Questo due giugno festa della Repubblica, di anno in anno, sta diventando triste, sempre più triste.
Il sentore è come di vedere e sentire qualcosa di stantìo. Sembra di entrare in una casa che si vorrebbe antica ed invece si rivela essere solo vecchia: le tende con le mantovane, i centrini ricamati, la bottiglia con il rosolio, i bicchierini per il fernet, il tavolo con i fiori di plastica. Eppure, se ci si guarda in giro, le pareti sono ancora belle, la tappezzeria pregiata, i finimenti (gli stucchi alle pareti e al soffitto) integri e bisognosi solo di essere valorizzati da una luce più giusta. La sensazione è, comunque, di amaro in bocca per qualcosa che poteva essere e non è stato ed ora è buttato lì a caso.
Fuor di questo mesto esercizio di retorica letterale, l’Italia che oggi dovremmo celebrare è quella che nata dopo un paio di guerre mondiali e una più o meno riconoscoita guerra civile e dopo gli orrori storici del nazifascismo, passata per il boom economico della metà del secolo scorso e attraverso le contrapposizioni sociali degli ultimi decenni del novecento si è poi affacciata al proscenio europe Eppire l’orgoglio per essere usciti, come Paese, da quelle devastazioni e le speranze in un futuro migliore non sono presenti nemmeno in maniera subliminale nel popolo italiano oggi. Quello stesso popolo che, diciamocelo, sente molto distante lo spirito di questa festa. Quel popolo che ha imparato, e si è assuefatto, ad accettare di tutto: dal boom economico, all’emigrazione sud-nord, agli anni di piombo, alla malapolitica tangentista, alla politica revanscista pro-borbonica, anti-sabauda,fascista, a vent’anni di berlusconismo, al movimentismo di piazza (dai girotondi al grillismo), al nulla.
Cos’è oggi il due giugno? A cosa serve quella ostentata parata militare ai Fori Imperiali che tanto richiama il clima ‘guerrafreddaio’ di tanto tempo fa? Perchè gli italiani dovrebbero commuoversi a veder sfilare i pennuti Alpini o gli altissimi Granatieri o i velocissimi Bersaglieri? Per le guerre combattute ieri o per la partecipazione alle guerre di oggi – pardon, missioni di pace -.
Questo popolo ha dovuto vedere ogni singolo principio di quella Carta Costituzionale, prodotto di un equilibrio pagato a caro prezzo,ribaltato e calpestato.
Il diritto al lavoro (L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.); l’eguaglianza dei punti di partenza (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale.E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana).
Tanti ne potremmo citare ma davvero la commozione e la rabbia ci salirebbero agli occhi e ci impedirebbero di scrivere.
La micragnosità della politica odierna ci lascia la scelta fra proposte di così bassa portata che scegliere è davvero difficile, per chi voglia guardare al di là della propria busta paga (per quei pochi che ancora ce l’hanno). Si sbandiere ai quattro venti che questo Paese è ormai post-ideologico e politici e politologi si vantano del fatto che “finalmente” non ci sono più schieramenti e le contrapposizioni sono, quindi, solo pragmatiche e sulle questioni quotidiane.
Non esiste più una proposta culturale e politica di un Paese ideale verso il quale prtendersi e per il quale vale la pena di battersi e sopportare anche le fatiche della quotidianità, no ormai l’unico ideale che si riesce a proporre è quello della sopravvivenza è quella di un malinteso darwinismo applicato alla società, dove vive il più forte e l’unico obiettivo è vivere, o meglio sopravvivere.
In omaggio a queste nuove frontiere della politica, quella che da un lato grida allo scandalo per ogni centesimo speso e quella che taglia il pane con la scure della spending review; quella che ha dimenticato le valige di cartone legate con lo spago e prega cristianamente per il respingimento in mare di qui disperati più disperati di noi,bisognerebbe festeggiare?
Per esserci “evoluti” da De Gasperi, Togliatti, Parri, Calamandrei, Pertini a Berlusconi, Alfano, Renzi, Grillo, Napolitano noi dovremmo festeggiare?
Solo quando in Italia si ritornerà a ripristinare il senso della realtà, dei diritti della cittadinanza partecipativa si potrà ritornare ad essere degni di festeggiare il 2 giugno.
2 Giugno 2014
E’ ANCORA FESTA PER LA REPUBBLICA?
Scritto da Gianni Tortoriello
In questa Italia che, ormai, disconosce in massima parte tutti i valori e i principi posta a base della struttura Costituzionale che i Padri della Patria disegnarono quasi settanta anni fa cosa resta oltre la parata ai Fori Imperiali?