ormonali e biologici) che ci permettono di ritardare in maniera netta il ricorso alla chemioterapia. A queste armi, da pochissimo si è aggiunta una nuova classe di farmaci, gli inibitori delle cicline, che hanno dimostrato una riduzione della massa tumorale in 3 pazienti su 4 già dopo due mesi di trattamento. Il che, di nuovo, significa allontanare ancora di più il momento della chemioterapia e avere più tempo con una buona qualità di vita”.
La campagna
Oltre al programma di incontri sul territorio nazionale, la campagna mette in campo una serie di strumenti concreti a supporto di pazienti e caregiver: il sito web www.tempodivita.it,uno spazio pensato per offrire informazioni chiare sulla patologia e per fornire strumenti pratici e utili per la sua gestione e comprensione. Un decalogo sugli aspetti psicologici della patologia, un vero e proprio vademecum, messo a punto dalla Società Italiana di Psico-Oncologia e che è parte di una collana dedicata al tumore al seno avanzato che approfondisce diversi aspetti: la patologia, l’alimentazione, i diritti delle pazienti, gli effetti indesiderati delle terapie antitumorali orali. Sono state inoltre realizzate delle video pillole, brevi filmati disponibili su sito, che forniscono elementi utili per comprendere quali comportamenti mettere in atto per evitare l’isolamento della paziente.
“Abbiamo scelto di supportare la campagna – ha dichiarato Anna Maria Mancuso, Presidente di Salute Donna Onlus – innanzitutto perché, nonostante oggi si possa fare molto anche per il tumore al seno avanzato, se ne parla ancora molto poco; ci ha spinto il desiderio di non lasciare sole le donne che rientrano in questa categoria nella gestione della malattia. Nella nostra lunga esperienza associativa riscontriamo nei racconti e nel vissuto delle pazienti la solitudine, la poca attenzione a loro dedicata, la paura nell’affrontare il quotidiano. Le donne che convivono con il tumore al seno avanzato e i caregiver che stanno loro vicino chiedono, tra le altre cose, di avere più tempo per fare domande, avere informazioni e consigli, avere anche un supporto psicologico, non sempre presente all’interno delle strutture ospedaliere. Ecco perché iniziative come quella che vede insieme qui al Ruggi d’Aragona pazienti, medici e caregiver sono supporti concreti assolutamente preziosi per chi si sente quasi sempre solo e impreparato.
Così come è fondamentale richiamare l’importanza di avere a livello istituzionale un PDTA regionale per le donne metastatiche, al fine di tracciare per le stesse un percorso che sia chiaro e condiviso, un percorso che non ultimo potrebbe essere tracciato all’interno delle breast unit, ampliando agli specialisti che si occupano di malattia avanzata della mammella.”